40 anni per don Filippo Lombardi e don Franco Laviola
Don Filippo Lombardi, montalbanese, oggi parroco di “S. Giovanni Bosco” in Marconia di Pisticci e della chiesa ‘estiva’ “Stella Maris” nella zona della Marina di Pisticci, Vicario Episcopale per la Pastorale, membro del Capitolo Cattedrale, giunge a 40 anni di sacerdozio. Spesi tra la pastorale sociale e del lavoro, la carità (Direttore Caritas e Assistente ecclesiastico del Gruppo di Volontariato Vincenziano), l’attività pastorale come Direttore Ufficio Pastorale Diocesano nonché parroco di “Maria Madre della Chiesa” in Matera e “S. Antonio” in Scanzano, nonché nella formazione dei futuri sacerdoti come rettore del Seminario Interdiocesano di Basilicata… e Logos, di cui ha mirabilmente tenuto le fila per i lunghi 10 anni della stagione “cartacea”. 40 anni intensi, dinamici, energici, fatti anche di battaglie. Tutti ricordiamo quella per impedire lo stoccaggio delle scorie radioattive a Scanzano Jonico (tra poco festeggeremo il ventennale), ma nella vita di ogni prete e di ciascun vero cristiano (ma anche di chi è semplicemente “autenticamente uomo”. E don Filippo spesso sottolinea che tra le due cose vi è una strettissima correlazione) ci sono innumerevoli sconosciute battaglie interiori!
Don Franco Laviola, pisticcese di Tinchi, oggi parroco di “S. Gerardo Maiella” in Marconia di Pisticci, una nuova parrocchia, sorta nel 2017. Sembra di essere in una chiesa in terra di missione, ricavata in un garage. E dell’Ufficio per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese don Franco è il direttore, come pure Assistente Ecclesiastico del Movimento “Comunione e Liberazione” (CL). Oltreché docente di religione presso il Liceo Classico “G. Fortunato” a Pisticci e professore di filosofia in seminario. 40 anni intensi, vissuti tra Roma, Potenza, Craco dove don Franco è stato parroco dal 1990, Salandra, dove lo è stato prima.
Due sacerdoti, già compagni di studio presso l’Università Lateranense, entrambi classe ‘58, ordinati il 24/06 don Filippo e il 25/06 don Franco dell’ormai lontano 1983.
Un’occasione di affettuosi festeggiamenti
Tante persone si sono stretti attorno a loro in questo anniversario a “cifra tonda”.
Una sorpresa per don Filippo, festeggiato sabato 24/06, dopo la messa solenne in chiesa, nei locali dell’oratorio dai diversi gruppi operanti in parrocchia: Caritas, Comitato Festa, catechisti, giovani, suore… E non sono mancati i famigliari e i parrocchiani materani e i montalbanesi. Un camice particolare è stato il dono della comunità parrocchiale.
Mezza Basilicata ha gremito la piccola chiesa e l’antistante sagrato la sera di domenica 25/06 per la celebrazione di ringraziamento per i 40 anni di don Franco: i diversi gruppi di CL che tra l’altro hanno animato la celebrazione insieme agli attuali parrocchiani, i parrocchiani di Craco e Salandra, i familiari e gli amici di gioventù di Tinchi!
Una gioiosissima celebrazione eucaristica, alla fine della quale in tanti hanno ricordato i momenti vissuti accanto a don Franco in questi 40 anni. Infine, un momento di festa sul sagrato.
Al momento del taglio della torta è giunto anche don Filippo, un segno di profonda fraternità sacerdotale.
Don Massimiliano Nanna: prete da 12 anni
Ma il 24 giugno, la comunità di S. Giovanni Bosco in Marconia festeggiava, assieme a don Filippo, anche i 12 anni dell’ordinazione del vice parroco don Massimiliano Nanna, assistente ecclesiastico del “Cammino Neocatecumenale”, di cui ha seguito alcuni gruppi anche a Vienna. Una casula è stato il dono della comunità parrocchiale, insieme al rinfresco a sorpresa che hanno organizzato per parroco e vice-parroco.
