Per chi è arrivto a San Pietro dal lato dell’ex Sant’Uffizio, ma anche dal lato opposto di Porta Sant’Anna, il colpo d’occhio è stato quello di una valanga di persone in fila ai varchi verso il colonnato. Uno “spettacolo” cominciato già alle prime ore del mattino, con pellegrini e fedeli in paziente attesa dell’apertura della piazza. I posti a sedere nella piazza sono tutti occupati. Presenti più di 60mila fedeli in San Pietro.
Campane a morto e bara in piazza San Pietro per la recita del Rosario
Alle 8.50 in punto, come da cerimoniale, la bara di cipresso con le spoglie del Papa emerito Benedetto XVI è stata trasportata dalla basilica sul sagrato dai sediarii, i Gentiluomini di Sua Santità.
Dalla piazza, già piena, e dai cardinali, vescovi e sacerdoti presenti è partito subito un caloroso applauso, che si è ripetuto più volte, e in particolare quando monsignor Georg Gänswein, segretario particolare del Papa emerito, ha adagiato e aperto il Vangelo sulla bara, deposta al centro del sagrato, e si è inginocchiato per baciarla. Poi la folla di fedeli ha cominciato a recitare il Rosario. Sullo sfondo, il suono delle campane a morto provenienti dalla basilica.
Mentre celebra il decano del Collegio cardinalizio, il cardinale Giovanni Battista Re. Va ricordato che sono stati accreditati oltre mille giornalisti, 3.700 i sacerdoti presenti alle esequie. Le delegazioni ufficiali sono quelle dell’Italia e della Germania ma ci saranno, a titolo personale, anche tanti Capi di Stato. Fino a ieri, 200mila persone avevano reso omaggio alle spoglie di Joseph Ratzinger in basilica, superando ogni aspettativa della vigilia.
Il sagrato di San Pietro, dove è cominciata la recita del Rosario prima dell’inizio dei funerali di papa Benedetto XVI, è costellato di bandiere e striscioni a ricordare Benedetto XVI e la sua vita a servizio della Chiesa; in uno degli striscioni di gratitudine si legge la scritta in tedesco, “Danke Benedikt”. Sono tantissimi in piazza i fedeli tedeschi venuti per l’ultimo saluto a Joseph Ratzinger.
Presenze ufficiali, le delegazioni di Italia e Germania con il nostro presidente Sergio Mattarella, la premier Giorgia Meloni e un nutrito numero di ministri e membri del governo, insieme al presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier, al cancelliere Olaf Scholz e al premier bavarese Markus Soder. Presenti anche il re del Belgio Filippo con la moglie Mathilde e la regina madre di Spagna Sofia ed altri rappresentanti di Stato ma tutti a titolo personale. A loro si sono aggiunte le Chiese cristiane, compreso il Patriarcato di Mosca, e i rappresentanti di altre confessioni religiose. Tutti, con la foltissima folla di fedeli, si sono stretti attorno a Benedetto XVI nella preghiera del Rosario.
Fatto inedito, capitato pochissime volte nella storia millenaria delle Chiesa, un Papa in carica che benedice la salma del suo precedessore.
Un papa dal carattere umile, dolce, schivo, con grande capacità di ascolto, ma dotato di grande coraggio per affrontare i tanti momenti difficili del suo pontificato e alcune problematiche presenti nella Chiesa che nessuno, prima, aveva voluto affrontare come gli abusi sessuali sui minori.
