Vie di Bellezza: percorsi di arte sacra. Il polittico di Salandra

Continua con la tappa a Salandra il percorso attraverso le bellezze della nostra Chiesa locale che Logos sta compiendo per svelare l'ampio patrimonio storico-artistico-culturale della nostra terra che merita attenzione pur non occupando le pagine dei libri di storia dell'arte. "Pietro lo scruta, Giovanni lo indica, Gabriele lo annuncia”. Con queste tre azioni lo storico dell'arte Gabriele Scarcia sintetizza il capolavoro cinquecentesco di Simone da Firenze che per quattro secoli è stato sempre più dimenticato. Lasciamoci guidare dal video che ci conduce virtualmente dinanzi al polittico e non lasciamoci sfuggire l'invito ad osservarlo di persona che ci porge don Fabio Vena, parroco di Salandra.

“Una cosa è guardare, un’altra ascoltare ciò che si guarda e che cela il mistero che si rivela impresso dall’artista attraverso colori, movimenti, volti, atteggiamenti. È un dire che valica il sapere umano e mette in contatto con il divino”, commenta il nostro arcivescovo Mons. Antonio G. Caiazzo ascoltando con attento gusto la descrizione dell’opera con cui rende partecipi del mistero che Simone da Firenze ci vuole comunicare.

Ascoltare la voce competente del dott. Gabriele Scarcia, il critico d’arte che ci sta guidando in questo percorso attraverso le bellezze di valore meno note della nostra Chiesa locale, rende anche noi protagonisti della scena in cui nella camera da letto – “luogo d’intimità nella vita di ciascuno”, commenta Scarcia – Maria è visitata dall’angelo Gabriele e ascolta. Una interpretazione originale: l’angelo è in basso, più umile di colei che è “umile e alta più creatura” (Dante, Paradiso XXXIII, 2). Mentre, in alto una sorpresa: un particolare che non vi sveliamo e mi fa venire in mente tutte quelle rappresentazioni della Dormitio Virginis che abbondano nei paesi di fede ortodossa che vedono al di sopra di Maria la sua animula che vola al Padre. E il Padre è presente anche in questa rappresentazione, al centro della storia che guarda dall’alto: “Io sono l’alfa e l’omega” è scritto sul libro che il canuto vegliardo presenta all’osservatore, con un cenno benedicente nell’altra mano. C’è tutta la trinità e il tre è la cifra ricorrente della tempera su tavola di Simone.

“Un trittico di inestimabile valore. Ammirarlo e contemplarlo da vicino proprio perché collocato ad altezza d’uomo, ne evidenzia ancor di più la meravigliosa bellezza che nei suoi dettagli porta l’osservatore ad immedesimarsi nell’opera e nella scena rappresentata”, spiega don Fabio Vena, parroco di Salandra, introducendo nella chiesa del Convento di S. Antonio, dove il trittico è stato posto dopo il restauro degli anni ‘80, il team di redazione di Logos.

“È proprio vero che Dio è nel dettaglio e ci vuole tanta attenzione, meditazione per poter cogliere la sua divina e viva presenza anche attraverso un’opera d’arte, che a distanza di secoli, attira, stupisce e colpisce. A molti sconosciuto, il trittico di Simone da Firenze – continua don Fabio – è un’opera assolutamente da riscoprire, conoscere e contemplare”.

E il nostro arcivescovo Mons. Caiazzo esprime il desiderio di poter ammirare dal vivo il magnifico trittico che il filmato presenta dopo aver ascoltato con gusto le parole guida alla lettura dell’opera.

“V’invito a Salandra per visitare la magnifica opera d’arte di Simone da Firenze: un eloquente messaggio evangelico sempre attuale e capace di destare ed elevare gli animi a Dio”, sono ancora le parole di don Fabio. Allora, non perdiamo l’occasione per osservare de visu quest’opera che, dopo essere caduta nell’oblio, solo nel 1975 è stata fortemente rivalutata e contiene stilemi artistici di valore e un’interpretazione originale di un mistero così grande: l’annunciazione del Signore, concepito da un’umile vergine galilea. “Quel sì d’amore commosse Dio” che guarda dall’alto del polittico e “cambiò la storia”, come un canto liturgico popolare ci fa cantare. E chi ha avuto modo di osservare l’Annunziata dello stesso Simone nella chiesa dell’Annunziata di Maratea potrà meditare sulle differenze tra i due capolavori.

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Giuseppe Longo

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