«Ascoltatemi, perché mi trovo proprio nel passaggio finale dell’esistenza, e vorrei lasciarvi un messaggio da ricordare: vogliamo bene alla gente, all’uomo, a tutti gli uomini, perché non c’è essere umano che non meriti di essere considerato».
Vivere è abbandonarsi, come un gabbiano, all’ebbrezza del vento. Vivere è assaporare l’avventura della libertà. Vivere è stendere l’ala, l’unica ala, con la fiducia di chi sa di avere nel volo un partner grande come Te! Ma non basta saper volare con Te, Signore tu mi hai dato il compito di abbracciare anche il mio fratello e di aiutarlo a volare.
Per tutta la mattinata del 20 aprile don Tonino non aveva più la forza di parlare, era stanco e soffriva, ma aveva il suo sguardo rivolto verso il quadro della Madonna delle Grazie.
L’agonia cessò alle 15.26 di quel 20 aprile 1993.
Qualcuno ordinò: «Suonate le campane!».
Don Tonino entrava in paradiso accompagnato dal suono a festa delle campane. All’udire il suono delle campane la gente capì, e solo dopo pochi attimi si riversò nei pressi del Palazzo Vescovile.
Domenico Cives, medico personale di don Tonino, racconterà così nel suo libro-memoriale gli ultimi istanti di vita del vescovo:
«All’improvviso don Tonino si mostrò agitato. Mi guardò con occhi sbarrati e sembrava volermi parlare. Notai che i dolori si erano volatilizzati, poiché compiva ogni movimento senza lasciarsi sfuggire alcun lamento. Piegò infine la testa all’indietro, mentre ancora gli cingevo le spalle. Guardò verso la finestra, poi fissò nuovamente il quadro della Madonna delle Grazie. In quel preciso istante si abbandonò sulle mie braccia e il torace fu sollevato da violenti sussulti. Il suo grande cuore stava cedendo. Mentre una moltitudine di persone si era disposta attorno al letto e pregava, io ero rimasto in disparte: ebbi modo di notare il momento in cui don Tonino esalò l’ultimo respiro, mentre Marcello gli teneva il polso destro e Trifone gli accarezzava e baciava la mano sinistra».
Cominciò così una lunga attesa con la speranza di poter rendere omaggio alla salma del vescovo.
Così come la triste notizia dell’avvenuta scomparsa di don Tonino Bello si era diffusa presto in ogni parte d’Italia e del mondo, specialmente negli ambienti dove il vescovo molfettese era conosciuto e stimato.
Nel frattempo i familiari e pochi amici intimi si adoperavano per vestire e sistemare le spoglie mortali di don Tonino che, all’indomani mattina, dopo una lunga notte trascorsa in preghiera, furono portate in processione nella Cattedrale dove rimasero fino al giorno successivo, prima che si celebrassero le esequie.
La Chiesa diventò immediatamente la meta di un ininterrotto pellegrinaggio: fedeli, amici, confratelli, politici, giovani, ragazzi, bambini, tutti rendevano omaggio all’amato vescovo.
Fuori dalla Cattedrale, dietro le transenne, un fiume di gente lentamente avanzava fino ad entrare in chiesa. Un via vai interminabile, ma del resto prevedibile.
La commozione delle persone era evidente. Nessuno poteva fare a meno dal trattenere le lacrime.
L’ultimo dei suoi libri (meraviglioso: è linkata di seguito la versione integrale per la meditazione personale) recava il titolo “Maria donna dei nostri giorni”.
Ancora il suo medico Domenico Cives raccontò che quando a don Tonino fu consegnata la prima copia di quel libro, scoppiò in lacrime.
Erano gli ultimi giorni prima dell’addio alla vita terrena.
Fu un momento di elevata commozione umana e spirituale.
Di fronte al suo letto di dolore, Don Tonino Bello aveva voluto questa bellissima preghiera. Leggiamola insieme:
Santa Maria,
Madre tenera e forte,
nostra compagna di viaggio sulle strade della vita,
ogni volta che contempliamo
le cose grandi che l’Onnipotente ha fatto in te,
proviamo una così viva malinconia per le nostre lentezze, che sentiamo il bisogno di allungare il passo
per camminarti vicino.
Asseconda, pertanto, il nostro desiderio di prenderti per mano e accelera le nostre cadenze di camminatori un po’ stanchi.
Divenuti anche noi pellegrini nella fede, non solo cercheremo il volto del Signore, ma, contemplandoti quale icona della sollecitudine umana verso coloro che si trovano nel bisogno, raggiungeremo in fretta la “città” recandole gli stessi frutti di gioia che tu portasti un giorno a Elisabetta lontana.
Qualcuno ricorda che al servo di Dio venne fatta la proposta di diventare vescovo di Tursi, ma vivendo ancora la madre, chiese di soprassedere; poi successivamente divenne vescovo di Molfetta. La presenza in Basilicata sarebbe stata un valore aggiunto.
Lo ricordiamo a 30 anni dalla sua dipartita con alcune delle sue frasi più importanti.
Voglio ringraziarti, Signore, per il dono della vita. Ho letto da qualche parte che gli uomini sono angeli con un’ala soltanto: possono volare solo rimanendo abbracciati. A volte, nei momenti di confidenza, oso pensare, Signore, che anche tu abbia un’ala soltanto. L’altra la tieni nascosta: forse per farmi capire che tu non vuoi volare senza di me.
Solo se avremo servito potremo parlare e saremo creduti. L’unica porta che ci introduce oggi nella casa della credibilità è la porta del servizio…..Conta più un gesto di servizio che tutte le prediche e le omelie!
Non possiamo rimanere in chiesa; la Messa è una forza che spinge fuori!…La Messa obbliga ad abbandonare la tavola, sollecita all’azione, spinge a lasciare le nostre cadenze residenziali. Ci stimola ad investire il fuoco che abbiamo ricevuto in gestualità dinamiche e missionarie. Se non ci si alza da tavola, l’Eucaristia rimane un sacramento incompiuto.
Dividete le vostre ricchezze, fatene parte a coloro che non ne hanno, ai diseredati della vita. Non solo a coloro che non hanno denaro, ma anche a coloro che hanno il portafoglio gonfio e il cuore vuoto! E a coloro che non hanno salute, che sono esauriti, stanchi, che non ce la fanno più.
Quando giungerà anche per noi l’ultima ora,
e il sole si spegnerà sui barlumi del crepuscolo,
mettiti accanto a noi perché possiamo affrontare la morte.
E un’esperienza che hai fatto con Gesù,
quando il sole si eclissò e si fece gran buio sulla terra.
Questa esperienza ripetila con noi.
Piantati sotto la nostra croce, sorvegliaci nell’ora delle tenebre,
Infondici nell’anima affaticata la dolcezza del sonno.
Se tu ci darai una mano, non avremo più paura di lei…
Anzi l’ultimo istante della nostra vita
lo sperimenteremo come l’ingresso nella cattedrale della luce
al termine di un lungo pellegrinaggio, con la fiaccola accesa.
Giunti sul sagrato, dopo averla spenta, deporremo la fiaccola.
Non avremo più bisogno della luce della fede, che ha illuminato il cammino. Oramai saranno gli splendori del tempio
ad allargare di felicità le nostre pupille
La vita ci è donata per cercare Dio, la morte per trovarlo, l’eternità per possederlo.
Don Tonino, apostolo della pace, ci assista e ci protegga.
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