La magia degli inizi. L’Europa di Angela Merkel

Saper fare politica significa sapere qualcosa del “Gemüt” – diceva la Cancelliera – cioè della disposizione spirituale degli uomini

La prima cosa che colpisce di Angela Merkel è indubbiamente la sua longevità politica, per i sedici anni trascorsi alla guida della Germania e per questo, si potrebbe dire, anche dell’Unione Europea. Per capire la straordinarietà di questa lunga permanenza, anche rispetto ai tempi di un quadro politico già molto stabile come quello tedesco, basta ricordare che la Cancelliera ha presieduto nel 2020 per la seconda volta il Consiglio dell’UE, il Consiglio dei ministri europei.

Il Consiglio dell’Unione Europea è un organismo che riunisce i capi di Stato o di governo dei 27 paesi membri dell’UE che si alternano ogni sei mesi alla sua guida. A ogni Stato membro, quindi, tocca la presidenza ogni tredici anni. Di tutti i leader europei, soltanto la Merkel è riuscita a rimanere in carica tanto tempo da poter presiedere personalmente il Consiglio dell’Unione Europea per ben due volte, nel 2007 e nel 2020.

Qual è il segreto di questa forza straordinaria? È inutile cercare facili risposte a domande di questo tipo. Non ci sono slogan che possono essere attribuiti ad Angela Merkel, né particolari formule politiche alla base del suo successo. La Cancelliera non ha mai fatto grandi discorsi e non ha nemmeno concesso molte interviste.

Possiamo capire però qualcosa della vita che ha vissuto e dei valori che ha saputo fare propri questa donna che ha trascorso la sua giovinezza nella parte Est della Germania o – come diceva lei – nella Germania non libera.

Intervenendo nel corso di una cerimonia tenuta nel 2014 a Berlino dalla Commissione Europea, Angela Merkel disse: «Nel processo di riunificazione della Germania i tedeschi dell’Est si sono lamentati spessissimo del fatto che i tedeschi dell’Ovest non fossero disposti ad ascoltarli quando raccontavano della loro vita. Questa esperienza può valere anche per la nostra convivenza in Europa».

La Merkel credeva in un’Europa come a una comunità nella quale poter “raccontare della propria vita”. Come a una casa dove poter tornare – questo, l’Heimat, è molto presente nello spirito tedesco – e dove poter esprimere quello che ognuno si porta dentro.

Per questo, Angela Merkel parlava poco. Sapeva che un vero leader ha piuttosto la responsabilità di ascoltare, di stare ad ascoltare il “Gemüt” – ha usato anche quest’altra importante parola tedesca – cioè quella che è la disposizione spirituale degli uomini. Storie di anime ferite, spesso negli affetti più intimi. Ricordava di quando abitava nella Berlino “non libera” e, ogni giorno, tornando a casa percorreva la strada fino in fondo al Muro dove però avrebbe dovuto svoltare, mentre avrebbe voluto andare dritto, verso la libertà.

«Questo muro che passava in mezzo a Berlino divideva un popolo – e divideva famiglie. Anche la mia famiglia fu divisa» disse agli studenti di Harvard nel 2019. «Il muro di Berlino delimitava le mie possibilità. Stava sulla mia strada, letteralmente. Ma una cosa questo muro non ha mai fatto in tutti quegli anni: impormi i miei propri confini interiori».

«Non sono stata una dissidente» confessò una volta. Non credeva che quel Muro sarebbe mai caduto. Ma l’incredibile è accaduto. E, disse un’altra volta, se è vero che la vita ci regala l’imprevisto, questo vuol dire che noi «possiamo creare un bel futuro». Questo vuol dire anche che la vita è un succedersi di imprevisti, cioè è un succedersi di inizi.

Angela Merkel amava citare Hermann Hesse che diceva: «Dentro a ogni inizio c’è una magia che ci protegge e ci aiuta a vivere». In questa magia degli inizi consiste l’entusiasmante avventura della vita, una vita che così merita davvero di essere vissuta.

Non tocca a noi uomini dire qualcosa, pretendere di dire in quale direzione andare. È la vita stessa che ci parla, che si rivela a noi. Ascoltiamo dunque cosa la vita ha da dirci e cosa ci dice per bocca dei nostri fratelli uomini. Come succede quando si torna a casa.

Ma come si può pensare di riunire in una stessa casa, come quella europea, popoli che un tempo si sono odiati, che hanno addirittura pensato reciprocamente a progetti di sterminio, che si guardavano come nazioni nemiche e dove proprio la Germania ha avuto le colpe maggiori? Che domanda difficile!

«Io ho imparato» disse però Angela Merkel ad Harvard, «che anche a domande difficili si possono trovare risposte, se guardiamo sempre il mondo anche con gli occhi degli altri». Disse inoltre di aver imparato a essere disposti ad abbandonare senza rimpianti ciò che è vecchio. Non certo per dimenticare il passato o le proprie colpe. Ma perché siamo chiamati dalla vita a sempre nuovi inizi. E l’Europa deve essere animata da questa magia degli inizi.

È bello, disse a Berlino nel 2014, «studiare, avere amici, festeggiare da qualche parte in Europa, e sapere quali preoccupazioni ci sono altrove. Mi sembra che questa esperienza dell’Europa sia qualcosa di meraviglioso, qualcosa che la mia generazione finora non aveva conosciuto».

Angela Merkel. Repertorio fotografico del Gruppo del Partito Popolare al Parlamento Europeo.
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Paolo Tritto

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