L’ultimo saluto ai Vigili Giuseppe e Nicola al PalaSassi “S. Bagnale”: Matera al centro dei riflettori di tutta Italia. Ma ora la vita va avanti. Quali frutti da questa vicenda?

Ancora una volta il PalaSassi "Bagnale" si trasforma in aula liturgica. Intensa la partecipazione alle esequie per i Vigili del Fuoco morti sul campo, a Nova Siri, per spegnere un incendio, lo scorso 17 luglio.

Un’atmosfera surreale

Un’atmosfera surreale per le vie di Matera nel pomeriggio di lunedì 22 luglio. Giornata di lutto cittadino: un denso silenzio sotto un cielo plumbeo che promette una tanto attesa pioggia in un’estate torrida. Nell’area circostante il PalaSassi “Bagnale” è interrotto il traffico.

Silenzio religioso e surreale anche nella caserma dei Vigili del Fuoco, interrotto solo dagli squilli di tromba e da una sirena. Compostezza, commozione, attenzione. Il pensiero di ciascuno ai due Vigili – si potrebbe dire riprendendo una riflessione dell’Arcivescovo nell’omelia – crocifissi “da malvagità o incuria di altri uomini”. Qualcuno piange. I Vigili giunti per l’occasione sono forse cinquecento: lucani, pugliesi e non solo. Quattro-cinque di loro caricano le due bare di Nicola Lasalata e Giuseppe Martino sull’autoscala, le ricoprono con una bandiera, con l’elmetto e con la foto. E scortati da un folto corteo di vigili, parenti e amici giungono nel PalaSassi.

Il coro “Totus Tuus”, che anima la celebrazione, suona il Magnificat mentre finalmente appaiono le bare nel rettangolo del campo da gioco che, ancora una volta, questa sera diviene aula liturgica. Un fragoroso applauso le accoglie sovrapponendosi al canto.

Fuori inizia a piovere a dirotto, giusto in tempo portarsi dentro al riparo. La pioggia spesso accompagna eventi importanti, non solo a Matera, ma per rimanere “in casa” ricordiamo, ad esempio, esattamente 70 anni fa i funerali sotto l’acqua di Mons. Cavalla, 33 anni fa l’arrivo di S. Giovanni Paolo II a Matera… e – per rimanere in tema di PalaSassi – in tempi molto più recenti, la presa di possesso di Mons. Colaianni della Diocesi di Campobasso.

Un senso di autentica partecipazione

Alle 18 in punto, nel mezzo del parquet del campo sportivo, dietro la croce astìle si avvia la processione con i ministri pronti a celebrare le esequie di questi due giovani caduti sul lavoro, morti per asfissia, non carbonizzati (questo il referto dell’autopsia). C’è una rappresentanza del clero della nostra Diocesi, assieme a don Pino Marino, parroco di “Santa Maria Assunta” in Nova Siri, e infine l’Arcivescovo Mons. Antonio G. Caiazzo, che ha presieduto la celebrazione.

Mai questi Vigili avrebbero immaginato di concludere la propria parabola terrena con un saluto così importante, onorati dalla presenza di tanti colleghi, dagli allievi Vigili del Fuoco, da una nutrita rappresentanza di popolo materano, da alte autorità civili, non solo della provincia materana (sindaci e presidente, prefetto e questore), ma anche dal sottosegretario all’Interno con delega ai Vigili del fuoco, Emanuele Prisco, dal capo Dipartimento dei vigili del fuoco, prefetto Renato Franceschelli, dal capo del Corpo nazionale, Carlo Dall’Oppio…

Certo, si sono “educati ad amare e salvare ogni vita facendosi carico della fatica, del dolore e della disperazione di ogni persona, pur di salvarla”, dice l’Arcivescovo nell’omelia. E il funerale ne è il punto di arrivo.

Due colleghe dei defunti proclamano prima lettura – tratta dalla lettera di S. Paolo ai Romani (“Fratelli, non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte?”, Rm 6, 3-9) – e salmo responsoriale (“Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi”, Sal 27), mentre il diac. Giuseppe Centonze il brano evangelico della resurrezione di Lazzaro (Gv 11, 32-45).

L’omelia di Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo

“Mai come in questo momento risuonano vere le parole di Gesù: «Chi vorrà salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia la salverà»”, sono le parole del Vescovo nell’omelia. E a proposito dell’eroica morte prematura dei Vigili, sottolinea anche l’Arcivescovo, “quanto sapremo fare noi, in termini di amore, dopo che i riflettori su questa storia si saranno spenti, darà ancora più valore ed esemplarità alle loro morti”.

