Mese antoniano e solennità del Corpus Domini. Il pane di S. Antonio

In questo primo giorno di giugno, nella ricorrenza della memoria di S. Annibale M. Di Francia, fondatore delle Figlie del Divino Zelo e dei Rogazionisti - questi ultimi presenti a Matera nella Chiesa di “S. Antonio da Padova” - in cui iniziamo il mese di S. Antonio e ci prepariamo a vivere la solennità del SS. Corpo e Sangue di Cristo, vi proponiamo la storia del "pane dei poveri”, elemento tipico della spiritualità rogazionista, detto anche "pane di S. Antonio”. La devozione del "Pane di S. Antonio" è un elemento proprio della Spiritualità Rogazionista.

A S. Annibale Maria Di Francia (1851-1927), di cui oggi 1 giugno ricorre la memoria liturgica, si deve il sostentamento di tante centinaia di ragazzi e poveri che, sin dal 1958 anche al Villaggio del Fanciullo “S. Antonio” di Matera, sono stati provveduti e si provvedono di pane, accoglienza, cultura, amore.

La carità dei devoti e benefattori, che si rivolgono al santo taumaturgo nelle varie loro necessità ed inviano l’obolo, si trasforma in sostegno materiale.

Sant’Annibale ricorreva a Sant’Antonio di Padova come Santo delle cose perdute e per l’intuito del “pane dei poveri”, risorsa provvidenziale per sfamare le bocche dei bambini e dei numerosi poveri che accorrevano a lui da ogni parte di Messina.

Susanna Consiglio: nasce il “pane dei poveri”

Era l’estate dell’anno 1887 e a Messina infieriva il colera mietendo migliaia di morti.

Erano numerosi i decessi soprattutto tra i poveri. Tra i molti volontari che si prodigavano al servizio dei colerosi, prestando oltre le cure mediche anche quelle spirituali, si distinsero S. Annibale e suo fratello P. Francesco Maria.

Al quartiere Avignone, dove era cominciata da alcuni anni la bonifica materiale e spirituale di quell’ambiente degradato, mancavano gli aiuti e le bocche dei piccoli e dei poveri reclamavano almeno un pezzo di pane. Scarseggiavano i viveri ed era tutto precario. Per curarsi e scampare dal pericolo, si cercava di ricorrere a tutto ed a tutti, Santi compresi.

Susanna Consiglio, una facoltosa e pia nobildonna di origine maltese, si sentì ispirata a fare un voto a S. Antonio di Padova promettendo la somma di lire 60, perché si comprasse pane per gli orfanelli del Canonico Annibale Maria Di Francia, ad onore di S. Antonio se lei e la sua famiglia fossero rimasi illesi dal contagio.

Scemato il colera, intorno al mese di ottobre dello stesso anno, la signora Consiglio rimasta immune insieme con la sua famiglia, sciolse il voto e, tramite il suo domestico in forma anonima, inviò a S. Annibale la somma promessa, specificandone lo scopo. Ciò continuò ancora con la specifica «Pane per gli orfani di S. Antonio di Padova», anche ad opera di altre persone devote di S. Antonio. Si delineò così la devozione che ripristinava una tradizione caduta in disuso da tempo, il «Pane dei poveri».

Il Signore offriva a S. Annibale un mezzo efficace per muovere la fede di tante anime, impetrare le grazie per numerosi afflitti ed attirare l’obolo della carità sulle sue opere sotto il nome di «Pane di S. Antonio».

La benedictio ad pondus pueri: il “pane dei poveri” di S. Antonio

La devozione del «Pane dei Poveri» era sorta a Padova nel sec. XIII in seguito ad un miracolo attribuito a S. Antonio nei confronti di Tommasino, un bimbo di 20 mesi morto soffocato nella pila d’acqua dei muratori che effettuavano lavori di ristrutturazione dell’antica chiesa di S. Antonio e ridonato vivo alla mamma che aveva molto pregato e promesso al santo Taumaturgo tante misure di grano quanto era il peso del bambino.

La consuetudine entrò nell’uso liturgico con una formula di benedizione detta benedictio ad pondus pueri, benedizione secondo il peso del bambino. Con essa i genitori invocavano per l’intercessione di S. Antonio la benedizione sui loro figli offrendo ai poveri tanto peso di grano quanto era il peso dei loro bambini. Svanita nel secolo XVI questa consuetudine liturgica, fu ripresa nell’800 legata all’emigrazione soprattutto nelle Americhe sia per l’influsso dei missionari e dei fedeli giunti dall’Italia che per il fatto che il Santo era considerato colui che aiutava a risolvere il problema del pane quotidiano, e la sua immagine era collocata nelle chiese.

Anche a Tolone e Padova il “pane dei poveri”

S. Annibale era rimasto impressionato dall’inusuale specifica dell’offerta in denaro della signora Consiglio preservata dal colera il 1887. Cominciò a propagare questa devozione qualche anno dopo, quando sentì parlare di una vicenda analoga verificatasi il 1890 a Tolone, in Francia, ad opera di una signorina, Luisa Bouffier. Si era motivata anch’essa a fare un voto al Santo padovano, di donare il pane ai poveri, se la porta del suo retrobottega di articoli di biancheria della quale aveva perduto la chiave si fosse aperta senza essere abbattuta.

