Rodano, Péguy e i comunisti che amavano la Chiesa

I cristiani, la cattiveria dei tempi e quell'imprevisto che abbatte i muri

È certamente un po’ altisonante l’espressione “comunisti che amavano la Chiesa” che qui utilizziamo per definire alcuni esponenti dell’area comunista di estrazione cattolica, attivi soprattutto nella Prima repubblica. Ma non sarebbe giusto usare nei loro confronti la definizione un po’ sprezzante di “cattocomunisti”, solitamente attribuita.

La morte, nei giorni scorsi, di Giaime Rodano invita a fare una riflessione fuori dagli schemi riguardo a questa interessante realtà che non può essere assimilata a quella dei cosiddetti “cattolici del dissenso” che invece hanno manifestato una posizione apertamente polemica.

Giaime era figlio di Franco Rodano e custode dei suoi ideali di impegno politico, di un comunismo di tradizione cattolica che fu tutt’altro che irrilevante. Basti pensare, oltre a Rodano, ad Antonio Tatò che fu segretario di Enrico Berlinguer o ad Adriano Ossicini, con una lunga carriera parlamentare conclusasi nel 2001, al termine della XIII Legislatura, alla quale era stato eletto nel collegio senatoriale di Matera.

Questa è stata una formazione di cattolici che non possono definirsi dissidenti nei confronti dell’autorità della Chiesa per la semplice ragione che non espressero propriamente un dissenso quanto piuttosto rimasero senza volerlo “fuori dalla porta” quando fatalmente si chiusero i giochi degli schieramenti politici. È ciò fu particolarmente vero per Franco Rodano che allora era addirittura una firma dell’Osservatore Romano e, indubbiamente, un appassionato difensore del contenuto della fede cristiana.

Come si sa, fu allora prevalente tra i cattolici l’impegno all’interno della Democrazia cristiana, in continuità con i principi della dottrina sociale cristiana. E questa fu una scelta che determinerà una realtà politica di grande rilievo e capace di guidare a lungo il nostro paese.

Ma ci fu anche un altro gruppo di cattolici che, sebbene minoritario, fu impegnato altrettanto efficacemente su altri fronti e che partiva da una diversa ispirazione. Il fronte era quello comunista, ritenuto un mondo inconciliabile con la fede cristiana. E ciò, per certi versi, è oggettivamente vero.

Quale ispirazione muoveva questi cattolici sul fronte avversario del mondo comunista, col quale non era ammesso alcun tipo di collaborazione? Giaime Rodano raccontava a questo proposito un episodio. Era un ragazzino quando una volta il segretario del Partito comunista Palmiro Togliatti e il sacerdote lucano don Giuseppe De Luca, molto autorevole negli ambienti romani e vicino a Giovanni XXIII, vollero trascorrere a casa Rodano la notte di Natale insieme. In quella occasione, casualmente, il ragazzo assistette a una fitta conversazione tra Togliatti e don De Luca sul pensiero di Charles Péguy, poeta cristiano e importante punto di riferimento della sinistra socialista francese.

Secondo Péguy, il cristianesimo irrompe nella storia del mondo come un fattore imprevisto. È un avvenimento cioè che non scaturisce come esito di un determinato processo storico e non richiede un necessario presupposto per affermarsi. Péguy non vede pertanto il motivo per cui, prima di riconoscere Cristo, si debba necessariamente riconoscere un’etica cristiana.

C’era, come è facile immaginare, molto dell’esperienza personale di Péguy in questo. Il poeta, prima della sua conversione al cristianesimo, aveva sposato una donna atea e rivoluzionaria, matrimonio che non fu poi possibile regolarizzare dal punto di vista religioso, per la severità delle norme canoniche del tempo. Di conseguenza, fu rifiutato il battesimo ai propri figli e, come ulteriore conseguenza, non gli era concesso di accostarsi ai sacramenti. Péguy visse questa condizione molto dolorosamente.

Non aveva un’etica cristiana la società ai tempi in cui Cristo venne. C’era l’infedeltà coniugale anche in quei tempi, c’era l’omosessualità anche in quei tempi. Ma Cristo non si attardò a rimuovere o a cercare di contenere tutto questo prima di iniziare la sua missione. Cristo non si attardò in questo, per l’urgenza che aveva di salvare l’uomo.

C’era cattiveria anche in quei tempi, dice Péguy, ma Cristo tagliò corto, non perse tempo a eliminare la cattiveria dalla società. Cristo non aveva tempo per altro che per salvare gli uomini e perché gli uomini potessero fare esperienza del bene. Perché il cuore dolente dell’uomo potesse così aprirsi finalmente alla speranza.

Che cos’è la speranza? La speranza cristiana, tanto cara a Péguy, è una caparra di quella felicità che non può essere pienamente posseduta nel corso della vita umana ma che può ugualmente essere sperimentata concretamente. Di questo più o meno, secondo Giaime Rodano, si parlava a casa sua in quella notte di Natale.

E di quella caparra suo padre Franco voleva si facesse esperienza nella vita politica italiana, divisa allora, in maniera lacerante, tra comunisti e cattolici. E voleva che di questo si potesse fare esperienza subito, senza attendere il crollo del Muro di Berlino. Per il cristiano Rodano, che Dio si sia fatto uomo non significa banalmente che Dio si è “trasformato” in un uomo, ma che Dio, con tutta la sua potenza, ha abbattuto il muro di separazione tra sé e l’uomo.

Franco Rodano, in nome di questa speranza, fu impegnato con tutte le sue forze per la realizzazione del compromesso storico tra cattolici e comunisti che Enrico Berlinguer poi farà proprio. Rodano commise in questo forse soltanto un errore, quello di usare la parola “compromesso” per descrivere questa realtà storica. Compromesso significa anche accomodamento e questo fu il significato recepito generalmente. Egli invece voleva riferirsi piuttosto a qualcosa di analogo a quello che si fa nell’atto preliminare della compravendita di una casa. Un compromesso che rappresenta appunto una caparra, un beneficio concesso anticipatamente rispetto ai tempi richiesti per concretizzare definitivamente qualcosa.

Rodano, comunista, amava la Chiesa. E attendeva di poterla pienamente riabbracciare, ponendo fine a un troppo lungo periodo di incomprensioni. Ma in questa attesa voleva trovare anche qualcosa che potesse anticipare la gioia di questo abbraccio futuro. Qualcosa che “primerea”, avrebbe poi detto papa Francesco.

Immagine dal profilo Facebook di Giaime Rodano

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Paolo Tritto

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