Tempo “forte”: tempo di deserto e tempo di rinnovo
Quaranta giorni, tolte le domeniche (contare per credere!), dal Mercoledì delle Ceneri (quest’anno il 17 febbraio) al Sabato Santo (4 aprile).
Quaranta: numero biblico evocativo, come un rituale nella vita del popolo dell’alleanza, una coincidenza che sorprende nella storia d’amore tra Dio e l’uomo: quaranta giorni di diluvio universale, conclusi con l’alleanza tra Noè e Jawhé (cfr Gen 9,9-11), quaranta giorni di ultimatum che Giona diede a Ninive perché si convertisse (Gn 3,4), quarant’anni di peregrinazione nel deserto dal momento del passaggio (sappiamo che “Pasqua” vuol dire “passaggio”) attraverso il mar Rosso del popolo ebraico all’arrivo nella terra promessa, quaranta giorni di attesa di Mosé sul Sinai prima che ricevesse le tavole della legge (Es 24,18), quaranta giorni di cammino di Elia verso l’Oreb dove il Signore gli si manifestò in un vento leggero (1Re 19,1-13): da qui scaturiscono i 40 giorni di digiuno di Gesù nel deserto, dopo il Battesimo, per prepararsi alla sua missione.
Da qui scaturiscono i 40 giorni di preparazione alla Pasqua che la Chiesa, nei secoli, ha stabilito per vivere i giorni clou dell’anno liturgico, il triduo della Pasqua di Cristo dalla morte alla resurrezione, una sorta di lunga incubazione della nostra rinascita spirituale, come quaranta passi verso il Signore.
Tanti santi nella storia hanno ideato nella propria vita le loro “quaresime”: 40 giorni di penitenza per prepararsi ad un anniversario importante, ad una solennità – anche diversa dalla Pasqua – che avevano a cuore…
La Quaresima rappresennta gli esercizi spirituali annuali che la Chiesa propone ai suoi figli, il cui inizio è segnato dall’austero simbolo delle ceneri imposte sul capo, retaggio di un antico rituale penitenziale rimasto vivo nella nostra liturgia del Mercoledì delle Ceneri. “Convèrtiti e credi al Vangelo”: sì la Quaresima è tempo di conversione e gli strumenti che la Chiesa ci propone sono il digiuno, la preghiera e l’elemosina.
“Digiunate dal parlar male”, ammoniva papa Francesco qualche giorno fa. “Sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi, […] dividere il pane con l’affamato, introdurre in casa i miseri, […] vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti” (cfr Is 50,6-7): era questo il digiuno che Isaia chiedeva al suo popolo quasi 3000 anni fa. Digiuno è privarci di qualcosa a cui teniamo per far spazio a qualcos’altro: “una pagina di vangelo al giorno”, suggeriva ancora papa Francesco. Ognuno conosce il digiuno più opportuno per alleggerirci, non in termini di sovrappeso ma di spirito: quante zavorre ci allontanano da Dio e saremmo ancora in tempo a metà quaresima per decidere con quale digiuno partire.
Il digiuno nel messaggio di papa Francesco per la Quaresima di quest’anno è mezzo per incarnare una fede operosa. Mentre la preghiera, la grande assente dalla vita di troppi cristiani, è alimento di speranza e l’elemosina, ovviamente, di carità.
La confessione annuale pasquale era uno dei precetti che un tempo si insegnavano al catechismo: quest’anno giubilare di S. Giuseppe la confessione ha il potere di donarci l’indulgenza plenaria. Quale tempo più appropriato della Quaresima per vivere questo momento di grazia?
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