Un patto per i comunicatori
Rifiutiamo i luoghi comuni, alimentati da autoreferenzialità e ridondanza; costruiamo, invece, spazi di relazione e condivisione, frutto di ascolto reciproco e comprensione. È questo il patto che comunicatori e giornalisti sono chiamati a stipulare con tutte le persone per poter svolgere pienamente il proprio servizio. Non è una semplice suggestione, ma una realtà cui Papa Francesco chiede di volgere attentamente lo sguardo nel messaggio per la 59ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. Il testo è un compendio dei temi sviluppati nel corso di questi anni e colpisce per la grande umanità che viene attribuita alla comunicazione. Le accelerazioni e le innovazioni tecnologiche non devono condizionare l’agire di chi comunica o informa, al punto da diventare spettatore incosciente di divisioni e disgregazioni. Noi comunicatori – potrebbe continuare il patto – ci impegniamo ad essere attori di processi di speranza. Il Giubileo che stiamo vivendo ricorda che la speranza cammina sulle gambe dei pellegrini. La comunicazione e l’informazione sono arti pellegrinanti, mai stanziali, sempre pronte a procedere nei solchi della storia. Per questo, non possono prescindere da questa virtù. Se ciò avvenisse, sarebbe un tradimento. Di più: sarebbe disconoscere la stessa umanità. Noi comunicatori, infine, ci impegniamo a porre al centro della nostra azione il cuore e non l’interesse o il tornaconto personale: è l’unico modo per scorgere i volti e non solo le fisionomie di chi incontriamo e raccontiamo. Una comunicazione e un’informazione senza volti sono anonime. La luce della speranza aiuta a cogliere l’unicità disarmante che risiede in ogni persona.
Vincenzo