Un’occasione per riflettere
40 anni: una tappa che fa prendere coscienza i sacerdoti e noi che siamo loro intorno dell’inesorabile scorrere del tempo. Il tempo è grazia, lo sappiamo, ed è anche occasione per una sosta salutare di riflessione nel cammino della vita.
Di seguito le interviste ai due presbiteri.
Si ringraziano Alberto Raimondo e Luciana Viggiani per le foto.
Caro don Filippo, stai traguardando i 40 anni nella tua vita sacerdotale: quale riflessione puoi fare?
C’è ancora tanta strada davanti, quella che il Signore vorrà donarmi e che bisogna guardare sempre avanti, perché la missione del prete non si esaurisce nel ricordo di un passato soltanto, ma nell’annuncio che il Signore ci chiama a dare ogni giorno.
Tanti incarichi in questi anni, per molti anni parroco, rettore del Seminario.
Spero di non aver fatto danni. La cosa che mi conforta è che ho incontrato tantissime persone che si ricordano costantemente di me ed io di loro. Le porto nella preghiera e quindi mi sento sostenuto e accompagnato dalla Chiesa, popolo di Dio.
Com’è stata l’esperienza del Sinodo, questa apertura alla Chiesa locale?
Devo ringraziare innanzitutto il Vescovo per essere stato segretario del Sinodo e quindi per aver curato tutti i passaggi ed i momenti. E’ stata una cosa molto bella: ci ha fatto sperimentare una Chiesa viva, una Chiesa desiderosa di partecipare, di coinvolgersi, di dire la propria e soprattutto di vedere la Chiesa proiettata in avanti e vederla crescere.
La tua attività di Vicario Pastorale?
Non è né più né meno di quello che mi aveva chiesto Mons. Ligorio, cioè di coordinare alcuni aspetti della pastorale che adesso si rafforzano con un programma quadriennale impostato sui ministeri. Innanzitutto c’è il desiderio di attualizzare il Sinodo; lo facciamo camminando con la Chiesa Italiana e con la Chiesa Universale. In modo particolare ci siamo dati questo impegno quadriennale alla riscoperta della ministerialità della Chiesa e dei tre ministeri istituiti aperti anche ai laici ed alle donne: lettorato, accolitato e catechista. Servizi che già si svolgono nella Chiesa, ma daranno una maggiore corresponsabilità e consapevolezza a tanti che svolgendo questo servizio sono invitati anche a prepararsi di più a conoscere di più la Parola di Dio ed a esercitare una responsabilità nel coordinamento.
Sei stato per molti anni responsabile della Pastorale Sociale e del Lavoro, sia a livello diocesano che regionale. Che realtà sociale si percepisce adesso nella nostra terra?
Penso che la pastorale sociale e del lavoro non è semplicemente un ufficio. Ho tentato e cercato di sollecitare tutte le comunità ad avere consapevolezza di come il Vangelo ha una dimensione sociale, un risvolto sociale. La missione della Chiesa è quella di illuminare tutte le realtà sociali. Papa Francesco ci ha molto aiutato in questo, soprattutto con la “Laudato sì” e la “Fratelli tutti”. Al di là delle iniziative, ho cercato di sollecitare la consapevolezza di un Vangelo che si incarna nella storia.
Un sogno che ti porti dietro…
E’ bello essere prete perché è una chiamata, una vocazione. E’ bello poter dire sì a Dio, perché se non lo si dice si resta fuori da quelli che sono i progetti ed i doni di Dio. Non c’è alcun merito. E’ tutta grazia, è tutto dono. Il sogno è quello di essere fedele ogni giorno, sempre di più.
