L’esistenza umana è racchiusa fra due coordinate fondamentali: il tempo e lo spazio, non conosciamo nulla del prima (di noi), nulla del dopo, cosi come non sappiamo se la nostra morte sia vicina o lontana.
Tutto ciò ci spaventa sino al punto di aver rimosso quasi del tutto l’idea della morte, come se non dovessimo mai partire per “l’altra vita” e non ci rendiamo conto che essa è l’unica certezza che ci avvolge. Una civiltà che non accetta la morte rivela la propria decadenza, molti si disperano all’idea della fine di tutto, del viaggio verso l’ignoto e non riflettono che nulla nasce senza morire!
I cristiani, invece, sanno che non tutto finisce, esiste un aldilà dove vivranno in modo diverso insieme ai loro cari che li hanno preceduti “nel sonno della pace”. Una scelta dunque fra l’assurdo del nulla e la fede che ha il suo sbocco finale nel dolcissimo abbraccio con il Signore.
L’uomo non può vivere senza il ricordo dei defunti, può immaginare, invece, un non luogo che potremmo definire “il giardino dei pensieri lontani” dove “incontrare” le persone scomparse con le quali continuare a dialogare nonostante i progetti spezzati e i dialoghi interrotti. Un incontro che l’aiuti a capire come i defunti sono ancora vicini, camminano ancora con noi – anche se non li vediamo – continuano a volerci bene e sono ancora capaci – in modo diverso – di ricevere il nostro affetto e il nostro amore. Dobbiamo loro riconoscenza per l’esempio e la dedizione profusa verso la famiglia e la società tutta.
I nostri morti ci hanno lasciato una preziosa eredità di bontà che deve stimolarci a domandarci, nel silenzio del nostro cuore, quali esempi noi lasceremo alle future generazioni.
Ricordarli almeno il 2 novembre è un atto di giustizia e di gratitudine affinché la loro vita, anche dopo la morte, possa rimanere per sempre nella nostra storia personale e comunitaria.
Scrivi un commento