Non c’è più tempo, riflessioni a margine della Laudato Sì

Dalla Laudato SI’ paragr. 161:“Le previsioni catastrofiche ormai non si possono più guardare con disprezzo e ironia. Potremmo lasciare alle prossime generazioni troppe macerie, deserti e sporcizia. Il ritmo di consumo, di spreco e di alterazione dell’ambiente ha superato le possibilità del pianeta, in maniera tale che lo stile di vita attuale, essendo insostenibile, può sfociare solamente in catastrofi, come di fatto sta già avvenendo periodicamente in diverse regioni. L’attenuazione degli effetti dell’attuale squilibrio dipende da ciò che facciamo ora, soprattutto se pensiamo alla responsabilità che ci attribuiranno coloro che dovranno sopportare le peggiori conseguenze.”  

Da sempre l’estate ha segnato lo spartiacque tra un prima e un dopo. Così è stato lo scorso anno che, a causa di decisioni politiche sbagliate, ha visto risalire i contagi con le conseguenti chiusure. Sarà così anche quest’anno con la pandemia che ancora imperversa nel mondo? Tutti ricordiamo, quando finita l’estate, si riaprivano le scuole, le fabbriche, gli uffici e iniziava la nuova programmazione di cinema e teatri, si organizzavano dibattiti e incontri su varie tematiche.

Nell’estate che stiamo vivendo, torrida in tutti i sensi, con l’intero territorio nazionale in zona bianca, il ritorno ad una certa normalità, sempre ponendo attenzione alle regole per salvaguardare la salute individuale e collettiva, lo si potrà ancora ottenere se capiremo che l’unico rimedio sia quello di vaccinarsi tutti.

Sempre in questi mesi si è acceso un dibattito, spesso surreale, tra virologi, medici, politici, opinionisti, sulla recrudescenza del virus, sul suo depotenziamento, sulle fasce d’età più o meno a rischio. Il risultato di questa lunga stagione di confronto, spesso del tutto a-scientifico (No Vax), è quello di veder risalire i contagi in Italia come nel resto d’Europa e nel mondo mentre l’età media dei contagiati si è abbassata. Questo è stato il segnale più drammatico dello scollamento tra la responsabilità soggettiva e la comprensione del fenomeno che sta interessando tutti i paesi del mondo. Quindi, in attesa del ritorno alla “normalità”, costantemente rimandata ad un futuro prossimo, ci stiamo avvicinando agli appuntamenti più impegnativi rappresentati dalla riapertura delle scuole alla ripresa delle attività produttive. Inoltre, dopo gli incontri delle potenze mondiali del G20, con timidi e insufficienti risultati, dovremmo di nuovo confrontarci sui temi del clima e della salvaguardia della vita del Pianeta.

Se fino a prima dell’estate potevamo anche guardare con simpatia alle proposte e alle sollecitazioni di architetti, urbanisti, sociologi, ecologisti e scienziati che sostenevano con forza lo studio e la ricerca di percorsi alternativi di sviluppo e di modi del vivere quotidiano, lo “sviluppo integrale” di cui parla Papa Francesco, ora dobbiamo molto più realisticamente riconsiderare l’importanza di quelle proposte e di quelle sollecitazioni perché divenute più che mai urgenti, anche alla luce del Sesto Rapporto di Valutazione del Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici di qualche giorno fa che non lascia dubbi sulla necessità di agire subito per ridurre le emissioni. Anche se si è guardato con una certa sufficienza agli appelli di non perdere l’opportunità, data dalla crisi, di imprimere un cambiamento di prospettiva alle linee di sviluppo, non possiamo che constatare che passata la paura iniziale quelle proposte e quelle sollecitazioni rimarranno confinate nello spazio del dibattito ideologico e culturale.

Restando in tema di ambiente è innegabile che stiamo assistendo a un cambiamento che dovrebbe seriamente far riflettere, sia a livello locale sia a livello internazionale, sulla necessità di un superamento della forma produttiva ed economica che ha caratterizzato il secolo scorso; un esempio per tutti: la “fragilità” del territorio, risultato di una sconsiderata gestione delle risorse naturali, di una cementificazione senza regole e dello sfruttamento del suolo, viene messa a più dura prova dai cambiamenti climatici, l’innalzamento delle temperature medie, dalle precipitazioni anomale, dal progressivo anche se lento innalzamento del livello dei mari.