Ma il messaggio clou nell’omelia, porgendo il quale anche il vescovo viene tradito dalla commozione, è quello sulle lacrime di Gesù commosso e addolorato per la morte dell’amico Lazzaro: “Le sue lacrime si uniscono alle nostre, perché anche Lui soffre ogni qual volta la vita viene segnata dalla morte”. E Mons. Caiazzo ha focalizzato l’attenzione sulle parole del brano evangelico «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!»: “Ognuno di noi potrebbe dire: Mio figlio, mio marito, mio padre, mio fratello, mio nipote, i miei colleghi, i miei amici…non sarebbero morti. Dove eri? Già: dov’era Dio? E Dio era lì, presente sempre, era il figlio, il marito, il padre, il fratello, era chi moriva in quel momento nuovamente crocifisso da malvagità o incuria di altri uomini. Gesù, a noi come a Marta e Maria, dice: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno»”.

Di seguito il testo integrale dell’omelia.

Sempre efficaci, inoltre, le parole della liturgia che nel prefazio ci ricorda che nella morte “la vita non è tolta, ma trasformata”. Nondimeno i gesti liturgici, come quelli dell’aspersione e dell’incensazione delle bare: “Era questo un gesto – è la spiegazione dell’Arcivescovo – riservato a sovrani e imperatori. Ma i due Vigili, come ogni battezzato, sono figli di Dio, quindi molto di più”.

I discorsi di commiato

Lasciano un segno i discorsi, composti e dignitosi ma non freddi, della vedova di Giuseppe Martino, Annalisa, che da oggi dovrà essere “contemporaneamente madre e padre di Melissa ed Eustachio e attende il momento in cui il suo compito sarà terminato per ricongiungersi con suo marito. E spera di esserne all’altezza!”.

Poi di un’amica di famiglia di Nicola Lasalata: tanti i ricordi, la sottolineatura dell’umiltà, dell’autoironia e della bontà del Vigile deceduto, conclusa con la lettura nella traduzione italiana, accompagnata dalla base musicale, del testo di una canzone tedesca “Zeit”, in italiano ‘Tempo’: “Dopo di noi ci sarà il prima. Continuiamo a morire, finché viviamo. Quando la nostra ora è giunta, allora è tempo di andare, smettere. Quando è il momento migliore, gli orologi si fermano”.

Non meno incisivo il discorso delle Comandante provinciale dei Vigili del fuoco di Matera dei Vigili, Maddalena Lisanti: il primo pensiero alla famiglia e alle vedove a cui toccherà crescere i propri figli “nel ricordo di uomini buoni e valorosi, amati da tutti noi colleghi, papà sempre presenti… quell’afoso pomeriggio del 17 luglio abbiamo sperato che fosse un problema tecnico l’impossibilità di comunicare con i giovani vigili intervenuti nell’incendio a Nova Siri ma poi… la nostra vita è cambiata di colpo. Tutta l’Italia si è stretta intorno a noi: Piantedosi e le alte cariche istituzionali dello Stato da cui è emersa tanta umanità perché uomini e donne che lavorano onestamente. Sono orgogliosa dei ‘miei’ vigili – così mi piace chiamare non solo Nicola e Giuseppe ma tutti quelli della provincia di cui sono comandante – esempio di dedizione al lavoro! Viva Nicola! Viva Giuseppe! Viva i vigili del fuoco”.

Di seguito l’audio integrale dei saluti.

Quali frutti da un evento che ha attanagliato Matera tra rabbia e dolore?

Cosa ci rimane di questa vicenda una volta che i due Vigili non ci sono più? Lungi da commenti inutili o riflessioni sull’ineluttabilità del destino, che nulla costruiscono (e alle volte infastidiscono), certamente quest’evento ci responsabilizza: un atto di malvagità o d’incuria possono costare la vita utile di chi nel fiore delle forze può essere ancora strumento di bene.

Inoltre, ci dà la concreta consapevolezza che si muore sul lavoro, e che c’è chi ancora oggi offre la propria vita “per aiutare ognuno di noi a vivere una vita migliore” (sono ancora le parole dell’omelia).

Nondimeno, la speranza che queste morti possano portare ricchi frutti che nessuno oserebbe nemmeno sperare: «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo, se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24).

Scrivi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Giuseppe Longo

Latest videos