Tradizione e resurrezione nel Carro della Bruna. Francesca Cascione e la sua famiglia

Un manufatto artistico che è anche espressione di una vita di fede profondamente vissuta

Negli ultimi tempi questo giornale ha dato ampio risalto ai tradizionali riti della religiosità popolare. Attorno alla quale sembra di scorgere i segni di una ripresa delle antiche tradizioni ma anche una più sentita partecipazione. Un caso è stato certamente quello della Peregrinatio Mariae della Madonna della Bruna pellegrina fin nelle zone più remote della nostra diocesi dove, come abbiamo visto, le popolazioni locali l’hanno accolta con tanto affetto e fervore.

Tutto questo, indubbiamente, è stata la migliore premessa all’imminente festa patronale della Bruna. Un evento certamente significativo per la fede della Chiesa materana; non una semplice manifestazione del folklore, come forse potrebbe essere percepita da chi osserva senza penetrare il senso più vero.

Da ormai molti anni si assiste a una crisi del cristianesimo che vedeva nella tradizione il suo fondamento. Una crisi che però può richiamare al vero fondamento del cristianesimo che è Cristo stesso e non la tradizione che pur dal cristianesimo scaturisce. Però è anche vero che proprio Cristo, con la sua resurrezione, ha voluto dare forza a tutto il tentativo umano di rappresentare la fede, anche al tentativo della conservazione delle tradizioni. Non poteva essere diversamente, dal momento che Cristo stabilisce una relazione nuova con tutte le cose. Cristo risorto, si dice, fa nuove tutte le cose. Anche ciò che poteva sembrare ormai vecchio, ormai superato.

Una di queste novità è sicuramente il Carro della Bruna affidato quest’anno alle delicate e operose mani di Francesca Cascione. Non è certamente la mano femminile l’unico fatto nuovo in questo caso, una novità che abbiamo visto già lo scorso anno ma che in fondo vediamo da sempre all’opera nelle complesse fasi della vestizione del simulacro mariano.

È una felice circostanza che la realizzazione del Carro viene affidata a Francesca. Come i materani sanno, quello della famiglia Cascione è un nome legato fortemente alle tradizioni religiose della comunità cittadina. Il padre Carlo è stato l’ultimo priore dell’Arciconfraternita “S. Eustachio Martire”, patrono della città. “Ultimo” nel senso che la tradizione della confraternita andava esaurendosi con lui, una storia secolare che poi è sembrata effettivamente essersi conclusa con la scomparsa del priore. Sembrava insomma una conferma di quella tendenza, di cui si diceva prima, all’esaurirsi del cristianesimo come tradizione popolare.

Però, come diceva Chesterton, «Il cristianesimo è stato dichiarato morto infinite volte. Ma alla fine è sempre risorto, perché è fondato sulla fede in un Dio che conosce bene la strada per uscire dal sepolcro». E che conosce, uscendo dal sepolcro, come tirar fuori tutto ciò che sembrava perduto. Anche il valore di quella tradizione cristiana che uomini come Carlo Cascione hanno provato ostinatamente a salvare in un mondo sempre più distante dal cristianesimo.

Il Carro della Bruna che la figlia Francesca sta realizzando forse potrebbe essere un segno di questa ripresa. Non è un caso che quest’anno, alla Fabbrica del Carro, si insiste tanto sulla resurrezione. E, del resto, il tema indicato dalla Chiesa locale aveva un nesso esplicito con Cristo risorto: «Allo spezzare il pane i discepoli di Emmaus lo riconobbero e dissero: ‘Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?”».

Il tema del Carro appare in questo per niente didascalico ma può essere visto come espressione di una vita di fede profondamente vissuta in una famiglia materana, come è la famiglia Cascione. «Mi sta aiutando prevalentemente la mia famiglia, insieme al falegname» dice Francesca in un’intervista al nostro giornale, «in famiglia si lavora sicuramente in armonia. Che è quello che serve per questo lavoro intenso, impegnativo e carico di responsabilità».

Per questo, il Carro realizzato in questa edizione del 2024 punta molto sul colore, volendo dare un tono gioioso. È sicuramente un’espressione di gioia, ma anche di fede, come ricorda la giovane artista in un’altra intervista: «Ho voluto rappresentare lo stupore dei discepoli nel momento in cui riconoscono Gesù. Ci saranno le espressioni di stupore e quel fermento di voler subito correre ad annunciare al mondo che Cristo è risorto. Il Carro deve trasmettere gioia ma anche evangelizzare».

La notizia che a Francesca veniva affidata la realizzazione del Carro della Bruna è stata accolta con comprensibile emozione da tutta la famiglia Cascione. «Subito il pensiero di tutti noi è andato al mio papà» dice Francesca, ricordando il padre Carlo scomparso tre anni fa, «che sarebbe stato entusiasta di questo e mi avrebbe sicuramente affiancata ed aiutata».

Questo è sicuramente vero. Sembra di vederlo Carlo Cascione, “l’ultimo priore”, nel paradiso dove si trova, mentre agita felice, al passaggio di Maria SS della Bruna con il suo Carro, il gonfalone della sua gloriosa confraternita.

Francesca Cascione di Domenico Fittipaldi

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Paolo Tritto

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