La gratitudine di Francesco: «Siamo qui con il profumo della gratitudine e l’unguento della speranza per dimostrargli, ancora una volta, l’amore che non si perde; vogliamo farlo con la stessa unzione, sapienza, delicatezza e dedizione che egli ha saputo elargire nel corso degli anni»
“Anche noi, saldamente legati alle ultime parole del Signore e alla testimonianza che marcò la sua vita, vogliamo, come comunità ecclesiale, seguire le sue orme e affidare il nostro fratello alle mani del Padre: che queste mani di misericordia trovino la sua lampada accesa con l’olio del Vangelo, che egli ha sparso e testimoniato durante la sua vita”. Così il Papa, nella parte finale dell’omelia per i funerali del Papa emerito, si è riferito a Joseph Ratzinger, in un’omelia tutta incentrata sulle ultime parole pronunciate da Gesù sulla croce, ascoltate ne Vangelo letto poco prima: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Poi la citazione di San Gregorio Magno: “In mezzo alle tempeste della mia vita, mi conforta la fiducia che tu mi terrai a galla sulla tavola delle tue preghiere, e che, se il peso delle mie colpe mi abbatte e mi umilia, tu mi presterai l’aiuto dei tuoi meriti per sollevarmi”. Di seguito l’Omelia integrale:
Il Testamento spirituale di Benedetto XVI
Benedetto XVI, le parole del Rogito: ha lasciato un patrimonio sulle verità di fede
Di Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano da Vatican News
Benedetto XVI è stato “un interlocutore che ha scelto di operare su di un tipo di ascolto molto elevato, alto nei contenuti e nella riflessione religiosa, cercando di cogliere comunanze teologiche, e considerando anche le fonti ebraiche come fonti di ispirazione per il percorso della Chiesa”. Noemi di Segni, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, ricorda così, a Radio vaticana – Vatican News, Joseph Ratzinger, da lei mai incontrato direttamente, ma vissuto durante la visita che il Papa emerito fece alla sinagoga a Roma, un evento storico, il 17 gennaio del 2010, secondo Pontefice nella storia ad entrare nel tempio, dopo Giovanni Paolo II nel 1986. “Seguii molto attentamente i discorsi fatti in quel momento – racconta Di Segni, che sarà presente al funerale a capo di una delegazione dell’Ucei e con membri dell’Assemblea Rabbinica italiana – e ho avuto modo di rileggere nuovamente il suo in questi giorni, per rammentare anche a noi stessi che tipo di esplicitazioni vennero fatte in quella sede”.
Di Michele Raviart – Città del Vaticano da Vatican News
“Sono consapevole che musulmani e cristiani hanno approcci diversi nelle questioni che riguardano Dio, tuttavia, possiamo e dobbiamo essere adoratori dell’unico Dio che ci ha creati e che ha cura di ogni persona in ogni angolo della terra”. La Coreis, Comunità religiosa islamica italiana, ha scelto questo passaggio dell’udienza di Benedetto XVI ai partecipanti al forum cattolico-islamico del 2009 per ricordare la figura del Papa emerito e il suo impegno nel dialogo con l’Islam.
I media vaticani a colloquio con il segretario del Papa emerito scomparso il 31 dicembre: il ricordo commosso delle ultime ore e dei tanti anni trascorsi al suo fianco
Di Silvia Kritzenberger da Vatican News
Provato, commosso, ma al tempo stesso in pace. L’arcivescovo Georg Gänswein, prefetto della Casa Pontificia e segretario particolare prima del cardinale Joseph Ratzinger e poi di Papa Benedetto XVI, è negli studi di Radio Vaticana. Racconta gli ultimi momenti dell’esistenza terrena dell’uomo che dal 2005 al 2013 ha servito la Chiesa come Vescovo di Roma per poi compiere una scelta storica con la rinuncia al pontificato avvenuta quasi dieci anni fa.
Migliaia di fedeli hanno reso omaggio alle spoglie mortali del Papa emerito. Lei ha trascorso una grande parte della sua vita con lui come vive questo momento?
Umanamente, molto sofferente. Mi fa male, soffro… Spiritualmente, molto bene. So che Papa Benedetto adesso è dove voleva andare.
Quale era lo spirito con cui Benedetto XVI ha vissuto questi ultimi giorni? Quali sono state le sue ultime parole?
