Mons. Guglielmo Motolese, amministratore apostolico a Matera, febbraio-ottobre 1954.

Momenti di storia della Chiesa locale. La separazione delle diocesi di Matera e Acerenza.

Chi oggi visita il Salone degli stemmi nell’episcopio di Matera viene colpito dalla bellezza degli affreschi ma resta forse anche un po’ disorientato nel vedere, sulle pareti affrescate, la rappresentazione di quei centri che farebbero parte o che avrebbero fatto parte del territorio diocesano. È difficile, infatti, immaginare un assetto territoriale così disomogeneo come quello che gli affreschi descrivono.

In realtà, si tratta di un assetto che riguarda due diocesi amministrate da un unico vescovo il quale si trovava spesso a fronteggiare due comunità in conflitto tra loro, tanto che padre Marcello Morelli dava a un suo saggio l’eloquente titolo di Acerenza e Matera: oltre sette secoli di polemica. 1203-1954.

Il territorio diocesano di Acerenza e Matera si estendeva su parte della provincia di Potenza, comprendeva poi la città di Matera, quindi le cosiddette “terre di basso” intorno a Ferrandina, Pisticci, Bernalda, e si inoltrava nella provincia di Taranto, con Laterza e Ginosa, compreso tutto il litorale jonico fino a pochi chilometri dal territorio comunale di Taranto. Per il vescovo titolare della diocesi non doveva essere facile svolgere il suo ministero in una realtà così frastagliata.

Il breve periodo in cui la Chiesa materana è stata retta da mons. Guglielmo Motolese, vescovo ausiliare di Taranto e amministratore apostolico di Acerenza e Matera, ha visto il radicale cambiamento di una situazione in cui, tra l’altro, il vescovo era solito risiedere nei mesi invernali a Matera e in quelli estivi ad Acerenza.

Difficilmente si può ritenere che mons. Motolese, come amministratore apostolico, avesse in mente di attuare cambiamenti radicali nel tempo limitato – febbraio-ottobre 1954 – che avrebbe avuto a disposizione. Tra l’altro, il vescovo giungeva nella diocesi di Acerenza e Matera dopo la morte prematura dell’amatissimo mons. Vincenzo Cavalla, pastore santo e anche protagonista, grazie a doti organizzative non comuni, del risveglio di una città come Matera che fino ad allora era vissuta in condizioni di assoluta miseria. Nella prima lettera circolare indirizzata alla diocesi, mons. Motolese dichiarava infatti di non avere altra intenzione che quella di continuare nel solco tracciato da mons. Cavalla e di voler sostenere tutte le opere e le iniziative da lui volute.

Ma il vescovo tarantino, appena nominato amministratore apostolico, dovette subito rispondere alle sollecitazioni che provenivano dall’episcopato e in particolare dal vescovo di Potenza, mons. Bertazzoni, il quale gli sottoponeva la necessità di provvedere nel più breve tempo possibile a formalizzare con la Santa Sede la separazione delle due diocesi di Acerenza e Matera. Alle citate esigenze propriamente ecclesiali, si aggiungeva che Matera era divenuta capoluogo di provincia ed era stata il centro di un vasto movimento di lotte contadine che avevano portato alle leggi di riforma agraria. Queste leggi di riforma e la legge sui Sassi del ‘53 erano chiaramente destinate a mutare in maniera profonda il tessuto sociale, oltre che amministrativo, del territorio.

Vittorio De Marco, nel volume Guglielmo Motolese, un vescovo italiano nel Novecento sottolinea la prontezza con cui mons. Motolese colse il senso di un’espressione usata da mons. Bertazzoni nelle sollecitazioni che gli aveva fatto pervenire: «Oggi le diocesi non si governano più stando al tavolino». Ciò significava per mons. Motolese l’invito ad attivarsi in Vaticano per definire la questione materana, cosa che il vescovo fece senza esitazione e con una “giovanile baldanza” che sorprese particolarmente il clero materano. Presso la Santa Sede vi fu la massima disponibilità a chiudere in tempi brevissimi una situazione che destava non pochi problemi.

Così, il 3 luglio 1954 il cardinale Piazza notificava la bolla con cui Pio XII divideva le diocesi di Acerenza e Matera. Grazie alla presenza di mons. Guglielmo Motolese a Matera, in appena cinque mesi si metteva fine a un’anomalia che si trascinava da troppi secoli. La diocesi diventava finalmente sede arcivescovile. Il 10 settembre, mons. Giacomo Palombella riceverà la nomina a vescovo della nuova diocesi.

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Paolo Tritto

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