La Chiesa, l’Arte – Dom Donato Giordano

Riprendiamo il percorso “La Chiesa, l’Arte e gli Artisti” con una interessante intervista a Don Donato Giordano, monaco benedettino, Priore e Rettore del Monastero Santuario S. Maria di Picciano. Docente presso la Facoltà Teologica Pugliese di Patrologia e Tradizioni bizantine dell’Italia Meridionale (Monachesimo e Iconografia). Docente di Ecumenismo presso l’ISSR di Matera. Direttore dell’Ufficio Diocesano per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso.

Iniziamo l’intervista con Don Donato a cui chiedo:

  • Quali riflessioni Le ha suscitato l’Omelia di Paolo VI, in cui affronta il rapporto tra la Chiesa, l’arte e gli artisti?

      L’incontro promosso da Paolo VI con gli artisti, tenutosi il 7 maggio 1964 presso la Cappella Sistina, è stato un momento importante della Chiesa cattolica per avviare un dialogo più stretto con il mondo artistico. Nell’omelia, Paolo VI manifesta il desiderio di “ristabilire l’amicizia” della Chiesa con gli artisti, riconoscendo le difficoltà che essi hanno incontrato a causa delle restrittive indicazioni ecclesiastiche che ne avevano mortificato lo spirito creativo. L’occasione fu anche propizia per manifestare la sua personale concezione estetica, che attribuiva all’arte un ruolo di primo piano nella spiritualità e nella cultura. In particolare ripresentò il tema della bellezza come elemento decisivo e caratterizzante del manufatto artistico. La Bellezza, in quanto “splendor veritatis”, non può essere intesa come un concetto astratto, bensì come partecipazione del sensibile al mondo del “Super Bello” e della creazione divina. Questo elemento sostanziale deve contraddistinguere l’attività responsabile dell’artista nel testimoniare la sua ricerca della verità e di esperienza spirituale, per poterla rendere fruibile agli altri.

  • Il dialogo avviato da Paolo VI nel 1964, in riferimento alle sue conoscenze, ha prodotto dei cambiamenti o tutto si è fermato?

      È difficile valutare in modo esaustivo gli impatti a lungo termine di questo dialogo, poiché le dinamiche culturali e religiose sono complesse e multifattoriali. La risposta non è scontata, nel senso che la teoria estetica del Papa potrebbe non essere stata condivisa da tutti. E’ risaputo che l’arte è un linguaggio capace di trasmettere messaggi ed emozioni, ma questo linguaggio non è univoco, per cui ci possono essere diversità di opinioni (cfr. funzione morale, sociale, culturale, etica o religiosa).

      Il messaggio della Chiesa fa riferimento al lavoro artistico ispirato dalla fede, al fine di far percepire agli uomini l’amore divino (cosa che non tutti condividono). A volte, perciò, si è verificata un’arte incomprensibile et ermetica che ha fallito il suo scopo, perdendo di mira il fine della vera bellezza, suggestionata da una bellezza artificiale e superficiale, complice dei meccanismi economici (una bellezza futile e perfino ingannatrice). Il vero artista – come recentemente ha ricordato papa Francesco nel discorso per il 50° anniversario dei Musei Vaticani – è chiamato a un compito profetico, capace di criticare i falsi miti e i nuovi idoli, i tranelli del consumo e le astuzie del potere.

      Ad ogni modo, il dialogo avviato da Paolo VI è stato il punto di partenza per un dialogo proficuo e di rinascita dell’arte religiosa nel contesto di un nuovo umanesimo. Dopo di lui anche gli altri pontefici hanno incontrato gli artisti e ribadito i suddetti principi, cercando di evitare la rottura tra il mondo dell’arte e quello della fede. In particolare, Benedetto XVI, il 21 novembre 2009, nel riproporre la “via pulchritudinis”, cita un mirabile passo di Dostoevskij: “L’umanità può vivere senza la scienza, può vivere senza pane, ma soltanto senza la bellezza non potrebbe vivere, perché non ci sarebbe più nulla da fare al mondo … tutta la storia è qui”.

     In sintesi, il dialogo avviato da Paolo VI con gli artisti nel 1964 ha rappresentato un punto di partenza importante, ma gli sviluppi successivi sono stati influenzati da una serie di fattori complessi. La Chiesa continua a cercare di mantenere un legame con il mondo artistico e culturale, ma le dinamiche di questo rapporto sono in continua evoluzione.