Le sue ultime parole non le ho sentite io con le mie orecchie, ma la notte prima della morte le ha sentite uno degli infermieri che faceva la guardia. Verso le tre: “Signore, ti amo”. L’infermiere me l’ha detto la mattina appena sono arrivato nella camera da letto, queste sono state le ultime parole veramente comprensibili. Di solito, pregavamo le lodi davanti al suo letto: anche quella mattina ho detto al Santo Padre: “Facciamo come ieri: io prego ad alta voce e lei si unisce spiritualmente”. Non era infatti più possibile che potesse pregare ad alta voce, era proprio affannato. Lì ha soltanto un po’ aperto gli occhi – aveva capito la domanda – e ha fatto segno di sì con la testa. Così ho incominciato. Verso le 8 iniziava a respirare in maniera sempre più affannata. C’erano due medici – il dottor Polisca e un rianimatore – e mi hanno detto: “Temiamo che adesso verrà il momento in cui dovrà sostenere l’ultima sua lotta in terra”. Ho chiamato le memores e anche suor Brigida, ho detto loro di venire perché si era arrivati all’agonia. In quel momento era lucido. Avevo già preparato prima le preghiere di accompagnamento per il moribondo, e abbiamo pregato per circa 15 minuti, tutti insieme mentre Benedetto XVI respirava sempre più affannato, sempre più si vedeva che non riusciva a respirare bene. Allora ho guardato uno dei dottori e ho chiesto: “Ma, è entrato in agonia?”. Mi ha detto: “Sì, è iniziata ma non sappiamo quando tempo dura”.
E poi che cosa è accaduto?
Eravamo lì, ognuno poi ha pregato in silenzio, e alle 9.34 ha fatto l’ultimo respiro. Poi abbiamo continuato le preghiere non più per il moribondo ma per il morto. E abbiamo concluso cantando “Alma Redemptoris Mater”. È morto nell’ottava di Natale, il suo tempo liturgico preferito, nel giorno di un suo predecessore – San Silvestro, Papa sotto l’Imperatore Costantino. Era stato eletto nella data in cui si fa memoria di un Papa tedesco, san Leone IX, dell’Alsazia; è morto nel giorno di un Papa romano, san Silvestro. Ho detto a tutti: “Chiamo subito Papa Francesco, è il primo che deve sapere”. L’ho chiamato, e lui ha detto: “Vengo subito!”. Poi è venuto, l’ho accompagnato nella stanza da letto dove è morto e ho detto a tutti: “Rimanete”. Il Papa ha salutato, gli ho offerto una sedia, si è seduto accanto al letto e ha pregato. Ha dato la benedizione e poi si è congedato. Questo è accaduto il 31 dicembre 2022.
Quali parole del suo testamento spirituale l’hanno più toccata?
Il testamento come tale mi ha toccato molto. Scegliere qualche parola è difficile, devo dire. Ma questo testamento l’aveva scritto già il 29 agosto 2006: la festa liturgica del martirio di San Giovanni Battista. È scritto a mano, molto leggibile, molto piccolo ma leggibile, nel secondo anno del Pontificato. In tedesco si dice “O-Ton Benedikt”, cioè “questo è proprio Benedetto”. Se avessi avuto un testo come tale, non conoscendo l’autore, l’avrei riconosciuto. Dentro c’è lo spirito di Benedetto. Leggendolo o meditandolo si vede è proprio il suo. Tutto lui è qui dentro, in due pagine.
È in sintesi un ringraziamento a Dio e alla famiglia …
Sì. È un ringraziamento ma anche un incoraggiamento ai fedeli, a non lasciarsi depistare da nessuna ipotesi né in campo teologico o filosofico né in qualsiasi altro campo. Alla fin fine, è la Chiesa che comunica, è la Chiesa, il Corpo di Cristo che vive, che comunica la fede a tutti e per tutti. Qualche volta anche in teologia, se ci sono teorie molto illuminate o che sembrano tali, può essere che dopo un anno o due siano già passate. È la fede della Chiesa cattolica, è questo che ci porta veramente alla liberazione e ci mette in contatto con il Signore.
Qual è il messaggio più forte del suo pontificato?
