La Chiesa e l’Arte – Olimpia Campitelli

Prosegue il dibattito sul "rapporto tra la Chiesa e l’Arte", con riferimento all’omelia della “Messa Degli Artisti” celebrata nella Cappella Sistina di Paolo VI nella Solennità dell’Ascensione del 7 maggio 1964, con l’ultima intervista all’artista Olimpia Campitelli.

Ed ecco la prima domanda:

Parla di te ai lettori della rivista

Sono Olimpia Campitelli, nata nella bellissima Petina (SA) terra degli Alburni. Fin da bambina ho sviluppato una certa sensibilità nell’arte del disegno e nell’imitazione grafica della natura. Il liceo artistico di Eboli ha contribuito alla mia formazione e perfezione sia artistica che tecnica. La Basilicata, tuttavia, è stata e sarà sempre un importante luogo per me in quanto ho vissuto 9 anni a Matera; anni che mi hanno avvicinata ad un territorio meraviglioso quanto complicato. Qui vi ho conseguito la laurea in Architettura. Gli anni dell’Università sono stati molto formativi, per me anche in ambito artistico, in quanto anche l’Architettura è una vera e propria forma d’arte, e sperimentare il connubio tra disegno, pittura e architettura è stato molto stimolante. Ho partecipato alle seguenti esposizioni: 2013 IV Mostra D’Arte Collettiva Opere esposte: “Sassi”, “Infinito” Museo MIdA Pertosa (Salerno); 2018 “Frida Arte, Amore e Rivoluzione” Terza edizione di “Women” Collettiva, opera esposta: “il volo di Frida” Museo MOA di Eboli (SA); 2018 Sogno D’Arte Collettiva raccolta: “Lo sguardo dell’anima nel paesaggio inespresso” Cersosimo (PZ); 2019 “Ritorno al Nido” Collettiva opere esposte: “Sud a Nord” – “Porte chiuse” Galleria d’Arte del L. Artistico Carlo Levi, Eboli (SA).

Quali riflessioni ti ha suscitato l’Omelia di Paolo VI, in cui affronta il rapporto tra la Chiesa, l’arte e gli artisti?

Credo sia una sorta di presa di coscienza “dell’incomprensione” tra questi due mondi, ma soprattutto un tentativo di ristabilirne una connessione. Ritengo sia un grande abbraccio virtuale di pace con l’Arte e gli artisti. Ne parlerò di più nelle risposte successive. 

Nel passato papi, re e principi si rivolgevano ad artisti famosi per dipingere affreschi o realizzare sculture nelle chiese, nei palazzi e in cappelle private. Perché, in riferimento alle chiese della società contemporanea, questo non è più accaduto?

Personalmente mi sento molto affine all’epoca Rinascimentale, l’epoca più ricca di commissioni religiose, è in quel tempo che l’uomo ha riscoperto sé stesso specchiandosi nel Divino. Osservo ed esploro con ammirazione le opere di Michelangelo, di Leonardo, Raffaello, ecc. per me Maestri assoluti della Storia dell’Arte. Ho studiato a fondo la Cappella Sistina, luogo in cui Papa Paolo VI ha tenuto la sua Omelia, per me è una delle opere più grandiose che l’uomo possa aver creato. Tuttavia, nel corso dei secoli ci sono stati tanti inevitabili e benevoli cambiamenti. Uso la parola “benevoli” perché ritengo che ogni cambiamento storico sia necessario ad un rinnovamento della società. Pensare o sperare che le cose non cambino è desiderare la fine di quella cosa. La scoperta della fotografia prima, del cinema poi, ha portato l’artista a sperimentare sulle sue “impressioni” ed “espressioni” sulla e della Natura, sua Natura. Da qui si è generato il divario che ha portato l’artista lontano dalla Chiesa e viceversa, ma ci tengo a sottolineare che questo non vuol dire aver ”allontanato” il Divino, ma aver solo cambiato il rapporto con esso. Ritengo che il Divino risieda in ogni cosa perfetta della natura. Personalmente ritrarre il viso di un bambino, disegnare la perfezione del corpo umano, dipingere i monti del mio paese o sfumare i colori del tramonto mi fanno sentire in perfetta comunione con l’Assoluto. 

Prendiamo ad esempio le tante chiese contemporanee presenti nella nostra città Matera, come anche in altre città, con interni molto omologati ed anonimi, secondo te, perché nessuno ha mai pensato di chiamare degli artisti per realizzare delle opere d’arte? Per una questione di mancanza di mezzi o per qualche altro motivo?

Nel corso dei secoli c’è stato un susseguirsi di stili architettonici figli e sintesi di quel tempo. Le pietre, le decorazioni, gli stucchi, i portali ecc, raccontavano quel posto anche solo con i colori del materiale locale. A questo poi si aggiungevano le commissioni artistiche quali affreschi, pale d’altare e tele che arricchivano ulteriormente queste già grandiose architetture. Oggi viviamo un tempo molto complesso e questo inevitabilmente si rispecchia nell’Arte e nell’Architettura. L’avvento del cemento armato ha reso le architetture contemporanee anonime e omologate, e ovviamente questo fenomeno ha investito anche l’Architettura Ecclesiastica. L’arte contemporanea è spesso astratta. Mi hanno colpito le parole di Paolo VI quando dice: “non si sa cosa dite, non lo sapete tante volte anche voi: ne segue un linguaggio di Babele, di confusione. E allora dove è l’arte? L’arte dovrebbe essere intuizione, dovrebbe essere facilità, dovrebbe essere felicità. Voi non sempre ce la date questa facilità, questa felicità e allora restiamo sorpresi ed intimiditi e distaccati.” Io credo sia questo il motivo, una sorta di incomprensione e incomunicabilità tra artisti e spettatori (in questo caso la Chiesa). 

Non credi che se nelle nostre chiese contemporanee ci fossero dipinti o   sculture di natura religiosa, lasciati alla libera interpretazione di voi artisti, i fedeli e non solo, sarebbero più coinvolti perché visivamente interessati al messaggio che l’opera esprime, per la bellezza e la profondità che è in grado di trasmettere?  

Con un maggior numero di opere contemporanee nelle Chiese sicuramente i fedeli vivrebbero la loro fede con un’intensità diversa perché l’Arte è emozione. Associare la sacralità del Luogo con l’immensità dell’Arte sarebbe sicuramente un tuffo nel passato anche se, ovviamente, con enormi differenze in termini stilistici e quindi espressionistici degli artisti: le iconografie (non più estremamente figurative), i colori e le forme del nostro tempo lascerebbero maggiore immaginazione al fedele spettatore; ciò potrebbe essere un’esperienza mistica anche più intensa rispetto a quella che si ha godendo di un’opera storica. Mi auguro davvero che possa rinascere una stagione artistica associata alla religione, sarebbe davvero interessante ed anche gli artisti ne avrebbero un estremo bisogno.

Riproduzione di San Francesco in meditazione di Caravaggio (realizzata con pastelli)

Accetteresti, se ti fosse data la possibilità, di poter mettere la tua arte, la tua ispirazione, per la realizzazione di un’opera di natura religiosa, ma lasciata alla tua interpretazione?

Certo, ne sarei infinitamente grata. Tra l’altro, come dicevo all’inizio mi sento molto affine ad un tempo lontano e navigo a fatica nella complessità del mondo attuale. Avere una commissione religiosa oggi potrebbe essere motivo di approfondimento e studio del cambiamento epistemologico avvenuto, e l’Arte sarebbe il mezzo più stimolante per avviare tale ricerca. 

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Domenico Infante

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