Quante volte sarà capitato di rientrare a casa con una sorpresa per un figlio o un nipote e rivolgere loro la domanda provocatoria: – Si o No ? -.
A memoria ricordo di non aver mai ricevuto una risposta negativa. La scelta dell’opzione positiva rivela che il cuore, inconsapevolmente, attende un bene per se. Quando poi la sorpresa si svela, lo sguardo si riempie di stupore per il dono inatteso.
Mi domando come sia possibile mantenere da adulti questa che sembra una disposizione naturale quando i fatti che accadono contraddicono la speranza di un bene.
Ogni volta che mi reco al Cimitero per ridestare la memoria dei miei cari rimango colpito e rattristato per l’iscrizione sulla lapide di un giovane: – Nel dolore nascesti. Nel lavoro peristi. La vita ti tradì – .
La sofferenza è un mistero così grande che nessuna parola umana è in grado di svelarne la natura ma è nel grido stesso che da essa si leva che può scorgersi il barlume di una risposta.
Nell’opera teatrale l’Annuncio a Maria dello scrittore francese Paul Claudel si racconta il dramma della vita quotidiana, intessuta di desideri, di slanci e debolezze, di cadute e di rinascite.
Non c’è progetto anche nobile che assicuri la riuscita nella vita: Pietro di Craon, l’architetto costruttore di cattedrali che ha votato tutto se stesso all’Ideale, è segnato da un momento di debolezza e poi da una malattia ripugnante. Un prepotente desiderio di amore spinge altri due protagonisti, Mara sorella di Violaine e Giacomo promesso sposa di questa, a scelte che si riveleranno deludenti.
Violaine è la giovane protagonista, figura evocativa di Maria, che accoglie ciò che accade, perfino una subita violenza, come serena adesione al Mistero che le si rivela. Per lei “dire si” non è la rassegnata accettazione di un oscuro destino ma la libera scelta di fronte ad un Tu che le fa dono di una grazia impossibile, la letizia dentro ogni circostanza della vita e la capacità di abbracciare tutto, anche il male.
“Sono troppo felice! perché quegli ch’io amo, mi ama, e di lui son certa… E perché Dio mi ha creata per essere felice e non per il male e non per la pena.”
Nella lettera agli Ebrei, per dar ragione dello scandalo della Croce, l’apostolo Paolo fa notare che Cristo vi si sottopose “in cambio della gioia che gli era posta innanzi”.
Ogni circostanza della vita ci sfida a rispondere con un si o con un no, può condurci all’apertura fiduciosa ai suggerimenti della realtà o, al contrario, ad un ripiegamento su noi stessi.
All’aurora di ogni giorno risuona ancora, con accenti e modi diversi, l’annuncio di una felicità promessa: potremo accoglierlo con il Si se solo sapremo guardare alle grandi opere che compie in noi il Signore.
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