La sua forza sta nel motto che ha scelto quando è diventato arcivescovo di Monaco, citando la terza lettera di Giovanni: “cooperatores veritatis”, cioè “collaboratori della verità”, vuol dire che la verità non è qualcosa di pensato, ma è una persona: è il Figlio di Dio. Dio si è incarnato in Gesù Cristo, in Gesù di Nazaret e questo è il suo messaggio: seguire non una teoria sulla verità, ma seguire il Signore. “Io sono la via, la verità e la vita”. È questo il suo messaggio. Un messaggio che non è un fardello: piuttosto è un aiuto per portare tutti i pesi di ogni giorno, e questo dà gioia. I problemi ci sono, ma più forte è la fede, la fede deve avere l’ultima parola.
Il mondo non dimenticherà mai quell’11 febbraio 2013, l’annuncio della rinuncia. C’è chi continua a dire che non sia stata una libera scelta o addirittura che lui abbia voluto in qualche modo rimanere Papa. Cosa ne pensa?
Questa stessa domanda, l’ho posta io stesso a lui in diverse situazioni dicendogli: “Santo Padre, cercano una dietrologia sull’annuncio dell’11 febbraio dopo il concistoro. Cercano, cercano, cercano…”. Benedetto ha risposto: “Chi non crede che ciò che ho detto è il vero motivo della rinuncia, non mi crederà nemmeno se dico adesso ‘Credetemi, è così!’”. Questo è e rimane l’unico motivo e non lo dobbiamo dimenticare. Mi aveva preannunciato questa decisione: “Devo farlo”. Io sono stato tra i primi che hanno cercato di dissuaderlo. E lui mi ha risposto con nettezza: “Senta, non chiedo un suo parere, ma comunico una mia decisione. Pregata, sofferta, presa coram Deo”. C’è chi non crede o fa teorie, dicendo che avrebbe “lasciato una parte ma mantenuto un’altra parte”, eccetera: tutti quelli che dicono ciò fanno solo teorie su una parola o sull’altra e alla fin fine non si fidano di Benedetto, di ciò che ha detto. Questo è proprio un affronto contro di lui. Certo, ognuno ha la sua volontà, la sua libertà e può dire cose sensate o meno sensate. Ma la nuda verità è questa: non aveva più la forza di guidare la Chiesa, come ha detto in latino quel giorno. Io ho chiesto: “Santo Padre, perché in latino?”. Ha risposto: “Questa è la lingua della Chiesa”. Chi crede di trovare o di dover trovare qualche altro motivo, sbaglia. Il vero motivo l’ha comunicato lui. Amen.
Quale aspetto l’ha più colpita stando vicino a Benedetto nel lungo periodo trascorso da emerito?
Sono quasi dieci anni. Benedetto – già da cardinale, già da professore – ha avuto una grandissima dote. Tanti dicono l’umiltà: sì, questo è vero, ma anche – questo forse non si vedeva così bene – una capacità di accettare quando le persone non erano d’accordo ciò che diceva. Da professore è normale: c’è il confronto, il discorso, la “lotta” tra i diversi argomenti. In questo contesto si usano anche parole forti, ma senza mai ferire e se possibile, senza far polemica. Un’altra cosa è quando uno è vescovo e poi Papa: predica e scrive non come privato, ma come uno che ha ricevuto il mandato di predicare e di essere il pastore di un gregge. Il Papa è il primo testimone del Vangelo, anzi, del Signore. E lì abbiamo visto che le sue parole, le parole del Successore di Pietro, non sono state accettate. Ma questo ci dice che la guida della Chiesa non si fa soltanto comandando, decidendo ma anche soffrendo, e questa parte della sofferenza non era poca. Quando è diventato emerito, certamente tutta la responsabilità e tutto il pontificato erano finiti per lui.
Pensava che sarebbe vissuto così a lungo dopo la rinuncia?
