Per ricordare i doni di Mario Trufelli

La lezione di giornalismo di un grande maestro lucano

Nel momento in cui si concludono gli anni della lunga vita terrena di Mario Trufelli, tante cose sollecitano a riflettere sul suo modo singolare di fare giornalismo. Trufelli non ha mai inteso il giornalismo come giornalismo e basta. Ha sempre cercato di andare oltre la notizia. O “dentro la notizia”, come si dice in gergo giornalistico. Sempre attento a non separare mai il giornalismo dal cuore e dalle emozioni umane. Come quella volta che, con tanto umorismo, andò a intervistare il grande Celentano, semplicemente per cercare di capire, oltre al successo, quali ansie agitano gli uomini dello spettacolo. Tutto questo voler andare oltre, ci fa capire bene perché Trufelli sia stato definito un giornalista-poeta.

Da dove veniva fuori questa ricerca di un oltre? Veniva fuori indubbiamente dall’ambiente in cui Trufelli è nato ed è vissuto fino ad una certa età. Veniva fuori dalla sua Tricarico che aveva come sindaco un uomo come Rocco Scotellaro, il sindaco-poeta. Era una realtà, quella, in cui pare che non si potesse essere politici e basta. O giornalisti e basta. Qualunque cosa si fosse, bisognava essere necessariamente anche poeti. E dove la poesia era espressione di un processo di immedesimazione umana.

Per una significativa coincidenza Mario Trufelli, il poeta-giornalista, è deceduto nel giorno in cui papa Francesco pubblicava una lettera in cui si raccomanda «il valore della lettura di romanzi e poesie nel cammino di maturazione personale». Perché tutto questo, dice il papa, ha a che fare «con ciò che ciascuno di noi desidera dalla vita». E anche con tutto ciò che Trufelli è stato.

Non basta, a chi scrive, presentare i fatti; è necessario uno sguardo anche sul cuore umano per capire cosa gli uomini si attendono da quei fatti. A che cosa gli uomini si vedono provocati da quei fatti e quale desiderio questi suscitano. È necessario, in altre parole, saper indicare il valore salvifico di un fatto.

Trufelli sapeva quello che oggi ci rivela papa Francesco nella sua lettera. E cioè che «alla fine, il cuore cerca di più». Che, di fronte ai fatti, l’uomo cerca di capirne il senso più vero.

Com’è umano fare il giornalista così, fare letteratura così. C’è tanta umanità, ma anche qualcosa in più. C’è qualcosa di divino, scrive a questo proposito Francesco. Per il papa è possibile «cogliere il seme già piantato della presenza dello Spirito negli avvenimenti, nelle sensibilità, nei desideri, nelle tensioni profonde dei cuori e dei contesti sociali, culturali e spirituali».  

Già Paolo VI, ricorda lo stesso Francesco, nel celebre Messaggio rivolto agli artisti, diceva: «Noi abbiamo bisogno di voi. Il Nostro ministero ha bisogno della vostra collaborazione. Perché, come sapete, il Nostro ministero è quello di predicare e di rendere accessibile e comprensibile, anzi commovente, il mondo dello spirito, dell’invisibile, dell’ineffabile, di Dio. E in questa operazione, che travasa il mondo invisibile in formule accessibili, intelligibili, voi siete maestri».

Mario Trufelli è stato sicuramente uno di questi maestri. Papa Francesco, in questa lettera, ricorda per esempio autori come Jorge Luis Borges. Dice di preferire, tra i tanti maestri, particolarmente gli autori tragici «perché tutti potremmo sentire le loro opere come nostre, come espressione dei nostri propri drammi. Piangendo per la sorte dei personaggi, piangiamo in fondo per noi stessi ed i nostri vuoti, le nostre mancanze, la nostra solitudine».

Piangendo la morte di Mario Trufelli, di questo poeta-giornalista cui la redazione di questo giornale è stata particolarmente legata, tra le tante cose che si potrebbero ricordare, vogliamo ricordare quella volta che Trufelli stesso ci insegnò a piangere sulle tragedie degli uomini. O, per dirla con papa Francesco, quella volta che ci fece il dono delle lacrime. Quando nei terribili momenti del terremoto dell’80, davanti alla chiesa di Balvano che nel crollo seppellì le vite di tanti bambini, compose quella stupenda poesia, “Lamento per Rosetta”, che nei suoi primi e sconsolati versi recita: «Rosetta ha la faccia di cera / minuscola memoria».

Allora ci consegnò, con queste parole, il dono delle lacrime, ma anche il dono della memoria. E perfino in questi momenti tristi, il vitale respiro della speranza. La certezza che la memoria, come la vita stessa, per quanto minuscola, non scompare.

TGR Basilicata, edizione 03/08/2024
Servizio di Grazia Napoli, montaggio Francesco Nolè, ricerca immagini Claudio Barra
https://www.rainews.it/tgr/basilicata/video/2024/08/addio-a-mario-trufelli–8cd14615-1e89-4a2e-9820-3db9aaef5f4e.html

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Paolo Tritto

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