Anche a Padova sempre nel 1887 don Antonio Locatelli, fondatore dell’Associazione Universale Antoniana, aveva dato vita ad una devozione simile trasformando in pane per la carità ai poveri, piccole somme di denaro avute per qualche grazia ricevuta per intercessione di S. Antonio.  

Un mezzo per muovere alla fede tante anime

Contestualmente ed indipendentemente da queste iniziative, S. Annibale cominciò a fare propaganda del «Pane di S. Antonio» come di un mezzo per muovere la fede in tante anime, per impetrare dal cielo le grazie per tanti afflitti ed attirare l’obolo della carità per i suoi orfanelli.

La devozione a S. Antonio, particolarmente col «Pane dei poveri», diventava non solo per Messina, ma anche per le altre città nelle quali si trovavano i Rogazionisti, una espressione singolare del culto antoniano. 

Mezzo indispensabile ed efficace era la preghiera degli orfani che si levava giornalmente dinanzi ad una oleografia di S. Antonio di Padova. 

S. Annibale inoltre fece collocare cassettine per raccogliere l’obolo per il pane dei poveri in varie officine, negozi e chiese di Messina, della provincia e nei paesi nei quali apriva i suoi orfanotrofi.

Giungevano lettere da persone che desideravano grazie dal Santo padovano e promettevano l’obolo agli orfanelli che elevavano preghiere per ottenerle. L’eco delle grazie si sparse in tutta la città: tanta gente accorreva anche da lontano per vedere “il miracoloso S. Antonio di Messina”.

Il “segreto miracoloso”

S. Antonio distribuiva le sue grazie ed il beneficio del pane quotidiano era assicurato alle mense dei piccoli e dei poveri che accorrevano.

    Ben presto l’iniziale culto antoniano andò oltre i confini del quartiere per iniziativa di un laico che suggerì a P. Annibale di usufruire della chiesa più grande dell’Annunziata dei Teatini, che aveva un altare ed una cappella dedicata al santo Taumaturgo. Qui, tutti i martedì dell’anno, gli orfanelli di P. Di Francia andavano a fare l’ossequio a S. Antonio con preghiere e cantici durante la S. Messa. Con particolare solennità poi si celebrava la festa di S. Antonio.

    La pratica devozionale prendeva piede in tutto il mondo. Mentre quasi contemporaneamente sia da Tolone che da Padova, la stessa devozione, pur con organizzazione diversa, si diffondeva ovunque recando abbondanti frutti di provvidenza per tanti poveri che chiedevano il pane.

    E la stampa antoniana, accanto alle note di catechesi e di evangelizzazione, indicava in S. Antonio di Padova un potente intercessore presso Dio, soprattutto se a Lui ci si rivolgeva promettendo una quantità di pane per gli orfanelli e pei poveri: «Io propongo a tutti i buoni cattolici, scriveva S. Annibale, che ogni qualvolta hanno bisogno di qualche grazia o spirituale o temporale, si rivolgano a S. Antonio di Padova, che è chiamato il Santo dei Miracoli e gli promettano una qualche quantità di pane, quanto ognuno crede, per gli orfanelli e pei poveri».

    S. Annibale definì questa intuizione «Segreto miracoloso»:

    La parrocchia intitolata a S. Antonio

    Un mezzo per diffondere la devozione a S. Antonio è quello di intitolare a Lui le strutture ecclesiali. Sin dal 1958, nella fondazione del Villaggio del fanciullo a Matera, la prima cappella e poi la chiesa parrocchiale, è stata dedicata al Santo dei Poveri. Accanto alla struttura ecclesiale fu aperta ed è tuttora funzionante l’Ufficio dei benefattori antoniani che costituisce un mezzo di apostolato, di divulgazione della devozione antoniana e, nello stesso tempo, strumento di provvidenza materiale per Il Villaggio.

    Ancora oggi la rivista prodotta nel Villaggio del Fanciullo S. Antonio di Matera, oltre le notizie sullo sviluppo della devozione, contiene preghiere varie a S. Antonio, relazioni di grazie ottenute per sua intercessione.

    La protezione e l’assistenza dei Santi era per S. Annibale la garanzia della celeste provvidenza. S. Antonio col suo pane, assicura contemporaneamente il cibo spirituale e quello materiale ed un grande conforto per tutti quelli che aspettano grazie dal cielo. Un fiume di benedizioni celesti che si spande sulla terra, e tutti ne possono partecipare.

    Nuove povertà ai nostri giorni

    Le mutate condizioni dei tempi esigono oggi modalità diverse di servizio ai poveri. La trasformazione dell’obolo dei devoti e benefattori non avviene solo in pane, ma anche in accoglienza, assistenza, copertura economica per la formazione, aiuto per le missioni, attività socio-educative nelle nuove tipologie che sono subentrate agli orfanotrofi. Alla sistematica distribuzione materiale di mezzi di sussistenza ai bisognosi, piccoli e poveri, congiunge tanta carità compiuta giornalmente nell’amministrazione dei doni spirituali derivanti dalla Parola di Dio, dai sacramenti, dalla preghiera.

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    Padre Angelo Sardone

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