Un’interessante riflessione sulle opportunità offerte dal Piano nazionale di ripresa e resilienza è stato offerto da Confindustria Basilicata il giorno 22 novembre scorso con un convegno sul tema “Motore Mezzogiorno. Ripartenza Italia” che ha visto la partecipazione del sindaco di Potenza Mario Guarente, del presidente della Regione Vito Bardi, del presidente di Confindustria Basilicata Francesco Somma, del presidente nazionale di Confindustria Carlo Bonomi. In collegamento video sono inoltre intervenuti Mara Carfagna, ministro per il Sud e la Coesione territoriale, Enrico Giovannini, ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, Alessandra Todde, viceministro dello Sviluppo economico.
Nell’introduzione ai lavori, oltre ai saluti istituzionali, l’intervento di Francesco Somma si è soffermato sulla realtà che emerge dopo lo stop imposto dal lockdown durante lo scorso anno. Somma ha fatto notare che si registrano significativi segnali di ripresa ma che a trainare il motore dell’economia è, ancora una volta, il Nord. Ciò è un peccato perché la Basilicata potrebbe diventare una regione modello nella transizione energetica e potrebbe offrire enormi occasioni di sviluppo, particolarmente nel campo delle tecnologie legate all’idrogeno.
Processi virtuosi potrebbero generarsi in regione inoltre con i provvedimenti come il superbonus edilizia, per il peso che ha questo settore nell’economia regionale, particolarmente nelle aree interne. Altre potenzialità da non trascurare sono quelle offerte dal settore turistico che ha mostrato grande vitalità nell’annus mirabilis di Matera2019, settore che dovrebbe essere sostenuto per poter consolidare i livelli di eccellenza conseguiti.
Cosa serve alla Basilicata per intraprendere, in questa circostanza storica, la via dello sviluppo? Innanzitutto, per il presidente degli industriali lucani, c’è bisogno di una maggiore efficienza della pubblica amministrazione, considerando una situazione di particolare gravità: negli enti pubblici lucani si registrano, infatti, le più pesanti riduzioni di organico dell’intero territorio nazionale.
Un’altra carenza da colmare al più presto deve essere quella delle infrastrutture, per uscire finalmente da un secolare isolamento. Soluzione che deve essere cercata nella possibilità di intercettare la dorsale adriatica sulla quale ricadranno nei prossimi anni i maggiori investimenti pubblici. Ma anche per rispettare quella che è la vocazione del territorio regionale, cerniera tra il versante tirrenico e quello adriatico del Mezzogiorno italiano – potenziamento della rete ferroviaria e collegamento stradale Salerno-Potenza-Bari – e nello stesso tempo per affacciarsi sullo Jonio, dove la Valbasento rappresenta il naturale retroporto di Taranto.
Su questo argomento, il ministro Giovannini ha assicurato il massimo sostegno del governo che ha già investito 5 miliardi, un impegno importante senza precedenti, per il potenziamento della linea ferroviaria Bologna-Lecce. Le nuove infrastrutture della dorsale adriatica, secondo il ministro, potranno portare grandi benefici all’economia meridionale, avvalendosi del 56 per cento dei fondi che il ministero alle Infrastrutture ha messo a disposizione e grazie al quale, per fare un esempio, saranno realizzati 11 porti, 11 aeroporti e 9 centri intermodali.
La ministra Carfagna si è detta pronta a condividere le proposte del presidente Somma che richiedono una nuova visione di Sud al quale si dovrebbe guardare ormai come alla punta avanzata dell’Europa, come una piattaforma naturale proiettata nel Mediterraneo. Non bisogna però, nello stesso tempo, nascondere i problemi. Il PNRR infatti, nonostante le enormi risorse che mette a disposizione, espone il territorio meridionale a un duplice rischio. C’è innanzitutto il rischio che le regioni del Sud non siano in grado di spendere i soldi messi a disposizione, risorse che per questo potrebbero essere dirottate al Nord e ciò porterebbe ad accentuare ulteriormente il gap tra il Nord e il Sud, invece di ridurlo.
Il secondo rischio è che se quei soldi non saranno spesi bene, rispondendo ai requisiti del Piano, le opere realizzate non potranno essere purtroppo coperte dal PNRR e dovranno quindi essere realizzate a debito, aprendo così un ulteriore inquietante scenario per i conti pubblici. Sono rischi strettamente connessi al grave problema che ha lo Stato di reclutamento di personale adeguatamente qualificato alla complessa progettazione che il Piano prevede e una non indifferente capacità di gestione dei relativi processi che questa azione di rilancio economico genererà.
Un bando di concorso, per esempio, per 2800 tecnici da destinare al Sud ha fatto registrare, purtroppo, pochissime candidature. Quella di poter contare su un capitale umano è una questione di primaria importanza per tutto quello che si diceva prima e soprattutto per sostenere lo sforzo di progettazione dei comuni con meno di 30mila abitanti che non sono attrezzati con uffici tecnici adeguati allo scopo.
C’è poi da aggiungere che oltre questo sarà necessario operare in un quadro di forte stabilità istituzionale. Perché ciò dovrà svolgersi nell’arco di circa cinque anni, dove ci saranno due legislature parlamentari, con maggioranze parlamentari diverse, con governi diversi che dovranno garantire, pur nella diversità, una certa continuità di azione.
Alessandra Todde, viceministro, è stata inoltre chiamata a intervenire su un punto che possiamo dire rappresenta il “core business” dell’economia lucana, cioè il sito di Melfi con il settore dell’automotive che, tra l’altro, vive un momento particolarmente delicato, addirittura di fibrillazione per la prospettiva della transizione ecologica che pone numerosissime insidie a questo settore industriale. Alessandra Todde non ha nascosto le difficoltà e le incognite con cui l’automotive sarà costretta a fare i conti. Basti pensare soltanto al fatto che, come si dice, l’automobile è ormai diventata una semplice “batteria con le ruote”.
Per il viceministro, bisogna quindi tenere presente che l’automobile sarà qualcosa di molto diverso da quello che è oggi; l’auto elettrica ha un numero di componenti notevolmente inferiori all’auto tradizionale e questo potrebbe penalizzare non poco l’occupazione nella filiera produttiva. Il governo dovrà, pertanto, seguire con molta attenzione gli sviluppi, adeguando la capacità produttiva e gli stabilimenti, anche in considerazione dell’enorme apporto che il settore dà all’economia nazionale, per la quale rappresenta una voce importante del PIL.
Concludendo il convegno, il presidente di Confindustria Bonomi ha passato in rassegna le criticità che persistono nel mondo imprenditoriale italiano, considerando i condizionamenti che la pandemia ancora pone. È vero che si registra una certa ripresa economica. Ma bisogna considerare che si tratta di un effetto di rimbalzo dopo il fermo che l’emergenza sanitaria ha imposto alle attività produttive; un rimbalzo che nel volgere di pochi anni dovrebbe inevitabilmente esaurirsi.
C’è anche da notare che tale ripresa è totalmente sbilanciata sull’export, dove infatti è atteso un record storico nelle esportazioni. La domanda interna, purtroppo, è invece ancora ferma. Per far ripartire il mercato interno, secondo Confindustria, non è sufficiente la riduzione del cuneo fiscale di 8 miliardi varato dal governo e si dovrebbe innalzarlo a 13 miliardi per produrre effetti significativi; un cuneo fiscale che, inoltre, dovrebbe essere meglio articolato, prevedendo migliori condizioni per le donne e per i giovani, considerando anche le difficoltà che questi incontreranno quando andranno in pensione.
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