Rifiuti e cultura dello scarto nell’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco

Ogni prodotto integro che viene smaltito come rifiuto rappresenta qualcosa che è sottratto a chi ne avrebbe bisogno

Probabilmente non è un caso che uno dei primi paragrafi dell’enciclica Laudato si’ tratti di “Inquinamento, rifiuti e cultura dello scarto”. Non si riflette sufficientemente su quanto gravemente la cultura dello scarto pesi nella vita delle persone, quali situazioni di ingiustizia provochi e quanto vasta sia la povertà connessa a tutto ciò.

Forse soltanto oggi nelle famiglie si comincia a prendere coscienza che i rifiuti, lo scarto, impongono costi particolarmente rilevanti nei bilanci familiari e delle pubbliche amministrazioni. È evidente che ciò che si getta nella spazzatura ha un prezzo che finisce nelle bollette da pagare e purtroppo questo prezzo è destinato a essere maggiore rispetto a quello dei beni che invece si riesce a consumare. Bisogna pensare, tra l’altro, che tutto quello che avviene nel piccolo delle nostre case, avviene anche nelle aziende produttrici e avviene in proporzioni molto maggiori. Ingenti quantità di scarti industriali devono essere distrutti ogni giorno.

Il fenomeno assume dimensioni impressionanti nella grande distribuzione e nel commercio elettronico. Se qualcosa si riesce a recuparare nella grande distribuzione relativamente ai prodotti alimentari rimasti invenduti, prodotti che possono trovare nuova collocazione negli empori solidali e nelle mense dei poveri, gli scarti del commercio elettronico sono destinati a provocare irrimediabilmente un danno ambientale e ingiustizie sociali che pongono non pochi problemi morali.

Bisogna considerare che lo scopo di un venditore non è soltanto quello di vendere della merce, ma anche quello di venderla al massimo prezzo possibile. Purtroppo, uno degli espedienti più ricorrenti per determinare un aumento dei prezzi è quello di sottrarre al mercato parte della produzione.

Tutti conoscono il triste fenomeno dei prodotti agricoli che vengono distrutti per fare lievitare i prezzi. Molto più preoccupante è quello che avviene nel commercio elettronico, dove spesso si distrugge merce di particolare valore come elettrodomestici e dispositivi ad alta tecnologia; tra gli scarti della grande distribuzione sono stati ritrovati finanche costosi droni perfettamente funzionanti.

A questo devono aggiungersi le rese dei prodotti contestati dagli acquirenti. Questa merce teoricamente dovrebbe essere reimmessa sul mercato. Ma ciò quasi mai avviene e si finisce per avviare questi prodotti alla distruzione. Altra fonte di sprechi sono gli enormi magazzini delle multinazionali dell’e-commerce, spazi con un’ampiezza di diverse decine di migliaia di metri quadri. Le aziende produttrici devono affittare degli spazi in questi magazzini per depositare i propri prodotti in modo da essere disponibili per una vendita immediata. Qui succede che i produttori, per rientrare in possesso della merce invenduta, devono pagare cifre molto più alte di quanto costi avviarli al macero.

Secondo indiscrezioni che trapelano dagli addetti ai magazzini e rilanciate recentemente dall’emittente televisiva inglese ITV News in un’inchiesta che ha fatto molto clamore, in ognuno di questi megamagazzini vengono settimanalmente destinati alla distruzione enormi quantità di prodotti: 3 milioni all’anno in Francia, 1 milione e mezzo in Italia e quasi 20 milioni in Germania, dove tra l’altro vige una legge che addirittura favorisce queste discutibili operazioni. Ancora più grave è il fenomeno nel Regno Unito dove la situazione è del tutto fuori controllo. Secondo le stesse indiscrezioni, vengono distrutti oltre centomila prodotti a settimana in ciascuno dei 20 centri logistici operativi nel paese. Si tratta in gran parte di merce di valore e assolutamente integra. Le aziende dichiarano che questi prodotti vengono destinati alle associazioni di beneficienza, ma nella realtà ciò avviene in poco più del 20 per cento dei casi.

Scrive Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’: «il sistema industriale, alla fine del ciclo di produzione e di consumo, non ha sviluppato la capacità di assorbire e riutilizzare rifiuti e scorie. Non si è ancora riusciti ad adottare un modello circolare di produzione che assicuri risorse per tutti e per le generazioni future, e che richiede di limitare al massimo l’uso delle risorse non rinnovabili, moderare il consumo, massimizzare l’efficienza dello sfruttamento, riutilizzare e riciclare. Affrontare tale questione sarebbe un modo di contrastare la cultura dello scarto che finisce per danneggiare il pianeta intero, ma osserviamo che i progressi in questa direzione sono ancora molto scarsi».

Nel pensiero del Papa, il sistema produttivo procuce non soltanto una quantità di scorie e rifiuti che provoca gravi danni ambientali, ma anche una “cultura dello scarto” nella quale anche l’uomo con i suoi bisogni finisce per essere trattato come uno scarto. Si deve pensare che ogni prodotto integro che viene smaltito come rifiuto rappresenta qualcosa che viene sottratto a chi ne avrebbe bisogno. Tanti dispostivi elettronici potrebbero per esempio essere destinati a studenti poveri, che non hanno i mezzi per acquistarli e utilizzarli per lo studio, o alle persone disabili come ausilio nella disabilità. Questo sarebbe un modo per riconoscere ai fratelli uomini quella indelebile dignità che è stata conferita dal Creatore.

Shopping center di Chris Marquardt
(“Shopping Center” by nubui is licensed under CC BY-NC-SA 2.0)

1 commento

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  • La ringrazio per questo articolo, noi stiamo vivendo a Cagliari, l’ingiustizia delle ore di educativa scolastica drasticamente tagliate ai ragazzi delle scuole superiori con gravi ripercussioni sul benessere di famiglie, lavoratori e quelli che a causa della cultura dello scarto sono i più penalizzati proprio loro i ragazzi disabili e con difficoltà. La giustificazione a questi tagli sta nell’aumento dell’energia elettrica… Mi chiedo, ma tutto questo benessere è servito ad aumentare anche la nostra civiltà, la nostra moralità? No

Paolo Tritto

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