Nel suo discorso di fine anno, il Presidente Sergio Mattarella ha offerto una prospettiva che, pur muovendosi in un contesto laico, dialoga profondamente con la visione cristiana della speranza. Rivolgendosi agli italiani, ha affermato: “La speranza siamo noi”, un passaggio che sottolinea come la speranza non sia un’attesa passiva, ma una responsabilità condivisa, un impegno per costruire un futuro migliore attraverso la solidarietà, il dialogo e la fiducia reciproca.
Queste parole trovano eco nell’idea cristiana di speranza che, pur essendo dono di Dio, fondata sulla persona di Cristo “via, verità e vita” si rende visibile nelle azioni concrete di chi vive nella certezza che Dio è presente ed opera nella storia.
Durante gli esercizi spirituali di Comunione e Liberazione, Mons. Giovanni Paccosi ha utilizzato l’immagine dell’àncora per descrivere la speranza cristiana, un’immagine profondamente evocativa e radicata nella tradizione biblica. L’àncora rappresenta la stabilità e la sicurezza, un punto fermo che tiene saldo il navigante anche nelle acque più tempestose.
“La speranza non elimina le tempeste, ma stabilisce un punto fermo, che non cede.”
Questo punto fermo è Cristo stesso, che con la sua risurrezione è diventato l’àncora della vita di ogni credente. La speranza, dunque, è una forza radicata nella realtà, capace di dare senso e direzione anche nei momenti più difficili.
Alla vigilia di Natale il cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca latino di Gerusalemme, incontrando la piccola comunità dei cristiani di Gaza, riunita nella Chiesa della Sacra Famiglia, ha detto loro: “Siete diventati la luce della nostra Chiesa nel mondo intero “perché, pur vivendo in un tempo pieno di tenebre, “avete conservato la vostra identità di cristiani appartenenti a Gesù”. Questa “appartenenza a Gesù rende tutti amici, e la nostra vita diventa una vita di donazione a tutti”: qui troviamo il senso più autentico della parola missione.
Nel poema Il portico del mistero della seconda virtù Charles Péguy raffigura la speranza come una bambina, apparentemente fragile ma al tempo stesso potente, che guida e trascina con sé le “due grandi sorelle maggiori”, la fede e la carità.
“Quello che mi stupisce, dice Dio, è la speranza. Non la fede. Non la carità. Ma la speranza.”
Secondo Péguy la fede e la carità, pur essendo virtù fondamentali, tendono a rimanere ferme se non vengono trascinate dalla speranza: Dio stesso si stupisce della speranza dell’uomo perché è una virtù che resiste di fronte a tutte le avversità, anche quando tutto sembra contraddirla, e rende l’uomo capace di camminare con fiducia verso il suo Destino.
Va però sottolineato che la speranza cristiana non si impone ma interpella la libertà di ciascuno. Lo ha ricordato il cardinale Pierbattista Pizzaballa nel suo Messaggio di Natale: “All’annuncio dell’angelo ai pastori deve seguire una risposta. Una decisione: accogliere oppure no l’invito dell’angelo ad andare a vedere il Salvatore. La risposta, infatti, non è scontata. Gesù viene, ma non impone a nessuno di mettersi in cammino per andare a Lui. Gesù lascia liberi. Ci indica un segno, ma poi si rimette alla nostra libertà.“
“Il Natale – continua il Patriarca di Gerusalemme – è il tempo della scelta, se mettersi in cammino verso Colui che viene, oppure no. Anche in questo Natale una possibilità ci è data, di far posto a Colui che non trova posto, per scoprire poi che Lui stesso è la nostra strada, la nostra casa, il nostro pane buono, la nostra speranza.”
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