Un ultimo tratto insieme

Papa Francesco e Angelo Scola, la dimensione affettiva di due vecchi davanti alla porta dell’eternità.

Ci sono segni che rivelano tutta l’intensità di certi momenti della vita. Uno dei segni degli ultimi momenti della vita di Papa Francesco possiamo certamente coglierlo nelle parole e nell’affetto che egli ha rivolto ad Angelo Scola, il cardinale che fu, secondo quello che si è detto – che sia vero o no – il suo più diretto “concorrente” nell’ultimo conclave.

Nei giorni di quel conclave sembrava a molti, con una sicurezza quasi assoluta, che il cardinale Scola sarebbe diventato papa. Non si poteva pensare molto diversamente, del resto: allora quasi nessuno conosceva il cardinale Bergoglio. Su questo, si è poi costruita tutta una serie di supposte rivalità. Può darsi che tra i due uomini di Chiesa ci fosse un diverso accento nel loro modo di essere Chiesa. Ma per chi, come Papa Francesco e il cardinale Scola, guarda alla sostanza della fede, gli accenti sono ben poca cosa.

Comunque sia, sono poi gli eventi che determinano lo scorrere della vita, anche della vita di fede. Eventi magari imprevisti, come quello cui accenna Angelo Scola e che, come ha scritto, «mi è venuta addosso con un’accelerazione improvvisa e per molti aspetti inaspettata».

Il cardinale parla della sua vecchiaia e lo fa nel libro edito recentemente dalla Libreria Editrice Vaticana “Nell’attesa di un nuovo inizio. Riflessioni sulla vecchiaia” che è arricchito da una commossa prefazione di Papa Francesco.

Queste annotazioni al libro di Scola, come scrive Avvenire, hanno un significato tutto particolare perché è l’ultimo scritto che ci ha lasciato Papa Francesco, prima della sua morte. Sono parole scritte a un “compagno di viaggio” presentato da molti giornali come rivale; sono parole che, al contrario, rivelano un rapporto umano molto intenso, parole cariche di un affetto e di una tenerezza indubbiamente fuori del comune. Con le pagine di questo libro tra le mani, scrive Papa Francesco, «vorrei idealmente compiere di nuovo lo stesso gesto che feci appena indossato l’abito bianco da Papa, nella Cappella Sistina: abbracciare con grande stima e affetto il fratello Angelo, ora, entrambi più vecchi di quel giorno di marzo del 2013. Ma sempre accumunati dalla gratitudine verso questo Dio amoroso che ci offre vita e speranza in qualunque età del nostro vivere».

Che cosa ha aggiunto la vecchiaia cui accenna Papa Francesco a quell’abbraccio di dodici anni prima, un gesto che poteva sembrare soltanto un segno di lealtà di fronte a quello che lo Spirito aveva in quel momento stabilito? Ha aggiunto, osserva Papa Francesco, la consapevolezza della Grazia che irrompe in questa “età della vita”, per riprendere un’espressione di Romano Guardini.

Scrive ancora Papa Francesco: «Le parole che Angelo Scola dedica al tema della sofferenza, che spesso si instaura nel diventare vecchi, e di conseguenza alla morte, sono gemme preziose di fede e di speranza. Nell’argomentare di questo fratello vescovo sento riecheggiare la teologia di Hans Urs von Balthasar e di Joseph Ratzinger, una teologia “fatta in ginocchio”, intrisa di preghiera e di dialogo con il Signore. Per questo motivo ho detto poco sopra che queste sono pagine uscite “dal pensiero e dall’affetto” del cardinale Scola: non solo dal pensiero, ma anche dalla dimensione affettiva, che è quella cui la fede cristiana rimanda, essendo il cristianesimo non tanto un’azione intellettiva o una scelta morale, bensì l’affezione a una persona, quel Cristo che ci è venuto incontro e ha deciso di chiamarci amici».

La vecchiaia ci fa riscoprire amici, cioè proprio come Cristo ha voluto che fossimo. Scopriamo di essere compagni di viaggio verso il destino, quel destino che è comune a tutti gli uomini e che mostra lo stesso volto buono che la fede rivela. Ed è forse proprio il fatto di viaggiare insieme che ci fa scoprire di essere amici, soprattutto quando ci si ritrova a dover affrontare l’ultimo tratto di questo viaggio. L’ultimo tratto che però è anche il primo di una nuova e più piena vita.

Lo ha detto ancora meglio Papa Francesco, in questo suo ultimo e prezioso scritto: questo tratto finale, «non è la fine di tutto, ma l’inizio di qualcosa». È un nuovo inizio, «perché la vita eterna, che chi ama già sperimenta sulla terra dentro le occupazioni di ogni giorno, è iniziare qualcosa che non finirà. Ed è proprio per questo motivo che è un inizio “nuovo”, perché vivremo qualcosa che mai abbiamo vissuto pienamente: l’eternità».

Occorre prepararsi a questo nuovo viaggio, con cura e con la speranza cui ci richiama il Giubileo indetto da Papa Francesco. Occorre prepararsi con cura perché grande dovrà essere il bagaglio che dovremo portare per quel tempo che non avrà mai fine. Con il pensiero al momento in cui ritroveremo Papa Francesco che ci ha preceduti e che, col suo sorriso, ci aiuterà a scaricare le nostre pesanti valigie.

Immagine tratta dal sito delle Diocesi Ambrosiana

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Paolo Tritto

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