  • Prendendo ad esempio le tante chiese contemporanee presenti nelle nostre città, con esterni e interni molto omologati e anonimi, perché, secondo Lei, nella storia moderna e contemporanea delle città, non si è più posta l’attenzione sulla forma architettonica e sugli interni delle chiese, per mancanza di fondi o per altre problematicità?

     Il fatto che molte chiese moderne possano sembrare “anonime” e “omologate” dipende da ragioni diverse e opinioni variabili in base alle esperienze individuali e alle preferenze personali. Uno dei fattori che può contribuire a questa percezione è che molte chiese moderne utilizzano uno stile architettonico “contemporaneo” che spesso si caratterizza per linee essenziali, materiali moderni e minimalismo. Questo stile dà l’impressione di anonimato poiché lontano dagli elementi architettonici tradizionali e simbolici delle chiese storiche. Inoltre le chiese moderne sono spesso progettate per essere versatili e funzionali per soddisfare una varietà di altre esigenze della comunità, oltre alle funzioni liturgiche. Questo porta a un design più flessibile e adattabile, per cui privi di elementi distintivi che caratterizzano le chiese più tradizionali.

     In alcuni casi, la globalizzazione e la standardizzazione delle pratiche ecclesiastiche hanno prodotto chiese che sembrano simili in tutto il mondo, con progetti che riflettono tendenze globali piuttosto che caratteristiche culturali o locali specifiche.

     È importante notare, però, che ci sono molte eccezioni e variazioni nella progettazione delle chiese moderne. Alcune comunità adottano uno stile più tradizionale o cercano di integrare elementi culturali distintivi nella loro architettura. La percezione di anonimato, in generale, dipende dalla diversità di approcci adottati nei progetti delle chiese moderne.

  • L’arte cristiana ha un valore teologale, e comunica a modo suo un messaggio religioso. L’arte, nelle sue varie espressioni, ha una capacità intrinseca di cogliere l’uno o l’altro aspetto del messaggio cristiano, traducendolo in colori, forme, suoni che assecondano l’intuizione di chi guarda e ascolta. L’arte e i beni culturali in genere, in base alla Sua esperienza, assumono un significato fondamentale per la crescita culturale e anche spirituale di un Paese?  

L’arte e i beni culturali svolgono un ruolo cruciale nella crescita culturale e spirituale di un paese, in primis perché riflettono l’identità di una società, catturando la storia, le tradizioni, e le esperienze condivise. Attraverso la pittura, la scultura, la letteratura, la musica e altre espressioni artistiche, le comunità possono raccontare la loro unicità e preservare il proprio patrimonio culturale.

Le opere d’arte e i beni culturali fungono da testimoni della storia di un paese. Musei, archivi e siti storici conservano oggetti e documenti che raccontano la storia passata, consentendo alle generazioni future di comprendere le proprie origini e imparare dalle esperienze del passato. L’arte, oltretutto, ha il potere di superare le barriere linguistiche e culturali, facilitando il dialogo tra diverse comunità e promuovendo la comprensione reciproca. Il confronto con opere d’arte provenienti da contesti culturali diversi favorisce l’arricchimento spirituale e intellettuale.

Come già prima osservato, i manufatti artistici possono ispirare e provocare riflessioni profonde sulla vita, sulla moralità, e sul significato esistenziale. Esse stimolano la creatività e offrono una prospettiva diversa sulla realtà, incoraggiando la crescita interiore individuale e collettiva, per una formazione integrale della persona. Le opere d’arte, in particolare quelle legate alle pratiche religiose, offrono spazi di riflessione e contemplazione.

  • In base alla sua esperienza, i cattolici come si pongono rispetto al rapporto la Chiesa e l’Arte, sono sensibili o disinteressati? 

      La percezione dei cattolici nei confronti del rapporto tra la Chiesa e l’arte può variare ampiamente in base a diversi fattori, tra cui l’educazione, la cultura, l’età e le preferenze personali. Tuttavia, in generale, sono molti quelli che oggi continuano a mostrare un interesse e un apprezzamento per l’arte nelle sue varie forme.

      Non mancano, per esempio, comunità ecclesiali che apprezzano la tradizione artistica, con pregevoli opere d’arte sacra nei luoghi di culto. L’architettura delle chiese, le vetrate, le statue e i dipinti religiosi contribuiscono all’esperienza liturgica e spirituale. L’estetica liturgica è un aspetto importante per molti cattolici. L’attenzione al design degli altari, degli arredi liturgici, delle icone e degli elementi visivi all’interno delle chiese è considerata un modo per elevare l’esperienza di preghiera e culto.

