Con un comunicato ufficiale, i vescovi cattolici dell’India hanno voluto ricordare la figura dell’imprenditore Ratan Tata, deceduto il 9 ottobre scorso all’età di 86 anni. Lo comunica Fides, agenzia di informazione delle Pontificie Opere Missionarie.
Tata è stato per lunghi anni presidente dell’omonima casa automobilistica, ma anche di altri importanti marchi come Jaguar e Land Rover, segnando in maniera indelebile la storia dell’industrializzazione indiana. I vescovi vogliono ricordarlo anche per essere stato “un faro di compassione e generosità”, elevando le condizioni di vita di milioni di persone, soprattutto dei più emarginati.
«Il suo incrollabile impegno» scrivono i vescovi indiani, «per la giustizia sociale, l’istruzione, l’assistenza sanitaria e lo sviluppo rurale risuonava profondamente con i valori fondamentali della Chiesa cattolica, in particolare nella sua missione di servire i poveri e i vulnerabili».
Ratan Tata, nato da famiglia di origine Parsi e di culto zoroastriano, lascia un’eredità morale e spirituale apprezzabile per la leadership etica, l’integrità e la dedizione alle cause sociali. L’agenzia Fides ha raccolto la testimonianza di padre George Kannanthanam, che vive con i malati di lebbra a Sumanahalli, presso Bangalore, che dice di lui: «Sapeva dire la verità al potere con spirito profetico. Ha speso la maggior parte della sua ricchezza per il bene delle fasce vulnerabili della società. Ha creato grandi istituzioni per l’assistenza e lo sviluppo sociale, che hanno trasformato il panorama sociale dell’India. Ha sostenuto centri educativi per l’emancipazione dei giovani».
Tata è stato un uomo d’affari che si è lasciato costantemente guidare dal motto del Mahatma Gandhi, “la grande anima”: «quando prendi una decisione, pensa se fa del bene alla persona più povera del paese». È stato realmente amato dai 700.000 dipendenti delle sue 19 aziende distribuite in più di 100 paesi, dal valore netto di 400 miliardi di dollari. Basti pensare che, nel 2012, quando la “Tata Steel Company” a Jamshedpur venne ridimensionata da 78.000 a 40.000 dipendenti, l’imprenditore garantì che tutti i lavoratori licenziati continuassero a ricevere il salario fino all’età pensionabile. «Una decisione inaudita nella storia in qualsiasi parte del mondo», nota padre Kannanthanam che conclude: «Se Dio ama chi dona con gioia, Dio ama molto Ratan Tata».
Il Sole 24Ore, a firma di Marco Masciaga, ha scritto di Tata: «Uno dei suoi primi passi da presidente fu cercare di limitare il potere di alcuni capi azienda, imponendo l’età pensionabile, promuovendo persone più giovani in posizioni di vertice e rafforzando il controllo sulle società. Ciò che Ratan Tata non ha cambiato è la vocazione filantropica del gruppo. Ancora oggi circa due terzi del capitale sociale della holding Tata Sons, è detenuto da fondazioni».
Oltre che per essere stato uno degli imprenditori di maggior successo nel mondo industriale, Ratan Tata è ricordato per un clamoroso insuccesso, che però testimonia la sua grande attenzione ai poveri: il progetto della Nano, automobile immessa sul mercato all’incredibile prezzo di 1.500 euro, con la quale si voleva dare la possibilità ai meno abbienti di accedere alla mobilità a quattro ruote. Della Nano, che era una superutilitaria dotata perfino di autoradio bluetooth, furono vendute inspiegabilmente pochissime vetture tanto da costringere l’azienda a bloccare la produzione.
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