A Raffaele Pentasuglia facciamo la prima domanda:
Parla di te ai lettori della rivista
Posso dire di essere figlio d’arte. Dopo essermi laureato in Fisica a Milano, ho riscoperto la passione per l’arte, in modo particolare per la creta e la scultura. Ho deciso di tornare nella mia città per intraprendere la carriera di scultore, proseguendo in questo modo una lunga e importante tradizione familiare fortemente legata all’arte e all’artigianato.
Da allora ho realizzato diversi monumenti in Basilicata, i carri trionfali della festa della Bruna ed. 2018 e 2019, ho portato avanti progetti con il polo Museale della Basilicata, ho collaborato con Michelangelo Pistoletto per la realizzazione del “Terzo Paradiso” presso l’Unibas, ho collaborato come docente presso l’Istituto Superiore di Restauro, ho pubblicato come illustratore e adesso per l’Apt Basilicata viaggio per i parchi della Basilicata per raccontarla in acquerello.
Quali riflessioni ti ha suscitato l’Omelia di Paolo VI, in cui affronta il rapporto tra la Chiesa, l’arte e gli artisti?
Ho letto con grande interesse l’accorata Omelia di Paolo VI. Traspare un sincero interesse nel ricostruire il rapporto con gli artisti che processi storici complessi avevano compromesso. Io credo, però, che qualsiasi tentativo di irrigidire definizioni, o peggio, definire missioni e natura dei processi creativi finisca inevitabilmente per produrre incomprensioni. L’Arte dall’800 in poi, si è divincolata dal rigido rapporto committente-artista, è diventata liquida.
L’Arte può essere rivoluzionaria, può essere evasione, può essere provocazione, può essere denuncia, può essere propaganda e può continuare ad essere reazionaria, o meglio espressione diretta delle varie forme di potere che controllano il mondo.
Lascerei agli artisti le indagini sul perché delle loro necessità creative che, spesso, più che da quello che i cattolici pensano ci sia dopo di noi, sono determinate da quello che è accaduto e accade attorno a loro.
Ogni artista, poi, sceglie il suo linguaggio ma anche questo evolve e va lasciato andare anche quando sembra sia rivolto a pochissimi. Una comunità può essere composta anche da pochi e anche una piccola comunità può scegliere il suo artista.
Nel passato papi, re e principi si rivolgevano ad artisti famosi per dipingere affreschi o realizzare sculture nelle chiese, nei palazzi e in cappelle private, perché in riferimento alle chiese della società contemporanea, questo non è più accaduto?
Credo che le ragioni siano diverse ma la principale è che un tempo le Chiese erano tra i pochissimi luoghi dove c’era possibilità di espressione e il potere ecclesiastico sfruttava al massimo grandi risorse per processi di catechesi attraverso grandi artisti che avevano poche altre possibilità di espressione.
Nell’età moderna, poi, l’arte si è svincolata da rigide committenze e sono nate decine di altre possibilità di espressione diluendo di fatto il potere di profusione dell’arte un tempo saldamente in mano alla Chiesa.
Prendiamo ad esempio le tante chiese contemporanee presenti nella nostra città di Matera, come anche in altre città, con interni molto omologati ed anonimi, secondo te, perché nessuno ha mai pensato di chiamare degli artisti per realizzare delle opere d’arte? Per una questione di mancanza di mezzi o per qualche altro motivo?
In realtà accade, l’arte pubblica e monumentale è ancora sviluppata e ci sono ancora commissioni pubbliche di vari enti pubblici a più livelli. Ma il limite è sempre quello, l’arte commissionata dal pubblico, soprattutto nei livelli più bassi, difficilmente premia nuovi temi o stimola discussioni. Tende, invece, alla commemorazione, il che di per sé non è limite alla qualità artistica.
Per quanto riguarda la Chiesa il discorso è simile nel solco, però, di un generale e profondo ridimensionamento a cui avevo precedentemente accennato.
Mi risultano progetti importanti ad alto livello.
Non credi che se nelle nostre chiese contemporanee ci fossero dipinti o sculture di natura religiosa, lasciati alla libera interpretazione di voi artisti, i fedeli, e non solo, sarebbero più coinvolti perché visivamente interessati al messaggio che l’opera esprime, per la bellezza e la profondità che è in grado di trasmettere?
Decisamente si
Accetteresti, se ti fosse data la possibilità, di poter mettere la tua arte, la tua ispirazione, per la realizzazione di un’opera di natura religiosa, ma lasciata alla tua interpretazione?
L’ho già fatto in diverse occasioni e lo rifarei.
I temi religiosi sono straordinarie occasioni di ispirazione perché fanno riferimento ad archetipi millenari insiti nella natura stessa dell’uomo.
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