La rotta della salvezza

Il traffico aereo sui cieli dell’Afghanistan è stato sempre intenso, attraversato dalle rotte che dall’Europa e dal continente americano scendono verso paesi come India e Pakistan.

Il giorno dopo la conquista di Kabul da parte dei talebani all’improvviso una sorta di invisibile barriera si è levata a delimitare i confini geografici del Paese, presagio di una fuga annunciata da tempo e giunta ormai al suo epilogo.

Con quanta trepidazione e angoscia si saranno incamminati verso l’aeroporto quelle migliaia di uomini, donne e bambini ammassati per giorni lungo il muro di cinta delle piste, con lo sguardo in alto ad inseguire un sogno di pace!

Quando si è aperto il corridoio aereo per portare in salvo la folla di persone in fuga abbiamo pregato e sperato che tutti potessero veder realizzato il loro sogno. Sappiamo che così non è stato e che altro sangue innocente è stato versato.

I ripetuti allarmi di imminenti attentati sono rimasti inascoltati perché tanto più grande è il desiderio di vita tanto più si è disposti a sacrificare tutto, anche a costo di perderla.

Se mai il tempo dovesse rimuovere la memoria di tale umana tragedia non potremo mai dimenticare gli sguardi dei nostri fratelli afghani accalcati nelle stive dei giganti dell’aria per anni adibiti al trasporto di truppe e di armi ed ora trasformati in arche di salvezza, segno di quella profezia che continua a sfidare la storia:

“Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra” (Isaia 2,4)

La principale via di fuga dal centro di Kabul all’aeroporto con gli ultimi aerei militari pronti ad abbandonare il paese

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Erasmo Bitetti

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