Circola sui media una frase che viene attribuita al neo premio Nobel per la Fisica, il prof. Giorgio Parisi: «Per me Dio non esiste nemmeno come ipotesi». Questa frase è poi messa in relazione anche al fatto che Giorgio Parisi, nel 2008, fu tra coloro che espressero il proprio dissenso riguardo alla prevista visita di Papa Benedetto XVI all’Università la Sapienza di Roma, visita che poi effettivamente venne annullata. È quanto basta, secondo alcuni, per “dimostrare” quanto la posizione degli scienziati sia in opposizione all’autorità della Chiesa – ritorna anche qui il caso Galileo – e che tra scienza e fede ci sarebbe un contrasto insanabile.
Il pensiero di Giorgio Parisi non può essere liquidato in poche battute. Non a caso egli viene definito uno scienziato della complessità. Poco dopo il conferimento del Nobel, Parisi ha dichiarato infatti che non sarebbe arrivato a “vedere così lontano” se non avesse avuto l’opportunità di salire “sulle spalle di giganti” come recita un celebre aforisma. Chi sarebbero questi “giganti”?
È lo scienziato stesso che risponde a questa domanda e lo ha fatto in un discorso improvvisato, rivolto agli studenti della Sapienza che manifestavano festosamente all’annuncio del Nobel. Ha detto Parisi: «Quando ho cominciato qui alla Sapienza mi sono arrampicato sulle spalle di giganti: Edoardo Amaldi, Giorgio Salvini, Nicola Cabibbo».
Uno di questi, Nicola Cabibbo, quando nel 2008 a Papa Benedetto XVI venne impedito di tenere il suo discorso alla Sapienza, era Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze. Risulta pertanto difficile inquadrare il dissenso di Parisi alla visita di papa Benedetto come un tentativo di contrastare le ingerenze della Chiesa nell’attività scientifica, se il suo grande maestro rappresentava in quel momento l’istituzione di riferimento per la Chiesa al mondo della scienza, come la Pontificia Accademia. Tra l’altro, proprio negli anni della presidenza Cabibbo e grazie al suo tenace impegno, la Chiesa era giunta finalmente, dopo secoli di attesa, a una definitiva riabilitazione di Galileo.
Nonostante ciò, riguardo alla contestazione rivolta a Benedetto XVI, Parisi dichiarò di aver voluto rigettare il tentativo di Ratzinger di delegittimare Galileo, che in un discorso risalente ad anni prima di diventare papa, anche in questo caso intervenendo alla Sapienza, aveva voluto ricordare che alcuni studiosi attribuivano una certa razionalità anche al rifiuto del cardinale Bellarmino di riconoscere le teorie galileiane.
Giorgio Parisi, in realtà, sa benissimo che la questione si riferiva al fatto che purtroppo Galileo Galilei, benché avesse introdotto nella scienza il metodo sperimentale, nel concreto non portò mai a sostegno delle sue tesi delle prove sperimentali, limitandosi a quelli che furono chiamati, con un po’ di benevolenza, “esperimenti mentali”. Da ciò veniva la conclusione da parte di alcuni studiosi, e che Ratzinger si limitava a riportare, che cioè vi era una parte di razionalità anche nel rifiutare le teorie di Galileo. Ciò è un argomento che, del resto, negli studi di storia della scienza è generalmente acquisito.
Ma questa è acqua passata. Come si è detto, la visita di Benedetto XVI alla Sapienza venne annullata. Evidentemente, di fronte a un’espressione di dissenso, la posizione della Chiesa è quella di rispettare il dissenso. Un dissenso che non fu condiviso comunque dall’intero corpo accademico della Sapienza. Il prof. Giorgio Israel, per esempio, intevenne sull’Osservatore Romano il 16 gennaio 2008, per chiedersi «come è potuto accadere che dei docenti universitari siano incorsi in un simile infortunio?»
Nell’anno successivo, il 10 dicembre 2009, Giorgio Parisi partecipò, insieme a padre George Coyne, a un dibattito al Palazzo delle Esposizioni di Roma sul tema “Modelli cosmologici: scienza e fede”. Le date sono troppo ravvicinate per non pensare alla necessità da parte di Parisi di precisare il suo pensiero riguardo alla contestazione della Sapienza e al relativo “infortunio”.
Infatti quella fu l’occasione per chiarire ancora una volta che scienza e fede sono due ambiti che è bene tenere distinti. Questo è l’interesse della scienza; ma forse, lo è soprattutto per la Chiesa. Molto chiara, in questa circostanza, fu la posizione di padre Coyne. Per il quale, non si può arrivare alla fede da una posizione scientifica perché questo è un passaggio che porterebbe fuori dalla scienza. Né si potrebbe pretendere che uno scienziato arrivi alla fede attraverso la scienza.
Si può arrivare alla fede – proseguiva padre Coyne – esclusivamente partecipando a una comunità di credenti. E questo non riguarda soltanto uno scienziato, né la scienza in quanto tale. Nessun uomo, che sia scienziato o non lo sia, potrebbe arrivare alla fede attraverso un percorso individuale. Non si arriva alla fede attraverso la scienza, o attraverso la ragione umana; si arriva alla fede in un’esperienza di Chiesa, esclusivamente attraverso la Chiesa. Perché la fede non è un’ipotesi umana. La fede è strettamente legata alla rivelazione divina.
(Continua)
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