La Madonna seduta su una cassapanca con il panciuto Bambinello in braccio. Di fronte, S. Giovanni Battista, in ginocchio e con le braccia aperte davanti a loro. Mentre, dietro, dorme S. Giuseppe. E un putto fa capolino nella scena a mezz’aria attraverso una finestra. Le stesse figure che popolano i brani evangelici di questi giorni che precedono il Natale compongono il primo piano nel dipinto di Mattia Preti che è collocato in una cappella della chiesa Madre di Montalbano Jonico.
In prima battuta, la tela sembra una delle tante opere d’arte minori presenti nelle chiese della nostra Diocesi, protagoniste del progetto “Vie di Bellezza: percorsi di arte sacra”, giunto alla terza tappa, dopo il crocifisso ligneo di fra Umile da Petralia Soprana che si trova nella chiesa madre di Miglionico e il polittico di Simone da Firenze custodito nella chiesa del convento Sant’Antonio a Salandra.
Ma dalle analisi condotte per presentare l’opera al popolo lucano si apre una finestra che ha gettato una luce inedita sulla tela! Parliamo dell’apertura nel muro che il dipinto riporta nell’angolo in alto a sinistra, con una vista su un calmo mare ceruleo solcato da sette galee con gagliardetti crociati issati su alberi maestri. Immagine inattesa che ha incuriosito Gabriele Scarcia, critico d’arte e ideatore del progetto per la rivalutazione delle opere d’arte sacra minori esistenti nell’Arcidiocesi di Matera-Irsina inserite nel contenitore più ampio, il Progetto “Vie di Bellezza”, messo a punto qualche anno fa dall’Associazione Parco culturale ecclesiale Terre di luce APS. L’osservazione ha sollecitato un approfondimento confluito in un riuscitissimo convegno tenutosi lo scorso 26 novembre nel Palazzo Rondinelli di Montalbano Jonico.
Una polifonica mattinata di storia e arte
“Luci e ombre” il titolo della ricchissima polifonica mattinata culturale che ha ospitato lo storico palazzo Rondinelli di Montalbano Jonico, alla presenza di un attento uditorio formato anche dagli alunni di due quinte classi del Liceo Scientifico “E. Fermi” (già “Pitagora”), di Montalbano Jonico.
Siamo in una terra di cui lamentiamo spesso la marginalità e la sonnolenza, ma “quando gli stranieri, i viaggiatori, gli studiosi vengono in Basilicata si accorgono che è una terra bellissima, ricca di storia e di risorse geografiche e, quindi, restano piacevolmente sconvolti. E allora anche noi prendiamo coscienza e consapevolezza della grandezza del nostro territorio e della nostra storia”. Sono queste le parole con cui Salvatore Verde, giornalista tursitano, nonché moderatore dell’incontro, ha dato la chiave di lettura al nuovo corso che una serie di eventi – tra cui la scoperta del valore della tela della “Madonna del Patrocinio” la cui paternità è di Mattia Preti e della sua scuola – dischiudono.
Il convegno si è aperto con la proiezione di un video-documentario, realizzato da Logos, il giornale online della Diocesi di Matera-Irsina, sotto la direzione di Domenico Infante, con la regia di Erasmo Bitetti, le musiche originali di Lindo Monaco ed i testi di Gabriele Scarcia. Il video ha guidato i presenti alla scoperta di un’opera caratterizzata da uno straordinario gioco di luci e ombre e da alcuni dettagli pittorici di rilevante interesse storico-artistico. Della stessa tela è stato prodotto un opuscolo di 24 pagine che ne illustrano le caratteristiche, lo stile che l’autore ha voluto imprimere all’opera esaltando il concetto dei chiaroscuri caravaggeschi, l’inquadrmento storico ed i personaggi coinvolti nell’epoca in cui è nata l’opera, i documenti da cui sono state tratte le informazioni.
