Può essere indotto in errore chi osserva il grafico sullo smaltimento dei rifiuti urbani messo a punto dall’Ispra, ente statale per la protezione e la ricerca ambientale. Chi osserva il dato nazionale potrebbe ritenere, infatti, lo stato della gestione dei rifiuti perfettamente in linea alla media europea, perfino riguardo all’elemento che presenta maggiori criticità, come è quello dei conferimenti in discarica.
In altre parole, può sembrare soddisfacente che la massa dei rifiuti venga in buona parte riciclata e non sia depositata, o peggio ancora, dispersa nell’ambiente. Ma il dato nazionale potrebbe creare false sicurezze. In realtà, andando a esaminare l’ultimo Rapporto Ispra, rilasciato nel 2020, si può notare il solito gap tra il Nord e il resto del territorio nazionale, particolarmente le regioni più meridionali.
Da anni, per esempio, la Basilicata è sotto osservazione per l’alto numero di discariche non a norma e con pesanti sanzioni da pagare per infrazione alle norme europee. L’ultima sentenza di condanna risale al 2019, quando in questa regione è stato rilevato il 50% delle discariche non a norma di tutto il territorio nazionale, con sanzioni che si aggirano attorno ai 350 milioni di euro. È una situazione altamente drammatica che sta mettendo a dura prova le istituzioni preposte. «In soli due anni» ha dichiarato recentemente l’assessore regionale all’Ambiente Gianni Rosa, «abbiamo recuperato ritardi storici. Adesso dobbiamo concludere più velocemente possibile le procedure in corso».
L’assessore Rosa non a caso parla della necessità di “concludere più velocemente possibile” questo processo di transizione ecologica. Perché il tempo che passa rende sempre più difficile la corretta gestione dei rifiuti urbani. E non bisogna farsi molte illusioni riguardo alla raccolta differenziata che, purtroppo, rappresenta soltanto il primo passo verso una situazione ecologicamente compatibile.
Tra l’altro, fino al 2019, in Basilicata i costi per la raccolta differenziata erano i più alti tra le regioni italiane, più del doppio delle altre regioni meridionali, più del triplo di quelle del Nord. È una situazione da allarme rosso; anche dal punto di vista economico, oltre che ambientale. È una situazione particolarmente pesante soprattutto per una popolazione, come quella lucana, con livelli di reddito molto bassi.
Gran parte dei rifiuti, opportunamente differenziati, venivano in passato esportati in Cina, dove erano sottoposti a processi di riciclaggio e quindi di qui restituti all’industria sotto forma di materiali per il riciclo. In breve tempo però la Cina ha saturato, con rifiuti propri, il canale del riciclaggio e quindi nel 2018 ha bloccato le importazioni provenienti dall’estero.
Il blocco cinese ha messo in crisi il sistema di raccolta dei rifiuti nelle regioni italiane del sud, carente di impianti propri di riciclaggio e questo ha aperto a scenari inquietanti e al traffico di rifiuti, non del tutto lecito, verso paesi africani e dell’Est europeo. È inutile dire che dietro un traffico illecito, se si dimostrasse veramente tale, non potrebbero esserci altro che organizzazioni criminali e mafiose.
Questo sarebbe veramente preoccupante. Ad ogni modo, bisogna dire che l’origine del problema è nell’oggettiva incapacità delle regioni meridionali di trattare i rifiuti sul proprio territorio. A questo proposito il Rapporto Ispra è impietoso. Tra i tanti esempi che si potrebbero fare, basta osservare il grafico del Rapporto riportato di seguito, dove si può notare come la Basilicata sia totalmente priva degli impianti di compostaggio, dove dovrebbero essere destinate le frazioni di umido.
È questo un elemento che, unito a quello della presenza di discariche non a norma, rende bene l’idea di quanto sia critica la gestione dei rifiuti urbani in Basilicata e particolarmente nella provincia di Matera, da dove purtroppo provengono le maggiori quantità di rifiuti indifferenziati.
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