      Alcune comunità mostrano un interesse crescente per l’arte contemporanea per esprimere temi spirituali e riflessioni sulla fede. Anche in questo caso il manufatto artistico riacquista la sua primigenia funzione di strumento educativo e catechetico. Opere d’arte sacra possono essere utilizzate per illustrare le storie bibliche, promuovere la comprensione dei principi della fede e ispirare la devozione.

      Tuttavia, va detto che, come in qualsiasi gruppo diversificato, ci sono alcuni che mostrano un livello di disinteresse per l’arte o preferiscono un approccio più minimalista alla pratica religiosa (vedi per esempio la tradizione dei luoghi di culto della Riforma).

  • Il patrimonio artistico nelle sue molteplici espressioni ha una funzione liberale e umanizzante, pertanto può giovare allo sviluppo dell’uomo e alla crescita culturale dei cattolici e per coloro che cattolici non sono?

      Il patrimonio dell’arte cristiana, certamente, può svolgere un ruolo significativo nello sviluppo dell’uomo e contribuire alla costruzione di un nuovo umanesimo in diversi modi.

      L’arte cristiana trasmette messaggi spirituali, riflessioni sulla fede e rappresentazioni della dimensione trascendente. Queste opere stimolano a una ricerca di senso e una connessione più profonda con la spiritualità, contribuendo così al benessere emotivo e spirituale dell’individuo. Il patrimonio artistico racconta la storia della fede cristiana, delle tradizioni e delle culture legate a essa. Preservare e valorizzare queste opere contribuisce alla conservazione della memoria storica e culturale, consentendo alle generazioni future di apprezzare e imparare dalle radici della civiltà occidentale; inoltre, con la loro bellezza e il simbolismo, contribuiscono all’elevazione estetica dell’individuo, stimolando la contemplazione e la riflessione.

      Quanto ai non cattolici, le opere d’arte cristiana, radicate in una storia lunga e complessa dell’umanità, possono fungere da ponte per il dialogo tra diverse culture e religioni. Tale forma di comunicazione può favorire una maggiore comprensione reciproca e il rispetto per la diversità.

      Il patrimonio artistico deve contribuire alla costruzione di un nuovo umanesimo, capace di ribaltare i paradigmi dell’attuale società virtuale e cibernetica, comunicando nelle sue varie espressioni la centralità della dignità umana, dei valori etici (solidarietà, giustizia e pace sociale) e dell’amore verso il prossimo.

  • I parroci sono chiamati a prestare la loro opera in chiese antiche e moderne, onde evitare interventi che potrebbero provocare danni irreparabili su opere di grande valore o realizzare opere scadenti, non sarebbe utile che i parroci seguissero un corso di preparazione sull’arte e sulle modalità di intervento?

      In realtà esiste, a livello nazionale, un’ampia offerta di scuole, master e corsi di formazione all’arte sacra, alla sua conservazione e alla sua valorizzazione. Non ho idea di quanti parroci li frequentino o li abbiano frequentati per implementare le loro conoscenze e competenze. Ciò consentirebbe di sviluppare un apprezzamento più profondo del patrimonio loro affidato, comprendendone la storia, i simbolismi e l’importanza nella vita religiosa. Un’adeguata preparazione andrebbe a eliminare i personalismi e a fornire competenze per la conservazione, la cura e la valorizzazione di manufatti artistici e liturgici, preservando così la ricchezza culturale e spirituale della comunità.

      L’adeguata preparazione avrebbe effetti positivi sulla conduzione della liturgia e sulla creazione di ambienti di culto significativi. Gli elementi visivi, come le immagini sacre e le opere d’arte liturgica, sono da sempre strumenti potenti di evangelizzazione e catechesi, per cui i parroci potrebbero con competenza veicolare l’arte in modo efficace per trasmettere messaggi spirituali, educare la comunità e approfondire la comprensione della fede.

Ministri di culto ben preparati possono incoraggiare nuove espressioni artistiche nelle loro chiese, inclusi progetti collaborativi, eventi culturali e iniziative che coinvolgano artisti locali, arricchendo la vita culturale e spirituale della comunità. Una buona formazione, infine, può fare dell’arte una risorsa pastorale anche nelle situazioni complesse, come la gestione del dolore, la consolazione in momenti di lutto o altre situazioni razionalmente incomprensibili dell’esistenza umana.

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Domenico Infante

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