Il compito educativo, affidato – in una maniera o nell’altra – a tutti i cristiani di buona volontà, è un compito fondamentale su cui la Chiesa ci ha invitato a riflettere per un decennio;
In effetti troppo poco, forse, riflettiamo sul senso dell’educazione oggi e ancor più sul senso dell’educabillità oggi.
Eppure, è solo grazie all’educazione che diamo un senso alla nostra vita, trovando buone ragioni per amarla e per soddisfare veramente i nostri desideri di libertà e di felicità. La riflessione affascinante – e nel contempo decisiva – che con il «Rapporto-proposta sull’educazione», il Comitato per il Progetto culturale dei vescovi italiani ha offerto all’attenzione dell’opinione pubblica del nostro Paese, suscita un dibattito in cui l’opinione dei cattolici ha potuto costituire un punto di riferimento valido per l’attuale società.
Non è un caso, infatti, che proprio dall’opinione pubblica comincino a sollevarsi le voci di quella che da più parti è definita una emergenza/urgenza educativa.
La questione educativa è, per davvero, una urgenza per la società ed inevitabilmente una emergenza per la Chiesa del terzo millennio, in discussione non è la costruzione del sapere dell’individuo, ma la modalità con cui ci impegniamo a formare individui che costituiranno la società del domani.
Una società che non si cura dell’educazione è una società che non ha a cuore l’umanità delle sue relazioni e, in quanto tale, è destinata prima o poi a dissolversi anche come società.
E’ superfluo, allora, sottolineare come la questione dell’educazione riguardi la scuola; la scuola è il primo luogo in cui l’individuo stabilisce relazioni con un altro da sé che non è un suo familiare o amico.
La scuola è una delle – cosiddette – agenzie educative più importanti, dove i ragazzi passano la metà del loro tempo, (tempo vita/tempo scuola) e fosse anche solo per questo – e chiaramente non è solo questo – non può essere una occasione perduta per crescere.
Educare è un processo di interazioni sociali, nella stagione attuale educare si configura come un lavoro di rete, fatto di specificità ma anche di alleanze, nessuna istituzione educativa può pensarsi sufficiente all’educazione. (i luoghi dello sport, dello spettacolo, della comunicazione, del lavoro, impresa devono necessariamente sentirsi in rete).
Se si moltiplicano i luoghi del sapere e dell’interagire si moltiplicano inevitabilmente i luoghi dell’educazione o peggio i luoghi in cui può essere disgregato il senso educativo.
La scuola, però, è il luogo in cui si educa istruendo; e come sappiamo, etimologicamente istruire ha a che fare con costruire, educare con il tirar fuori qualcosa da qualcuno. Ed è in questo processo di istruzione ed educazione che come educatori siamo chiamati a lasciare un segno (in-segnare) che ci auguriamo sia sempre positivo nella vita dei nostri educandi.
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