Circa tre mesi fa gli ho detto: “Santo Padre, stiamo arrivando al mio decimo anniversario di episcopato: Epifania 2013, Epifania 2023. Dobbiamo festeggiare”. Ma vuol dire anche dieci anni dalla sua rinuncia. Alcuni mi dicono: “Ma come mai ha rinunciato dicendo che non ha più le forze e poi ancora vive da dieci anni? E lui ha risposto: “Devo dire che sono il primo che si meraviglia che il Signore mi abbia dato più tempo. Io pensavo un annetto al massimo, e me ne ha dati 10! E 95 è una bella età, ma anche gli anni e la vecchiaia hanno il loro peso, anche per un Papa emerito”. Diceva ancora: “L’ho accettato e ho cercato di fare ciò che avevo promesso: pregare, essere presente e anzitutto accompagnare il mio successore con la preghiera”. E questo è molto bello. Anche raccomando ad alcuni che hanno problemi con questo di rileggere ciò che ha detto Benedetto, ringraziando Papa Francesco nella Sala Clementina in occasione del 65.mo dell’ordinazione sacerdotale. Infine una volta ho detto scherzando, in modo non molto elegante: “Santo Padre lei ha fatto i conti senza l’oste”… Lui ha replicato: “Io non ho fatto nessun conto: ho accettato ciò che mi ha dato il Signore. Mi ha dato questo, devo ringraziarLo. Questa è la mia convinzione. Altri possono avere altre idee, teorie o convinzioni, ma questa è la mia”.
Quale è stato il più grande insegnamento per la sua vita e che cosa le mancherà di più di Joseph Ratzinger?
Il più grande insegnamento è che la fede scritta, la fede pronunciata e annunciata non è soltanto qualcosa che lui ha detto e predicato, ma che ha vissuto. Cioè, l’esempio per me è che la fede imparata, insegnata e annunciata è diventata la fede vissuta. E questo per me – anche in questo momento in cui soffro, non da solo – è un grande sollievo spirituale.
Nel suo testamento Benedetto scrive: “Se in quest’ora tarda della mia vita guardo indietro ai decenni che ho percorso, per prima cosa vedo quante ragioni abbia per ringraziare”. Era un uomo felice, realizzato?
Era un uomo profondamente convinto che nell’amore del Signore non si sbaglia mai, anche se umanamente si fanno tanti errori. E questa convinzione gli ha dato la pace e – si può dire – questa umiltà e anche questa chiarezza. Diceva sempre: “La fede dev’essere una fede semplice, non semplicistica, ma semplice. Perché tutte le grandi teorie, tutte le grandi teologie si basano sul fondamento della fede. E questo è e rimane l’unico nutrimento per se stessi e anche per altri”.
Grazie per essere stato con noi.
Sono io che vi ringrazio per questo invito: sono venuto molto volentieri e so bene che Papa Benedetto si sentiva molto sostenuto e anche – se posso dirlo – amato, amato per ciò che voi avete fatto, e anche circondato dal vostro affetto.
A creare l’occasione è il tweet di un giornalista di origini indiane, Sachin Jose, che il 29 dicembre quando il mondo intero pregava per Benedetto XVI dopo l’invito lanciato da papa Francesco, scriveva: «Joseph Ratzinger ha aiutato molte persone a convertirsi al cattolicesimo. Se sei tra questi convertiti commenta e racconta la tua storia». Le risposte non si fanno attendere e propongono un caleidoscopio di storie, esperienze, frammenti di vita e idee. Il popolo di Twitter, ovviamente, non risparmia anche qualche critica ma a prevalere sono i racconti di come il Papa emerito abbia toccato i cuori e le esistenze accompagnando a volte percorsi di crescita, altre vere e proprie trasformazioni interiori. «Mi sono convertita dal protestantesimo al cattolicesimo grazie a Joseph Ratzinger – scrive Martina, artista e fotografa di Tubinga, in Germania –. Quando è diventato Papa nel 2005 sono stata toccata dal suo carisma: una fede profonda, luminosa e umile. Così ho cominciato a leggere i suoi libri… È un teologo eccezionale!
