“Non dimenticarti dei poveri”

Non ho mai capito dove finisce l’amore che non usi.

Vorrei, da brava massaia, usarne gli avanzi per le polpette, concimarci le piante.

Rimpastarlo, venderlo di seconda mano, placarlo, darlo al gatto, alle galline.

pensare che finisca così in niente, non so, mi mette freddo dentro.

Se non si può buttare il pane, figurati l’amore.

Anna Stella Poli

Quasi a conclusione della quinta Giornata mondiale per i poveri, una cara amica mi ha inviato questi versi, in cui il binomio pane-amore sembra quasi un percorso obbligato, ma non scontato. Cosa può significare per questa terra, che si prepara a vivere il Congresso eucaristico nazionale, celebrare una Giornata per i poveri? Cosa significa per i poveri “tornare al gusto del pane”? Chi sono i poveri per questa città? Quante domande! Il tema di questa giornata è tratto dal vangelo secondo Marco “I poveri li avete sempre con voi”. Pochi attimi prima della elezione a Pontefice, quando ormai era chiara la nomina di Bergoglio, il cardinale Hummes si chinò verso di lui dicendogli “Non dimenticarti dei poveri”… E fu anche per non deludere una promessa che Francesco scelse il nome del Povero di Assisi e dal primo momento non fece mistero di un programma ben preciso per il suo Pontificato: desiderio di una chiesa povera e per i poveri.

Ogni materano lo sa bene, ed il nostro Arcivescovo ce lo ricorda nella sua lettera (Torniamo al gusto del pane, pag. 25), che il pane non si butta! E, se proprio fosse necessario farlo, prima lo si deve baciare, ovvero lo si deve portare alla bocca, non per masticarlo, ma per compiere lo stesso gesto tra due persone che si vogliono bene: il bacio di una mamma col figlio, il bacio di due innamorati, il bacio di due amici.

I poveri della nostra terra ci insegnino a non buttare né pane, né amore! Sì, occorre essere sinceri ed affermare che chi butta il pane è nell’abbondanza, non solo di cibo. Sperperare, buttare, continuare ad acquistare in modo ossessivo sono il segno di un mondo che, forse, cerca di colmare un vuoto, una solitudine, una mancanza profonda. La solitudine è una delle malattie più gravi del nostro tempo. Paradossale affermarlo in un mondo dove vivono oltre 7 miliardi di persone. Eppure è così! Prendere, mangiare, gustare ….Sono l’invito di Gesù nell’Ultima Cena. Sono sicuramente i verbi dei poveri che sanno ancora provare il gusto delle cose perché ne apprezzano il dono quando lo ricevono.

Sono i verbi di Matera che deve necessariamente riappropriarsi del gusto di essere una città dalle profonde radici, una città da scoprire, non in un mordi e fuggi, ma da contemplare. Una città che può ancora imparare a non buttare pane e amore, a non sprecarlo. I poveri di Matera … sono tanti! I poveri di pane, di casa, di lavoro, di dignità. I poveri di patria, che ancora abbiamo il coraggio di chiamare clandestini! I poveri sono anche i giovani che, nella completa confusione di questi tempi, gridano il loro vuoto, ma sono ancora pochi coloro che li ascoltano. Non è facile ascoltare  i poveri e i giovani. Bisogna portare la mano alla bocca per fare silenzio, come ci ricordano le meravigliose icone orientali. Bisogna saper tacere per farci penetrare dalle loro ferite ed offrire non cibi preconfezionati, non risposte standard come da format televisivi, ma parole autentiche che sgorgano dal cuore, parole che possano nutrire la speranza di domani, risanando il dolore di oggi, come papa Francesco ha ricordato nella Messa celebrata in san Pietro davanti a duemila poveri. Fuggire, sono ancora parole sue, dai restaurazionisti bramosi di una chiesa fissa e rigida…

E Matera, i poveri li ha veramente sempre con sé! Lo sa bene la meravigliosa equipe della Caritas diocesana che veglia come sentinella attenta ed inventa, con una creatività che commuove, iniziative rivolte prima di tutto a ri-donare dignità agli anawim, ovvero a quanti nella Bibbia vengono indicati come coloro che ormai nulla più si aspettano dal mondo e ripongono ogni fiducia e speranza unicamente in Dio. Ieri è stata inaugurata in via Meucci la bottega solidale “Tu sei splendore, gemme e tessuto d’oro è il tuo vestito”. Che meraviglia! Il riferimento è al salmo 144 che dà il titolo a questo luogo prezioso, un luogo dove va a finire l’amore che non si usa! Un luogo che educa prima di tutto noi materani a comprendere che ai poveri non si donano gli scarti. I poveri, spesso, insieme e prima dei vestiti, hanno bisogno di qualcuno che tessa nuovamente su di loro la tunica della dignità, strappata violentemente da situazioni di ogni genere.

Torniamo al gusto del pane …

Torniamo ad accorgerci dei poveri …

Torniamo, non a divorare, ma a gustare lentamente per assaporare la vita …

Torniamo ad ascoltare e non a sentire, a contemplare e non semplicemente a guardare, a commuoverci profondamente e non semplicemente a provare sentimenti …

Torniamo a non buttare il pane perché è santo …

Torniamo a non buttare l’amore perché il grido e la fame di quanti ne hanno bisogno è troppo forte…

Torna Matera ad investire nel gusto del pane e dell’amore …

Sia anche questo il Congresso eucaristico che ci attende!

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Domenico Infante

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