La premessa di Salvatore Verde è stata ripresa nel saluto del sindaco di Montalbano Jonico, Giuseppe Disanzo, parlando della ricchezza che si cela finanche dentro i calanchi, un tempo luogo di maledizione, eppure oggi attrazione turistica, e dal presidente dell’Associazione di Promozione Sociale “Parco culturale ecclesiale Terre di Luce”, Lindo Monaco, parlando del museo diffuso della Pietà Popolare nella provincia di Matera, nell’ambito del quale si è sviluppato questo percorso delle “Vie di Bellezza”. Sulla stessa linea si trova l’arcivescovo S.E. Rev.ma Antonio G. Caiazzo che parla dell’impulso allo sviluppo che la cultura offre, in tal senso è strumento di evoluzione umana, quindi di carità. Nel suo intervento l’arcivescovo ha anche detto: “L’opera presentata in questo opuscolo, con competenza artistica letteraria e teologica, dal Prof. Scarcia, mette in evidenza una delle caratteristiche del Preti il quale nelle scene di carattere sacro, ritrae paesaggi, simboli e caratteri storici che richiamano un tempo ben definito e luoghi precisi”.
Hanno fatto pervenire un messaggio di saluto il consigliere regionale Piero Marrese, già sindaco di Montalbano Jonico, e il presidente della Provincia di Matera Francesco Mancini. In particolare, ha dichiarato il consigliere regionale Marrese: “Il primo contatto telefonico di questa vicenda l’ho avuto con il dr. Scarcia, amico di vecchia data. Mi ha chiesto collaborazione per studiare più a fondo una tela conservata in chiesa Madre. Grazie alla sua determinazione si è fatta chiarezza su una storia che sfuggiva e che ora ci sprona a cercare di valorizzare con modalità che lo stesso Scarcia ci suggerirà. Non si può non nominare, in ultimo, il video sull’opera d’arte, molto suggestivo, esplicativo e che offre eloquenti spiegazioni in uno stile ideato sempre da Scarcia. Ora tocca a Montalbano”! Infine, il consigliere Marrese ha colto l’occasione per ringraziare l’Associazione Terre di luce per aver preso questa iniziativa che costituisce anche un’opportunità per il territorio sotto tanti aspetti.
La tela nasce nel mondo dei Cavalieri di Malta
Un concetto, quello della ricchezza – non solo culturale – della nostra terra, che ha proposto anche don Donato Giordano, priore del Santuario “Maria SS. di Picciano” e docente di Patrologia presso la Facoltà teologica pugliese, che ha trattato dei legami storici dell’Ordine di Malta con la Basilicata. I cavalieri di Malta – già detti Cavalieri Gerosolimitani (ovvero di S. Giovanni elemosiniere di Gerusalemme) e Giovanniti, o anche Cavalieri di Rodi – sono stati presenti nella Commenda di Picciano per quattro-cinque secoli sino al ‘600 inoltrato. Tra loro il “pio e devoto” fra Gian Girolamo Carafa, che fece rappresentare una copia fedele dell’immagine della Madonna di Picciano, che portò con sé fino a Malta, dove si ritirò e morì nel 1617. La Madonna fu posizionata nella cappella della lingua italiana della concattedrale di S. Giovanni e don Donato, a tal proposito, ha fatto notare una certa somiglianza con la Madonna del Patrocinio di M. Preti. Inoltre, sempre nello stesso secolo, il commendatore fra Giovanni Domenico Manzi, di famiglia lucchese trasferitasi a Montalbano, dove proprio fra Giovanni provvide a restaurare la cappella di famiglia, lì fu posto il dipinto, di dimensioni “domestiche”, di Preti, ricevuto da suo fratello, don Antonio, vescovo di Nicotera e vicario di Malta.
Uno studio non ancora concluso
La tela è ancora oggetto di studio a cura di Gabriele Scarcia, il quale ha illustrato nell’intervento principale del convegno, in dialogo con Salvatore Verde, gli approfondimenti sinora svolti, in particolare in merito alla possibile genesi e committenza. È abbastanza certo che sia stato proprio fra Giovanni D. Manzi il committente dell’opera, considerando che c’è un S. Giovanni tra i personaggi rappresentati. Il commendator Manzi potrebbe aver voluto lasciare un dono ai “suoi” montalbanesi o alla Chiesa di quei tempi. E pertanto ha fatto ricorso ad un grande artista dell’epoca, a quei tempi a Malta, ormai anziano, che lasciò ai suoi allievi la rappresentazione di gran parte del tema.