Il nostro paese si troverà presto a dover rispondere alle aspettative della Unione Europea su come saranno utilizzati i finanziamenti del Recovery Fund; sarebbe auspicabile che buona parte di quelle risorse fossero impiegate in virtuosi progetti per l’ambiente, per il lavoro (specie nei settori più legati alla cosiddetta green economy), per la scuola (mettendo in cima alla lista la manutenzione di tutti gli edifici scolatici non a norma), per l’ambiente (a partire da un radicale rinnovamento delle reti idriche dei comuni, grandi e piccoli, che disperdono a volte più del 50% dell’acqua che trasportano) e per la riforma della P.A. allo scopo di rendere il nostro paese in grado di rispondere con efficacia e prontezza alle nuove sfide che si presenteranno.

La grande assente in questo dibattito è la politica; le diverse formazioni politiche sembrano non avere colto, ancora una volta, la necessità di imprimere un cambiamento nella scelta dei temi e una accelerazione del dibattito sul futuro del paese. Il governo dei “migliori”, nel suo precario equilibrio, sembra composto da giocatori che non sanno di essere nella stessa barca, e il monito di Papa Francesco “nessuno si salverà da solo” resta nel vuoto. L’opposizione ha perso di vista i problemi reali e l’importanza dei grandi temi del futuro per perdersi sulla riapertura delle discoteche e sul green pass definito come dittatura sanitaria.

Intanto, mentre il teatrino della politica procede senza sosta, le vere vittime sia del Covid, che della mancata ripresa o del degrado delle condizioni ambientali sono i giovani, una categoria sociale per la quale non si è messa in campo nessuna proposta politica-economica coraggiosa, a partire dal sistema scolastico per finire con l’alta formazione e l’inserimento nel mondo del lavoro. Per questo bisogna sempre avere presente che quando la ricreazione finisce, cioé il tempo tra un prima e un dopo, il dopo, cioè l’adesso, richiede un impegno di idee, di risorse, di coraggio e volontà politica di tutta la società, di cui ancora non si vede l’ombra.

Spetta a noi cristiani, non esenti da responsabilità ma allo stesso tempo investiti da un senso del dovere che deve sopperire anche alla mancanza di quello degli altri, impegnarci concretamente (con attività ed iniziative), per chiedere ai grandi della Terra, al Governo nazionale, ai Governi locali di agire per dare un senso di cambiamento. Il collasso ambientale e climatico in corso, identificato oramai da una moltitudine di indicatori quantitativi e qualitativi, è destinato a produrre un complesso di eventi critici rispetto ai quali la pandemia in corso rappresenta soltanto un primo anticipo. Il crescente rischio di innesco di cambiamenti brutali e irreversibili – punti di non ritorno – è ormai diventato triste realtà.

Fraternità e amicizia sociale sono le vie indicate dal Pontefice per costruire un mondo migliore, con l’impegno di tutti: popolo e istituzioni. Ci viene in aiuto lo stesso Papa Francesco con l’Enciclica sociale “Fratelli tutti” il quale sostiene al paragr.17: “Prendersi cura del mondo che ci circonda e ci sostiene significa prendersi cura di noi stessi. Ma abbiamo bisogno di costituirci in un “noi” che abita la Casa comune. Tale cura non interessa ai poteri economici che hanno bisogno di entrate veloci. Spesso le voci che si levano a difesa dell’ambiente sono messe a tacere o ridicolizzate, ammantando di relazionalità quelli che sono solo interessi particolari. In questa cultura che stiamo producendo, vuota, protesa all’immediato e priva di un progetto comune, è prevedibile che, di fronte all’esaurimento di alcune risorse, si vada creando uno scenario favorevole per nuove guerre, mascherate con nobili rivendicazioni”.

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Redazione

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