Omelia di mons. Caiazzo nella Santa Messa della notte di Natale 2021

Santo Natale a tutti

Questa notte celebriamo la nascita di Gesù. Dio che da Creatore si è fatto creatura, come noi. Questo significa che il Signore è davvero con noi! 

In questo lungo tempo di pandemia forse ci siamo abituati a guardare più che a partecipare all’Eucaristia. Le restrizioni governative hanno indotto molti fedeli a seguire le cerimonie eucaristiche da casa.

Questo ci dice come la pandemia abbia stravolto la nostra vita. È sicuramente cambiato il nostro modo di stare insieme e di relazionarci. Se prima solo la scuola si era “convertita” per necessità diventando “online” e non in presenza, man mano tutto è diventato “online”, compresa la celebrazione della S. Messa.

Siamo riconoscenti alla tecnologia che ci ha permesso di rimanere uniti e collegati tra noi nel momento della necessità, però ne riconosciamo i limiti. È diventata abitudine? Sta diventando prassi? Se così fosse bisogna ricorrere ai ripari.

Il bisogno d’incontrarsi e stare insieme fisicamente non può essere solo in alcuni ambienti. Si avverte la necessità di guardarsi negli occhi, di toccarsi, parlarsi dal vivo.

È bisogno di vita, bisogno che ci rimanda verso Dio e ci fa cogliere ancor meglio il suo venire in mezzo a noi, per stare con noi e vivere in noi.

Lui stesso, facendosi carne nel ventre di Maria, da Parola, qualcuno potrebbe dire “online”, si è fatto vicino ad ognuno di noi per farci sentire la sua presenza, manifestarci il suo amore, aiutarci ad uscire dalla paura ed aprirci fiduciosi alla speranza. Gesù ha scelto di stare ed essere in “presenza” allora a Betlemme, oggi nelle nuove Betlemme dove viviamo e abitiamo.

È bello rileggere la storia che Dio fa con noi uomini. Da Creatore, da Parola viva ed efficace, da Parola per mezzo di Profeti e uomini e donne da lui scelti, ha voluto farsi in tutto simile alle sue creature tranne che nel peccato, annullando ogni distanza tra cielo e terra e senza più bisogno di uomini che facessero da “ripetitori”, da “antenne paraboliche”, da “satelliti”.

Il Dio di Gesù Cristo ha annullato la distanza enorme che cogliamo questa notte tra Cesare e i pastori di Betlemme, in una regione così lontana dal centro del potere romano.  A noi “pastori novelli” si fa vedere, toccare, amare, adorare esattamente “oggi”.

Quell’ “oggi” di cui parla il vangelo esprime che proprio “oggi”, in questa notte, in questi tempi, Dio è davvero accanto a noi, davanti a noi, per stare e camminare con noi. Dunque è esattamente un Dio “in presenza”.

Questa notte viene illuminata dalla presenza divina nella dolcezza di un bambino appena nato, nel suo pianto che risuona nel nostro mondo, nel suo sorriso che incontra quello amorevole di sua Madre dal cui seno succhia il latte, inizio del nutrimento terreno, nei movimenti di un piccolo corpo, contento di sentire la bellezza dell’amore, il calore che lo circonda.

Questa notte viene illuminata e illumina quanti riconoscono quel bambino quale artefice dell’unione tra i cuori gioiosi di sua Madre, Maria, e del padre putativo, Giuseppe, nell’armonia di un modello di vita matrimoniale che mostra il suo vero volto proprio perché il Dio che si è fatto come noi fortifica l’amore coniugale e fa crescere nell’armonia familiare.

Questa notte i pastori sanno godere nel trasformare la loro veglia per le greggi in adorazione del Dio Bambino, per poi ritornare al loro consueto lavoro con maggiore determinazione e con la consapevolezza di non essere più soli.

Anche noi, come i pastori, nella notte ancora buia e senza fine, a causa della pandemia, siamo qui riuniti “offline”, in presenza. Come i pastori di Betlemme, abbiamo lasciato i recinti e le nostre sicurezze per venire in questa bella capanna, qual è la cattedrale, resa ancora più bella e ricca dalla bellezza e ricchezza che Dio, incarnandosi e nascendo da Maria Vergine e stando in mezzo a noi, ci manifesta.

