La bambina vestita di rosa sta in cima a una scala a pioli appoggiata sul muro. Di qui è Afghanistan, di là ci sono i soldati dell’Esercito britannico, all’aeroporto di Kabul. Dietro alla bambina una folla accalcata, in un tremendo vociare di grida, di nomi urlati, di invocazioni. Di qui è Afghanistan, e per molti, coinvolti con gli occidentali, la certezza che i taleban li verranno a cercare. Di là, appena oltre il muro sottile, la salvezza. La bambina in rosa chissà come è riuscita ad arrivare a pochi centimetri dal confine fra i due mondi, spinta da una madre o un padre ostinati nella disperazione: che la figlia, almeno, si salvi. Tende la mano a un soldato, proprio di fronte a lei. Quello la guarda, esita.
L’obiettivo del video adesso muove verso un’altra angolazione. C’è un’altra bambina esile esile, con una gonna bianca larga, sembra una farfalla. Lei il muro lo passa subito, afferrata dalle grosse mani di un soldato. C’è un bebè con una tutina verde chiaro che pare galleggiare sulla folla, tenuto in alto sopra le teste, come su un fiume: come un piccolo Mosè che la madre tenta di strappare alla ferocia del nemico. Sono immagini di poche ore fa e insieme antiche di millenni, quelle dell’aeroporto di Kabul, di padri e madri che a ogni costo cercano la vita per un figlio, per una figlia.
Accadeva negli assedi di secoli bui, di cui non abbiamo più memoria. Accade oggi al confine tra il Messico e gli Stati Uniti, è accaduto sulla rotta balcanica delle migrazioni, accadde in anni recenti lungo il Muro di Berlino e altrove. Bambini afferrati e spinti oltre, o addirittura, come ha testimoniato un ufficiale britannico a Sky News, lanciati oltre la cortina di filo spinato e rimasti per qualche minuto impigliati, come passeri nelle reti dell’uccellagione. Quando delle mani, di là, li prendono, dalle madri un urlo di sollievo: è in salvo – credono. Ma, appena dopo, quale buco si deve aprire nel loro petto, nel percepire le proprie braccia vuote. Come se oltre al muro avessero lanciato il cuore.
Ora inebetite, inerti, stanno in piedi, sostenute dalla calca. Che ne sarà di loro? Forse, adesso, sembra che non importi più di niente. Ma ‘lui’, almeno, è dall’altra parte. Forse. Ieri il ministro della Difesa britannico Wallace ha chiarito che il suo Paese «per legge, non può farsi carico di alcun minore non accompagnato». Probabilmente il ministro aveva in mente la legge di Londra, la legge del mondo in pace. Ma, in uno stato di guerra civile e di emergenza, come si può chiudere gli occhi davanti a un bambino solo, scaraventato oltre a un muro? Non è possibile, ti dici, forte del tuo essere nata in Europa, quindici anni dopo la fine del conflitto mondiale, e in un Paese, l’Italia, che ha saputo darsi una legge umanissima per i «minori non accompagnati».
Eppure sembra che diverse certezze stiano, in questo momento, franando, come se i valori che le tenevano ferme vacillassero. E guardando le immagini da Kabul pensi a quanto titubante si mostra Bruxelles, nelle ultime ore. Ci si preoccupa che i profughi non si affollino ai nostri confini, si suggerisce che ad accogliergli siano i Paesi limitrofi all’Afghanistan, i quali non ne vogliono sapere; l’Austria addirittura vorrebbe procedere ai primi rimpatri forzati. Forse ogni secolo ha il suo Muro, e quello dello scalo di Kabul è il nuovo, fra l’emirato islamico della sharia e noi? Comunque, l’Europa non mostra in queste ore il più nobile dei volti. Paura del terrorismo, crisi da pandemia, nazionalismi e calcoli elettorali: a chi interessano davvero i profughi afghani, le donne minacciate, e i bambini?
Certo, ci fa male assistere a quel tracimare di disperazione, alla folla che preme, le mani tese a protendere carte: inutili documenti, o implorazioni? Poi, distratti, o rassegnati all’impotenza, clicchiamo su altro. Nell’ultimo frame di quel video la bambina vestita di rosa viene sollevata da un soldato inglese: è passata. Scompare oltre il muro. Che ne sarà? Sua madre, non la vediamo. Avrà gridato di gioia, vedendola andare. E appena dopo, quale vertigine le si è aperta nel cuore? (Pare impossibile, che il piccolo cuore umano possa contenere abissi tanto grandi). È in questo che noi della Fortezza Europa dovremmo saperci immedesimare, almeno – per potere ancora guardare i nostri figli, questa sera.
Di Marina Corradi dal sito di Avvenire di venerdì 20 agosto 2021
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