Messaggio dell’arcivescovo Antonio Giuseppe Caiazzo per la Pasqua 2025 alla Diocesi di Cesena-Sarsina

Carissimi fratelli e sorelle, confratelli nel sacerdozio, diaconi, religiosi e religiose, autorità civili e militari,  

Pace a voi!  

È la prima Pasqua che vivo con voi nel segno della «speranza che non delude»  (Rm 5,5)1 e, sempre con voi, in terra di Romagna, «annuncio la morte di Gesù, proclamo la sua risurrezione, nell’attesa della sua  venuta». Grazie per la calorosa accoglienza che mi avete riservato e l’affetto mostratomi. Anche se molto lontano dalla mia terra, mi avete fatto sentire da subito come se fossi a casa mia. In questo breve tempo trascorso con voi e tra di voi, ho avuto l’opportunità di partecipare a momenti culturali, visitare Biblioteche e Archivi, comunità parrocchiali, luoghi di speranza e condividere tante situazioni di dolore. Ho accolto e ascoltato storie di giovani, adulti, anziani, di uomini e donne esponenti della vita pubblica, di imprenditori e di confrontarmi con molti confratelli sacerdoti, diaconi e religiosi/e. Storie impregnate di sofferenza ma con segni evidenti di speranza, di concreto impegno e di fiducia nel futuro.  

Se è vero che Pasqua significa “passaggio”, si avverte forte il desiderio di risurrezione in questo nostro tempo segnato da morte, distruzione, inondazioni, terremoti, sangue innocente versato, guerra commerciale.  

La prepotenza, sinonimo di ricerca del  potere, trova le sue radici nell’ingiustizia. Concetto tanto caro soprattutto a san Giovanni Paolo II che sottolinea: «Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono».  

Già, il perdono!…   

A volte si è talmente impastati di odio e desiderio di vendetta, giustizia fai da te, che  le parole di Gesù sulla Croce, «Padre, perdona  loro perché non sanno quello che fanno»  (Lc 23,34), non procurano alcun effetto, nemmeno in quanti, rivestiti di un abito di religiosità, vivono una fede senza anima, senza Dio. Eppure dovremmo sapere che nell’antica polis il tema della giustizia era centrale, soprattutto per il benessere della comunità. Ma noi cristiani siamo chiamati sempre al perdono, che non significa rinnegare quell’ideale, anzi, lo amplifica, e “deifica” l’uomo nella misura in cui lo avvicina al perdono che elargisce Dio. Perdonare non annulla la giustizia, semmai la  completa invitando ad un cammino di guarigione e riconciliazione. È impegno che ci coinvolge tutti, credenti e non credenti o che si  professi un’altra fede.  

Se Gesù è il nostro amore e la nostra speranza, significa che crediamo nella sua risurrezione da ogni morte, trasformata in vittoria. Senza questa certezza, vana è la nostra fede e la nostra speranza. La risurrezione di Cristo è la vera speranza. Il resto è morte, anche una fede vissuta nella ripetizione di riti vuoti e senza Dio, fede formale che fa dire a Dio ciò che non dice e alla Chiesa ciò che non le appartiene.

Ci aiuta sempre san Giovanni Paolo II ad entrare nel mistero della Pasqua che si svela e ci coinvolge in un impegno concreto, lontano dall’atteggiamento dei battitori liberi che tanto male e divisione procura nella società e nella Chiesa: «Solo nella misura in cui si affermano un’etica e una cultura del perdono, si può anche sperare in una “politica del perdono”, espressa in atteggiamenti sociali e istituti giuridici, nei quali la stessa giustizia assuma un volto più umano».

Celebrare la Pasqua di Gesù significa ricucire rapporti umani che tutti avvertiamo come bisogno e che riconducono l’uomo al principio della creazione: «a immagine e somiglianza di Dio» (cfr. Gen 1,26). Senza rendercene conto la nostra vita è diventata un correre continuo, senza trovare più il tempo per fermarci e ascoltarci. Il singolo, come le aggregazioni religiose, culturali, politiche, sociali e imprenditoriali, è chiamato ad uscire dalle sterili lamentele per ritornare a quella fecondità che esprima il valore della vita, nella sua sacralità, contro ogni forma di morte che la società attuale continua a propagandare.

«Le famiglie, i gruppi, gli Stati, la stessa comunità internazionale, hanno bisogno di aprirsi al perdono per ritessere legami interrotti, per superare situazioni di sterile condanna mutua, per vincere la tentazione di escludere gli altri non concedendo loro possibilità di appello. La capacità di perdono sta alla base di ogni progetto di una società futura più giusta e solidale».

Carissimi, la Santa Pasqua che ci apprestiamo a vivere ci riporta al cuore dell’anno giubilare che stiamo celebrando: Viandanti di speranza, per combattere ogni forma di disparità economica, sociale, di prevaricazione, di disuguaglianza che stanno alla base di una rabbia sociale che spesso ha come conseguenza un malsano desiderio di vendetta.

Un pensiero per voi, carissimi giovani. Dopo il bellissimo momento vissuto al santuario della Madonna del Monte, ho avvertito la forza della vita, la fiducia e la speranza che vi abitano. Grazie che ci siete. Come Chiesa di Cesena-Sarsina e terra di Romagna abbiamo bisogno di voi, del vostro entusiasmo, della vostra voglia e determinazione per tracciare e percorrere strade di speranza. Sono certo che la forza dell’amore che vi portate dentro aiuterà anche noi adulti a credere in ciò che comporta la risurrezione di Gesù: capaci di essere pietre vive per mostrare il volto bello della civiltà impregnata di amore.

Affido voi tutti, sofferenti nel corpo e nello spirito, all’intercessione della Madonna del Popolo perché dalle ferite aperte possa scaturire un fiume di grazia per la vostra e nostra santificazione. «Lo “scandalo” e la “stoltezza” della Croce stanno proprio nel fatto che laddove sembra esserci solo fallimento, dolore, sconfitta, proprio lì c’è tutta la potenza dell’Amore sconfinato di Dio, perché la Croce è espressione di amore e l’amore è la vera potenza che si rivela proprio in questa apparente debolezza»7.


È in questa logica che Papa Francesco continua a lottare infondendo in noi speranza e fiducia meravigliandoci e apparendo per il Giubileo dei medici e degli ammalati, invitandoci a ritornare ad essere fratelli per godere di quella pace che tutti desideriamo e invochiamo, trovandone la fonte nella giustizia.

Auguro a tutti di vivere il tempo di Pasqua nella consapevolezza di fare questo “passaggio”: dalla schiavitù alla liberazione, dalla morte alla vita, dalla guerra ad una pace fondata sulla giustizia. Dedichiamoci più tempo, fermiamoci e ritorniamo a godere della presenza dell’altro, incominciando dai familiari.

San Mauro e san Vicinio preghino per noi.
Vi abbraccio e benedico.

† Don Pino


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