Il passaggio dal carnevale, con i suoi canti e l’allegria, alla Quaresima con l’imposizione delle ceneri e quell’antico grido “ricordati che sei polvere” è brutale! Tutti vorremmo un periodo di adattamento, di transizione tranquilla, la Chiesa, invece, nella sua saggezza ci invita a prendere da subito contezza delle nostre fragilità e ci invita a vivere un tempo di conversione, pentimento e riflessione.
La materia è poverissima, il gesto suggestivo. “E’ difficile sottrarsi all’urto delle ceneri – scriveva Don Tonino Bello – benché leggerissima scende sul capo con la violenza della grandine.” Simbolo di radicale cambiamento in cui ad uscirne demolito è semplicemente il nostro egoismo e il pensiero dominante di onnipotenza.
La Quaresima ha in sé una grande forza evocativa richiamando i 40 giorni del diluvio, i 40 giorni di Mosè sul Sinai, i 40 giorni di Gesù nel deserto e – se ben vissuta – aiuta il nostro ritorno a Dio da cui ci siamo allontani con il peccato. Un percorso che si snoda attraverso tre concetti principali: Cammino, Preghiera, Elemosina.
Cammino: la Quaresima di quest’anno è arricchita dalla grazia dell’Anno Giubilare che ci vede pellegrini di speranza che non delude, non a caso Sant’Agostino diceva che “la speranza è l’attesa di un bene futuro”. E’ il tempo propizio per metterci in cammino – con gli altri, non da soli – per raggiungere la mèta finale: la salvezza eterna.
Preghiera: “entrare in contatto” con il Signore cui raccontare le nostre miserie e i nostri bisogni senza avere la pretesa di essere esauditi in tutto e subito. Spesso avvertiamo la sensazione che nessuno ci ascolti ma dimentichiamo che i nostri tempi non sono gli stessi del Signore.
Elemosina: la radice greca della parola vuol dire commuoversi, avere pietà, stare vicino a chi è nel bisogno. Dunque non solo dare qualche spicciolo a chi ce lo chiede ma ristabilire la giustizia nella distribuzione delle ricchezze, colmare il divario fra ricchi e poveri, adoperarsi per una economia dal volto umano e non predatoria, perché “mia è la terra e quanto contiene” dice il Signore.
I gesti di penitenza, l’astenersi dal cibo o dai divertimenti, però, non hanno alcuna valenza se non riscopriamo il valore dell’uomo. Oggi sta imperando un nuovo, imperdonabile peccato: la mancata accoglienza dei fratelli più fragili considerati solo numeri da ri-cacciare oltre i muri o in mare.
La liturgia ci invita a fare tesoro di questo “tempo forte” a non buttarlo al vento, ritiriamoci anche noi -come Gesù- nel deserto per riflettere sul nostro modo di essere cristiani, perché il deserto ci destruttura, ci spoglia dal superfluo accumulato e ci riporta all’ESSENZIALE, cioè a Dio!

Scrivi un commento