Con il voto definitivo della Camera del giorno 8 febbraio sono stati modificati due articoli della Costituzione per affermare la tutela dell’ambiente naturale. È la prima volta che viene modificato il testo costituzionale nella sua parte iniziale, dove cioè si enunciano i principi fondamentali della Repubblica.
Non si tratta di un vero stravolgimento dal momento che i padri costituenti, con la loro lungimiranza, già nel testo originale avevano inserito, tra questi principi fondamentali, la tutela del paesaggio. Ma questo principio ha richiesto oggi una precisazione per estendere la tutela a tutto l’ambiente naturale, anche privo di una rilevanza paesaggistica. La differenza sta nel fatto che il paesaggio ha caratteristiche prevalentemente morfologiche, mentre nella tutela ambientare si va a valutare la qualità degli elementi naturali; abbiamo, infatti, imparato fin troppo bene che l’inquinamento ambientale spesso non altera visivamente l’ambiente – pensiamo per esempio alla radioattività – pur alterandone sensibilmente la qualità, con conseguenze dannose per la salute umana e per l’ambiente stesso.
C’è da dire – una volta tanto – che il complesso iter parlamentare che una riforma costituzionale comporta è stato sostenuto lealmente e senza intoppi da tutte le forze politiche, in modo da varare questa norma speditamente. È molto difficile che al termine di una legislatura si riescano ad approvare leggi di riforma, per il rischio che si corre di non ultimare l’intero iter prima dello scioglimento delle Camere, momento in cui tutte le proposte di legge decadono. In questo caso non è stato così. Anzi, si è approvata la modifica costituzionale a larghissima maggioranza, ben oltre i due terzi e addirittura con un solo voto contrario, registrato nel voto definitivo della Camera. Le divisioni tra i partiti, che fino a pochi giorni prima avevano per esempio paralizzato le votazioni per il Presidente della Repubblica, sembrano lontanissime.
Avendo ottenuto più dei due terzi dei consensi, le modifiche costituzionali non sono suscettibili di referendum confermativo e quindi il testo può già essere promulgato. Si tratta di un testo brevissimo, di soli tre articoli, con il primo dei quali si stabilisce che la Costituzione «tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali».
Come si vede, pur nella sua brevità, l’articolo costituzionale non si limita a tutelare l’ambiente ma anche altro, tra cui – importantissimo – i diritti delle future generazioni. Il valore di questo intervento di modifica non consiste soltanto in queste affermazioni di principio ma anche nelle implicazioni di carattere tecnico-giuridico, in particolare nel fare chiarezza sulle competenze legislative in materia ambientale.
Oggi infatti l’attività legislativa è appesantita da interminabili conflitti di attribuzione, dove la Corte Costituzionale è continuamente chiamata a stabilire se, in singoli casi, la potestà legislativa appartiene allo Stato o alle Regioni. Dopo questa modifica costituzionale, tutta la competenza in materia ambientale sarà dello Stato, salvo per gli interventi di valorizzazione ambientale, dove è riconosciuto un ruolo anche alle Regioni. Ai non addetti ai lavori questo potrà sembrare poco significativo, ma questi sono aspetti che condizionano enormemente l’ordinaria attività del legislatore.
Si è detto che ad animare questa proposta di legge è una concezione ormai non più antropocentrica delle attività umane. Come forse si può cogliere nel secondo articolo della legge costituzionale che va modificare l’art. 41 della Costituzione che riguarda i rapporti economici, per stabilire che l’attività privata rimane libera, ma deve garantire di non arrecare danno alla salute e all’ambiente.
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