Questo giornale ha già dato notizia dell’ultima edizione del Premio Nazionale Città Cristologica, conferito a padre Antonio Spadaro, gesuita, teologo e direttore della Civiltà Cattolica. Un evento, organizzato dalla Fondazione Antiusura mons. Cavalla, riguardo al quale sembra opportuno cominciare a proporre qualche argomento di riflessione. Soprattutto perché padre Basilio Gavazzeni ha saputo fare di questo appuntamento materano qualcosa di originale, qualcosa di più di una semplice cerimonia di premiazione.
Altrettanto originale è stata l’impostazione del discorso tenuto dal relatore, un discorso tutt’altro che di circostanza dedicato in gran parte al magistero di papa Francesco, di cui sono stati sottolineati alcuni aspetti, come quello della fratellanza, tema che si può considerare dominante dell’attuale pontificato.
«La parola fratellanza» ha detto padre Spadaro, «è la prima parola che il papa ha usato appena eletto». Una parola che poi ha trovato il suo momento di sintesi nell’enciclica “Fratelli tutti”. Secondo il direttore della Civiltà Cattolica, «il pontefice osserva il mondo e ha l’impressione, in generale, che si stia sviluppando un vero e proprio scisma tra il singolo e la comunità umana». Nell’enciclica, poi, il papa descrive «un mondo fratturato, frammentato, nel quale le distanze tra noi aumentano e la marcia dura e lenta verso un mondo unito e più giusto sta subendo una nuova e drastica battuta d’arresto».
Quello descritto da papa Francesco sembra un mondo che ha perso il senso della storia. Questa perdita sta portando inevitabilmente a un regresso e i conflitti si esasperano fino a quella che il papa chiama “una guerra mondiale a pezzi”. In un mondo così descritto, dell’uomo prevale l’individuo e non la sua dimensione comunitaria.
Da ciò deriva la cultura dello scarto, la violazione dei diritti umani, il dramma dell’emigrazione che sarà un fattore determinante nel futuro del mondo. Di fronte a questo, ricorda padre Spadaro, papa Francesco propone la fratellanza e ciò che egli definisce “amicizia sociale” che, nel suo pensiero, è intesa come attitudine al bene comune da parte di persone diverse.
Dietro la fratellanza di cui parla il papa non c’è un’idea astratta ma qualcosa che esige di essere riconosciuto. «Essa esprime» dice Spadaro, «il riconoscimento di questo carattere strutturalmente relazionale della condizione umana. L’ordinamento nei rapporti sociali non prende avvio da un io isolato che poi decide di aprirsi a tutti».
L’affermazione di padre Antonio Spadaro invita a un radicale cambiamento di mentalità per il cristiano che forse troppo spesso si ferma alla dimensione personale della propria vocazione. Dimenticando che in tutta la storia della salvezza si può vedere come Dio ha eletto, ha chiamato un popolo. E soltanto all’interno di un’esperienza di popolo si può ritrovare la pienezza della vocazione personale.
Anche, per esempio, il diritto alla proprietà privata deve intendersi come un diritto naturale secondario e derivato dalla destinazione universale dei beni. Ciò ha conseguenze molto concrete. Dall’enciclica del papa scaturisce anche un messaggio con un forte valore politico. Per il direttore della Civiltà Cattolica, nel pensiero di papa Francesco «la fratellanza salva il tempo della politica, della mediazione, dell’incontro, della costruzione della società civile, della cura. Il fondamentalismo è il contrario della fratellanza».
In un rapporto di fratellanza nessuno è ospite dell’altro, nessuno può vantare pretese esclusive. Significa essere concittadini e questo permette di fare esercizi di fraternità che ci collocano in una dimensione di convivenza responsabile. Ciò dovrebbe portare la politica a escludere ogni forma di discriminazione e a consentire a ogni essere umano di vivere con dignità e di svilupparsi integralmente. «Il principio di fraternità» dice Spadaro, «deve rinvigorire le istituzioni democratiche che sono estenuate dalla crisi della mediazione rappresentativa».
Bisogna cominciare a pensare come famiglia umana. L’enciclica “Fratelli tutti” è pertanto una risposta organica alla crisi del nostro tempo. La fratellanza, nel pensiero di Francesco, vuole essere un modo di fare la storia. L’esperienza cristiana non è soltanto rivolta a dare significato all’io, alla salvezza personale, ma si porta dietro un compito politico imprescindibile, quello di fare la storia.
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