I Pastori in quella notte arrivarono poveri davanti alla grotta di Betlemme, rientrando verso i loro ovili più ricchi: ricchi di Dio, della sua luce, del suo amore infinito.

Anche a noi come ai pastori, dopo aver deposto la miseria del nostro peccato, aver ascoltato la voce di Dio che ci ha parlato, si manifesta in tutto il suo splendore sull’altare nel pane eucaristico, che fra poco riceveremo, come nutrimento di vita eterna per essere una cosa sola con Dio che si rende visibile e reale in un pezzetto di pane e in un sorso di vino.

Questo è il vero Natale, quello di Gesù! E purtroppo spesso anche noi cristiani ci lasciamo confondere da quella che viene definita la “magia del Natale”. È quanto una certa pubblicità rappresenta pur di vendere il proprio prodotto, nell’adorazione del “dio denaro”.

“Torniamo al gusto del pane”, per essere Chiesa in cammino, Chiesa Eucaristica capace di adorare e di nutrirsi del Dio che si è fatto carne in Gesù. Sfuggiamo la tentazione della “magia” che viene creata e che dura un istante, un effimero istante e tutto ritorna esattamente come prima.

Il Natale di Gesù non è “magia” ma evento storico che proprio “oggi”, in “questa notte” cambia la vita di chi si lascia stupire, irradiare dalla sua luce e che ci fa ritrovare figli, ma soprattutto figli amati da colui che ci ha creati.

“Torniamo al gusto del pane”, vincendo la tentazione di continuare a seguire la celebrazione eucaristica rimanendo davanti al televisore. Non mi nutro se vedo gli altri mangiare in un film o durante la pubblicità. Non mi nutro se non partecipo direttamente alla celebrazione eucaristica: “Beati gli invitati al banchetto dell’Agnello”.

“Torniamo al gusto del pane”. L’Eucaristia che stiamo celebrando ci rimanda esattamente a quell’inizio in cui Dio, prendendo carne da quella di Maria, si è mostrato per essere cibo di vita eterna. L’Eucaristia è l’oggi di Dio che nasce e si dona a noi. Se non c’è Eucaristia non ci potrà essere nemmeno il Natale di Gesù. Sarà un’occasione per far festa, ritrovarsi attorno ad un tavolo per un pranzo solenne o un cenone, giocare insieme e divertirsi, ma senza Eucaristia non sarà mai la festa del Natale di Gesù.

“Torniamo al gusto del pane” per poter far nostro il contenuto di un’antica e bella preghiera eucaristica che dice: «Ave vero corpo, nato da Maria Vergine, che veramente patì e fu immolato sulla croce per l’uomo, dal cui fianco squarciato, sgorgarono acqua e sangue; fa’ che noi possiamo gustarti, nella prova suprema della morte. O Gesù dolce, o Gesù pio, o Gesù figlio di Maria: pietà di me. Amen». Il profumo del pane che soprattutto nei vicinati dei Sassi si sentiva, inebriando anche le case di chi non aveva impastato e infornato, ritorni ad essere sentito in quello eucaristico perché sia desiderato anche da coloro che, pur non ricevendolo, lo avvertono attraverso noi.

“Torniamo al gusto del pane” per non spegnere la speranza verso il futuro. Questo è possibile solo se saremo capaci di ritornare all’esperienza passata. Stiamo correndo il rischio di cancellare la memoria. Il vero virus che circola indisturbato, infettando cuori e menti, è l’Alzheimer che conduce alla morte della memoria. Voler continuare a cancellare ogni radice cristiana o riferimento alla cultura religiosa del cristianesimo, in un’Europa che dice di essere attenta al rispetto delle minoranze, significa rimuovere il nostro passato a favore di una visione superficiale della storia.

“Torniamo al gusto del pane” per ritornare alla sapienza che a Betlemme in Giudea si è mostrata, e oggi, nelle nostre Betlemme continua ad essere luce. Se è vero che il termine “sapienza” deriva dal latino “sapere”, che letteralmente significa “avere sapore”, “ritrovare il gusto”, allora ritorniamo alla sapienza cristiana e impediamo che il virus dell’Alzheimer continui a contagiarci. Per curare questo tipo di malattia abbiamo bisogno del vaccino dell’amore eucaristico che diventa carne nella nostra carne, sangue nel nostro sangue.

S. Natale a tutti.

Don Pino

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