Vite che non sono state vissute

Quello che non sapremo del poeta Charles Hamilton Sorley e della speranza di milioni altri ragazzi.

Il 13 ottobre di centodieci anni fa moriva il poeta scozzese Charles Hamilton Sorley. Morì al fronte, in terra francese, nel corso della battaglia di Loos, durante la Grande guerra. Aveva soltanto vent’anni.

Nella sua breve vita aveva potuto comporre pochi versi. Quei pochi potrebbero spingerci oggi, come hanno fatto alcuni, a interrogarci sul valore della poesia di questo ragazzo. È una domanda destinata purtroppo a rimanere senza risposta; può darsi che Sorley sarebbe diventato un grande poeta, un grande della letteratura, addirittura – perché no? – un nuovo Shakespeare. O forse non sarebbe diventato niente di tutto questo. Non pubblicò nulla dei suoi versi e quello che è giunto a noi non è che la raccolta di poche decine di pagine che dopo la guerra egli avrebbe voluto completare. Ma la guerra fu spietata con lui e con la sua poesia.

Charles Hamilton Sorley non è uno di quegli autori presenti nei libri di letteratura, né noi siamo in grado di definire il suo vero valore letterario. Di lui possiamo dire soltanto che non c’è più e che un cecchino tedesco gli sparò alla testa.

Nessuno sa chi gli abbia dato sepoltura né dove giacciono i suoi resti mortali. Il nome del soldato Sorley è riportato in una targa nel “poets’ corner” dell’abbazia di Westminster a Londra, dove viene ricordato insieme ad altri quindici “war poets” britannici, poeti di cui la cinica guerra ci ha privato.

Nulla pertanto è rimasto di Charles Sorley, se non il suo nome e i pochi versi delle sue accorate composizioni poetiche. Si potrebbe soltanto dire che è stato ucciso durante una guerra come sono stati uccisi milioni di altri ragazzi simili a lui. “Milioni!” – che brivido percorre la schiena, al pensiero. «Non dire cose soft come hanno detto altri uomini» raccomanda Sorley, «dì solo questo: “Sono morti”».

Si potrebbe sostenere che la morte di questo ragazzo ci ha privati forse di un grande talento, che alla storia è stato negato un genio. Ma nemmeno questo possiamo dire di lui. Che senso avrebbe il dircelo, se è vero che anche a una vita insignificante non possiamo assegnare un valore inferiore alla vita vissuta dai grandi uomini.

Sorley scrisse una poesia che si intitola “Exspectans exspectavi”, titolo tratto dalla Sacra Scrittura che al Salmo 40 recita: «Exspectans exspectavi Dominum, et intendit mihi. Et exaudivit clamorem meum et eduxit me de lacu miseriae et de luto faecis» – Ho sperato: ho sperato nel Signore ed egli su di me si è chinato, ha dato ascolto al mio grido. Mi ha tratto dalla fossa della morte, dal fango della palude.

È morto così il giovane poeta; “expectans”, con un’attesa carica di speranza. È morto com’era vissuto; e come vivono i giovani: con un’attesa, con il cuore gonfio d’attesa. «Ho un tempio che non visito» recita Sorely, «un cuore che ho dimenticato, / Un me stesso che non ho mai incontrato».

Charles Hamilton Sorley ha avuto una vita che non ha potuto essere vissuta. Come milioni di altri ragazzi simili a lui. Che fossero poeti o non lo fossero, quella immensa schiera di giovani è morta con il cuore gonfio di un’attesa. Con quella segreta speranza nei cuori, speranza che nessuno mai scoprirà. Cuori strappati dalla guerra, da questa follia!

Si decide di uccidere per la conquista di territori che potranno di nuovo essere perduti in un altro frangente della storia o si perde quello che poi potrebbe essere riconquistato. Le vite che sono andate perdute, invece, non torneranno mai più.

Quanto è necessaria la pace! E quanto è necessario che Cristo venga a dare compimento a tutto quello che non è stato compiuto, a quelle giovinezze che non sono fiorite; a quei cuori dimenticati, a quelle vite che non sono state incontrate. E che aspettano ancora, come scriveva Sorley; rivolgendo verso l’ignoto «le labbra socchiuse e le mani tese».

Come è necessario che Cristo venga a ristabilire la giustizia e, come ci promette il Salmo 40 caro a Sorley, che egli venga a trarre “dalla fossa della morte” i resti mortali di queste vite perdute. Come è necessario Cristo! Nella nostra tragica ora, non possiamo fare altro che aspettarlo, con la speranza che aveva questo ragazzo; “exspectans exspectavi”.

Charles Sorley nel 1914
Immagine di pubblico dominio dal libro di John Adcock
For remembrance soldier poets who have fallen in the war

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Paolo Tritto

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