“Maria si destò e andò in fretta” (Lc 1,39) è il tema della 37^ Giornata Mondiale della Gioventù che 160 giovani lucani, con le loro magliette arancioni, rosse e verde, insieme ad altri 60mila italiani e 300mila di180 paesi di tutto il mondo, stanno vivendo in questi giorni a Lisbona.
Giornate di riflessione sui temi della custodia del creato e della fratellanza universale, di dibattito e confessioni in uno spirito di allegria e di freschezza giovanile rinvigorita dalla presenza del Papa che ha pronunciato il discorso di apertura e presieduto la Via Crucis.
Ma, allo stesso tempo, in altre parti del mondo, si muore per la guerra o per la fame. E’ questo è il vero punto di snodo tra ricchezza e povertà, tra benessere e fame, tra democrazia e dittatura. Le guerre si combattono per sete di potere e non per assicurare pace e giustizia ai popoli. Possono assicurare un vantaggio economico o territoriale ma sempre a spese dei poveri, dei fragili, degli indifesi. Questo scenario si presenta quando si perdono le guerre sul campo di battaglia oppure, con effetti ancora più devastanti, si perdono con la corrosione lenta della speranza di vita dei popoli coinvolti nelle stesse guerre.
Questa situazione si materializza plasticamente in Ucraina dove i bombardamenti russi oltre alle distruzioni provocate nelle città ora si stanno riversando sui depositi di grano e sulle attrezzature portuali necessarie per imbarcare e spedire il grano nelle varie destinazioni, con particolare riferimento alle zone povere del pianeta.
Purtroppo anche in Italia il sostegno alla povertà langue. Infatti, l’economia dà segnali di ripresa e fa registrare buoni dati statistici ma il PIL ristagna sempre, la povertà aumenta e i meccanismi di sostegno diminuiscono. Certo, dovremmo interrogarci anche su questi fenomeni, che da noi si verificano anche senza avere guerre in corso. Ci resta la speranza, speranza che ci trasmette Papa Francesco da Lisbona.
Infatti, all’inizio della Via Crucis, Bergoglio lancia il suo appello: «Occorre correre il rischio di amare, Gesù ci accompagna sempre» facendo intendere che per i poveri dobbiamo correre il rischio di sporcarci le mani. Ed il Papa lo fa assumendo un’iniziativa di pace sulla guerra in Ucraina prima inviando il card. Matteo Zuppi a Kiev, a Mosca e a Washington ed ora inviandolo a Pechino nella consapevolezza che solo il coinvolgimento dei grandi e delle parti interessate potrà risolvere la situazione.
«Tutte queste iniziative sono ciò che io chiamo “un’offensiva per la pace”», così Papa Francesco ha riassunto in una intervista le mosse della Santa Sede davanti alla guerra in Ucraina. I passi della “diplomazia umanitaria” hanno dato un primo ragguardevole risultato con l’impegno concreto ad affrontare alcuni tra i dossier più spinosi, a cominciare dallo scambio di prigionieri e attivare percorsi per il rimpatrio in Ucraina di quei bambini per i quali è stato denunciato il trasferimento forzato.
L’iniziativa vaticana fa sperare al meglio per il futuro della martoriata terra ucraina ed anche le parole del Papa a Fatima lasciano spazio all’ottimismo: «Nella Chiesa c’è spazio per tutti e, quando non c’è, per favore, facciamo in modo che ci sia, anche per chi sbaglia, per chi cade, per chi fa fatica».
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