Certamente risulta che oltre un secolo fa la tela era posta sull’altare di S. Giuseppe della chiesa Madre, sottostante i simboli dei cavalieri di Malta, dei Carafa e dei Manzi; poi lo storico dell’arte Frangipane testimonia di averla trovata abbandonata in sacrestia nel 1930.
Non solo il legame con i Carafa per lo stemma: fra Gregorio Carafa della Spina era stato generale vittorioso nella Terza Battaglia dei Dardanelli nel 1656, dove sette galee maltesi giunsero al suo comando in sostegno ai veneziani. Grande vittoria per la Repubblica di Venezia e per i Cavalieri Ospitalieri sull’Impero ottomano, la più pesante delle sconfitte subite dagli Ottomani dopo la Battaglia di Lepanto sotto le insegne cattoliche. Ecco, forse, spiegate le sette galee rappresentate nella finestrella del dipinto… ma di sicuro c’è tanto altro che il nostro storico dell’arte Gabriele Scarcia approfondirà con il tempo: sarà occasione per organizzare un altro convegno!
Ad esempio, in filigrana nella tela si intravedrebbe anche una S. Anna. Un restauro sarebbe lo step successivo a questo primo focus che potrebbe portare la tela a nuova vita e a svelare nuovi segreti.
Intanto, siamo consapevoli del valore di quest’opera, ben maggiore o pari, ad esempio, della S. Eufemia attribuita al Mantegna che è a Irsina.
Uno sguardo sull’artista
E siamo ora tutti più consapevoli del valore di Mattia Preti, per molti a stento il nome di un artista, pittore e architetto calabrese secentesco di rilievo europeo anche per i rapporti con le famiglie importanti dell’epoca: Panfili, Ruffo, Barberini… è proprio il card. Francesco Barberini che avvicina Preti ai cavalieri gerosolimitani. Da Caravaggio, Preti risente fortemente per la presenza dei chiaroscuri. E rispetto a lui non è da meno, considerando i suoi dipinti, che ci mostra nel suo intervento la storica dell’arte Milena Ferrandina. Sono i Gesuiti che gli affidano un S. Francesco Saverio: anche il Preti – come già Caravaggio – si trasferisce a Malta. Lì sarà sepolto lasciando “i suoi averi ai poveri e l’esempio di pittore importante a tutti coloro che avrebbero voluto intraprendere la stessa sua carriera per dipingere per l’eternità” – sono le parole che Milena Ferrandina ci riporta dalla lapide tombale, mostrando alcune fotografie che documentano di un viaggio a Malta alla scoperta dei luoghi e delle opere del Preti.
“Come metterla in sicurezza?”, si pone il problema ora che l’opera è nota per il suo valore, don Massimo Ferraiuolo, parroco di Montalbano.
“L’opera d’arte è sempre occasione di preghiera, anche per l’artista che si professa scettico e che però si connette con il trascendente per accingersi alla produzione artistica” è una delle riflessioni dell’Arcivescovo che si sente vicino, in quanto di origine calabrese, a Preti, originario di Taverna (CZ).
Solo se tanti attori collaborano si riesce ad ottenere un grande evento. È quanto ci testimonia il successo del convegno dello scorso 26 novembre: tanti i supporti di diverso tipo che sono giunti. Dalla disponibilità piena di don Valerio Latela, viceparroco di Montalbano.
La mattinata si è conclusa con uno sguardo dal vivo della tela oggetto dell’approfondimento.
Infine, si coglie l’occasione per ringraziare gli sponsor che hanno sostenuto Logos nella realizzazione del convegno: Pype Lyne di Pisticci e Mipes di Matera, con la collaborazione di Antonio Sassone.
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