Un grande dono per la Chiesa Cattolica». Dalla Florida arriva il racconto di Thomas: «Ho ascoltato una lezione di Ratzinger al Seminario di San Carlo Borromeo di Filadelfia nel 1989. All’epoca ero uno studente al Princeton Theological Seminary, in formazione per diventare pastore presbiteriano. Da lì è iniziato un viaggio che mi ha portato alla conversione l’anno successivo». Da Praga Martin rivela che di fatto Ratzinger «è stato il mio maestro, attraverso i suoi fantastici libri di teologia, mentre mi stavo preparando al Battesimo e alla Cresima, ricevuti tre anni fa».
Tim, dal Texas, ammette che «non sarei cattolico senza la sua influenza. Lo ammiravo quando ero evangelico e ho letto molti dei suoi libri e altri scritti. Hanno avuto un profondo impatto su di me». Benedetto XVI, racconta Sally, scrittrice e poetessa che vive vicino a Roma ma è di origini inglesi, «è stato Papa durante la mia conversione. Ha avuto un enorme impatto sulla mia decisione di diventare cattolica».
E poi c’è chi ha ritrovato la fede perduta, oppure una nuova motivazione a credere grazie alle parole e agli scritti di Benedetto XVI. Aaron, prete di Oklahoma City, ha rischiato di perdere la propria strada: «Sono entrato nella Chiesa nel 2000 – narra –. Poi la stavo per lasciare (lunga storia). Papa Benedetto mi ha riportato a casa. Ora sono sacerdote, ordinato nel 2015». Un “ritorno a casa” anche per Jessica, che dice di essere tornata nella Chiesa «dopo il divorzio dei miei genitori e la perdita della fede». L’«approccio intellettuale » di Benedetto XVI, rivela, le ha aperto gli occhi sul rapporto tra fede e ragione e le ha fatto capire che «la Chiesa cattolica era la Chiesa fondata da Gesù: una, santa, cattolica e apostolica ».
Insomma, conclude Jessica, per lei Ratzinger è stato uno “strumento di Dio”. Esperienza simile per Lucas: «Grazie a Benedetto XVI ho cominciato a studiare teologia. E lo rifarei». Ibi, psicologa del Perù, non nasconde il fatto di aver perso la fede e di essersi allontanata dal cattolicesimo: «Non riuscivo a capire il motivo di tanti eventi ingiusti – scrive su Twitter – e non trovavo risposte o soluzioni davanti a complessi contesti di ingiustizia». La “soluzione”, afferma poi la psicologa, è arrivata da Benedetto XVI: «Le sue riflessioni mi hanno aiutato a ritrovare la fede e anche a trovare rifugio e calma nella preghiera».
E infine da Melbourne, in Australia, anche Ignatius testimonia l’importanza dell’opera di Benedetto XVI nella sua esistenza: «Gli scritti di Joseph Ratzinger mi hanno aiutato immensamente nella mia fede – racconta –. Ha una conoscenza così ampia e profonda, eppure scrive con magnifica semplicità. La sua scrittura non attira mai l’attenzione su di sé. È un tesoro della Chiesa».
Di Matteo Liut da Avvenire di mercoledì 4 gennaio 2023
L’omaggio della CEI al Papa emerito Benedetto XVI
Intanto, ieri 4 dicembre, alle 15.00, il Card. Matteo Zuppi e Mons. Giuseppe Baturi, rispettivamente Presidente e Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, si sono recati presso la Basilica Vaticana per rendere omaggio al Papa emerito Benedetto XVI. Insieme a loro, una delegazione di 150 persone in rappresentanza dei Direttori, dei Responsabili e del personale degli Uffici, dei Servizi e degli Organismi collegati alla CEI.
Il Presidente e il Segretario hanno sostato per circa 10 minuti in silenzio davanti alla salma del Papa emerito. Successivamente il Card. Zuppi ha guidato un momento di preghiera: “O Dio, che dai la giusta ricompensa agli operai del Vangelo – è stata l’invocazione – accogli nel tuo regno il tuo servo, il Papa emerito Benedetto, che hai costituito successore di Pietro e pastore della Chiesa, e donagli la gioia di contemplare in eterno i misteri della grazia e della misericordia che sulla terra ha fedelmente dispensato al suo popolo”.
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