Quarant’anni di sacerdozio sono un segno di fedeltà al Signore. E’ l’occasione, anche, per provare a fare un bilancio della tua esperienza sacerdotale. Qual è stata finora la costante della tua vita: da uomo e da prete?
E’ vero quello che dici: 40 anni sono un segno di fedeltà al Signore! Ciò significa che mi è stata data l’opportunità di dire continuamente il mio sì al Signore, che è l’unica cosa che mi chiede. Per fare un bilancio, direi, che ne è valsa veramente la pena per la pienezza di vita che riscontro nel quotidiano. La costante è che ho tentato di mettere sempre il cuore in tutte le cose che faccio. Questo significa coinvolgere il mio bisogno di verità, di amore infinito nelle cose che faccio.
Quando e come hai ricevuto la chiamata al sacerdozio? C’è stata qualche figura di riferimento per la scelta di dedicarsi al servizio sacerdotale?
La chiamata è accaduta durante l’estate dei miei 16 anni. Ero già in Seminario da due anni e non era ancora chiara la vocazione. Volevo uscire dal Seminario per entrare all’Accademia Militare di Pozzuoli. L’ho chiesto a mia madre, credendo che mi dicesse di “si”. Ma mi ha risposto con “no” netto, tanto da sentire tutta la durezza dell’infrangersi di questo sogno. Ma, mentre avvertivo cadere in frantumi questo sogno, tra i detriti, come un bel fiore, nasceva la mia vocazione. E dico a me stesso: “Ma io rientro in Seminario…”.In quel periodo non avevo delle figure specifiche di riferimento, ma i Superiori in Seminario ed i Padri Maristi in Parrocchia erano due punti chiari. Negli anni diventerà fondamentale la figura di Padre Bartolomeo Bardessono, mio parroco a Tinchi, e quella di don Luigi Giussani.
Cosa ti porti dietro degli anni di formazione?
La formazione intellettuale mi ha portato una chiarezza di giudizio sulla dottrina cattolica da cui non si può prescindere. Però, nel tempo, ho capito che non può essere la proposta di una dottrina a tenere vivo l’entusiasmo della fede. Non basta la dottrina! Oggi, credo, ci si attardi un po’ troppo sulla dottrina e poco su ciò che può toccare il cuore della gente. A proposito della formazione umana, poi, ho incontrato persone che in Seminario e all’Università hanno contribuito non poco a rendermi cosciente del mio limite ed il mio bisogno d’infinito.
Sei da tempo impegnato nel campo dell’educazione, come insegnante, a scuola ed all’Università. Cosa resta di questa esperienza diretta sul campo?
L’esperienza educativa fatta sul campo è una delle esperienze più esaltanti della mia vita, perché sono stato costretto continuamente a far venire fuori me stesso ed a rimettermi sempre in gioco. È l’esperienza che mi ha più provocato, che mi ha sollecitato continuamente. Devo molto a questa esperienza il cambiamento della mia personalità in meglio.
Cosa ha significato per te l’incontro con il movimento di Comunione e Liberazione?
Una “rivoluzione copernicana”, ma discretissima. L’incontro con il movimento di CL non mi ha fatto più partire dalle cose da fare, ma dalle cose da vivere, prima personalmente e poi da proporre agli altri. Lavoro, così, il 90% in meno per ottenere il 90% in più, mettendo al centro il mio rapporto con Cristo, che riempie la mia vita.
Un messaggio finale per i lettori, soprattutto per i più giovani… Qualche motivo per cui vale ancora la pena, oggi, nel 2023, seguire Gesù…
Che ognuno possa prendere coscienza dell’ideale che alberga nel proprio cuore, come dice Giosuè Carducci: “Tu sol pensando, o Ideal, sei vero!”. Col tempo ti potrai accorgere che l’Ideale è Cristo. L’unico motivo per cui vale la pena, oggi, seguire Gesù è che è la risposta piena al proprio ideale. Nella verifica di ciò che ti manca, puoi capire che vale la pena seguirlo!
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