L’esile lamento di un bambino e l’umanità di un giornalista lucano

«Era in braccio al carabiniere, con due occhioni grandi, guardava tutti, sembrava non capire cosa gli facevamo, era spaesato, ma nulla di più». E’ quanto ha affermato Bartolomeo, 28 anni, volontario del coordinamento Misericordie dell’Area fiorentina che è stato tra i primi ad accertarsi delle condizioni del piccolo Nicola, ritrovato nei boschi del Mugello dopo ore e ore di ricerche. Ma il ritrovamento è stato propiziato da un gesto di generosità del giornalista lucano (di Tursi) de “La Vita in Diretta” Giuseppe Di Tommaso.

Il giornalista Giuseppe Di Tommaso, inviato de “La Vita in Diretta”

E’ una storia incredibile quella che si è verificata in questi giorni nei boschi di Palazzuolo sul Senio (FI) nell’Alto Mugello a seguito della scomparsa del piccolo Nicola Tanturli, successivamente ritrovato per puro miracolo dal predetto giornalista lucano.

Ma come si sono svolti i fatti? Il bambino scompare la sera del 21 giugno e la denuncia della scomparsa viene fatta dai genitori solo nove ore dopo. Questo ritardo sarebbe stato attribuito alla particolare situazione dei luoghi (zona boschiva con poche strade) che consente una vita libera all’aria aperta anche ai bambini per cui l’assenza prolungata non sarebbe stata notata. Il bambino si sarebbe allontanato nel tardi pomeriggio trascorrendo un giorno e due notti da solo nel bosco prima di essere ritrovato in fondo ad una scarpata.

Il luogo del ritrovamento, di difficile accesso perchè servito solo da una strada sterrata,  si situerebbe dai 3 ai 5 chilometri dalla casa a seconda del percorso che il bambino, perdutosi, avrebbe fatto.

Il “miracolo”, come l’ha definito lo stesso Di Tommaso,  si è verificato quando, trovandosi sul posto come cronista della trasmissione “La Vita in Diretta”, si era fermato per un malore ed ha sentito un fioco lamento di bambino. Decide di scendere un pò nella scarpata e la voce del bambino diventa più chiara tanto che, ai richiami del giornalista, Nicola risponde chiamando la mamma. A questo punto Di Tommaso non esita un istante e avendo sentito l’avvicinarsi di un mezzo dei carabinieri attira l’attenzione degli stessi pregandoli di scendere nella scarpata per aiutarlo.

Il caso fortuito descritto fa pensare al miracolo perché, una volta scesi giù, il giornalista ed il carabiniere trovano questo bambino di 21 mesi vestito in apparenti buone condizioni di salute, solo con qualche graffio, con le scarpe e con lo stesso abbigliamento che aveva presumibilmente al momento dell’allontanamento da casa.

Oggi le cronache fanno emergere molti interrogativi sulla vicenda e la Procura di Firenze avrebbe aperto un fascicolo di indagine senza indagati e senza indicazione di reato. Resta comunque la parte positiva della vicenda che è stata solo frutto del senso di umanità del giornalista che ha evitato una tragedia.

Infatti, questa vicenda ha dimostrato che il buon senso, la disponibilità, la solidarietà verso le persone, un esserino indifeso di 21 mesi in questo caso, non solo ha consentito di salvare la vita al bambino stesso ma ha evitato chissà quali e quanti altri traumi ai familiari ed alle persone vicine alla famiglia. E’ questa la classica vicenda su cui Papa Francesco ha costruito il suo annuale Messaggio in occasione della Giornata Mondiale per le Comunicazione sociali: “Vieni e vedi”, secondo la cui logica non bisogna esitare a muoversi per cercare la verità, anche la più difficile, se è il  caso sporcandosi le scarpe e ciò soprattutto per aiutare le persone più fragili e indifese.

«È pazzesco, se penso alla sua voce non riesco a non commuovermi», ha detto Di Tommaso con la voce incrinata dall’emozione. Il giornalista, originario di Tursi, fa sentire l’orgoglio della stessa appartenenza a tutti i lucani quasi a immedesimarsi a lui nel momento della decisione di scendere nel fosso per portare soccorso a quell’esserino sofferente che implorava aiuto.

Questo episodio richiama alla mente le tanti voci di persone sofferenti che da ogni parte del mondo chiedono aiuto, a volte in maniera manifesta e gridata altre volte in maniera silenziosa accollandosi il peso dei propri problemi con pudore e quasi vergogna fino al punto di giustificare la mancanza di aiuto.

Penso ai tanti poveri migranti che rischiano la vita attraversando il deserto, subendo le vessazioni di scafisti aguzzini ed infine affrontando con paura e coraggio allo stesso tempo  le onde agitate del Mar Mediterraneo sognando un paese che possa accoglierlo da essere umano.

Cosi viene naturale chiedersi come si può rimanere indifferenti al grido di dolore e aiuto di persone finite in mare dopo l’affondamento delle proprie bagnarole e non fermarsi a prestare soccorso a motivo di una legge impedisce di raccogliere clandestini? Forse bisognerebbe prima chiedere i documenti per accertarne la nazionalità, lo stato civile o addirittura il colore della pelle? Queste sono le miserie umane che affliggono il tempo che stiamo vivendo all’inizio di un nuovo millennio.       

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Giuseppe Longo

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