“Non possiamo non dirci cristiani”, diceva il buon caro Benedetto Croce. Ed è vero ancora oggi, anche se molti non lo ammetterebbero. Fatto sta che a Natale tutto il mondo si ferma, e anche all’indomani, festa di S. Stefano.
Tutti festeggiano. Alcuni dimenticando il festeggiato, è vero. Ma come la salvezza è stato un evento cosmico, così il cosmo è investito dalla memoria di questa nascita che tutti festeggiamo per l’avvenimento di un mistero grande: nella pienezza del tempo, in una cornice storica, che ci tratteggia la genealogia di Gesù contenuta nei Vangeli di Luca e Matteo, e in forma più poetica nell’antico inno della Kalenda, Dio Padre manda il Figlio sulla terra per redimere l’uomo.
“Generato prima dei secoli,
cominciò ad esistere nel tempo,
per reintegrare l’universo nel tuo disegno, o Padre,
e ricondurre a te l’umanità dispersa”
Un mistero immenso quello del Natale al punto che vi sono ben quattro liturgie della parola e altrettanti formulari per la celebrazione, uno a partire dalla celebrazione vespertina della vigilia, a giungere a quella del giorno, passando per quella della notte e dell’aurora.
La vigilia pone l’accento sulla genealogia; la notte e l’aurora sull’annuncio ai pastori e la loro partenza verso Betlemme; il giorno ha per vangelo il prologo di Giovanni: “in principio era il Verbo e a quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio”.
Ma il Natale del Signore non è solo memoria di una nascita.
È anche attesa di un ritorno:
“Alla fine dei tempi,
tornerà come giudice;
darà il regno promesso
ai suoi servi fedeli”
(dalla liturgia delle ore).
Che a quest’ora a cui forse siamo giunti di corsa, col pensiero alle compere non ancora concluse e agli auguri da inviare, alla cena da finire di preparare e agli amici da contattare, possiamo finalmente immergerci in questo grande mistero che ha cambiato il mondo, che segna uno “zero” nel computo degli anni, che rappresenta una svolta nella comprensione di Dio: Dio nasce nella povertà di una campagna abbandonata, al “freddo e al gelo”. Non sono i ministri di questo mondo che ne portano l’annuncio, ma sono degli angeli, ministri di Dio, che chiamano i pastori ad adorare il re del cielo. Che, pur nella fretta di una vigilia a cui siamo giunti tra tanti pensieri e incombenze che forse lasceranno il tempo che trovano, Dio possa trovare alloggio nel nostro cuore e, attraverso noi, rendere più santa questa notte e la storia.
Attraverso noi in cui è risuonata più volte questa domanda: «Ma quando il Figlio dell’uomo verrà, troverà la fede sulla terra?». (Lc 18,1-8).
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