La Cerimonia di apertura della 50a edizione della Settimana sociale dei cattolici tenuta a Trieste

Un richiamo del Presidente Sergio Mattarella a riscoprire l’anima della democrazia. Il cardinale Zuppi invita i cattolici italiani a essere più gioiosamente e semplicemente cristiani, a essere disarmati perché l’unica forza è quella dell’amore.

La 50a edizione della Settimana sociale dei cattolici di Trieste si è aperta “in un clima di gioia”, come ha affermato mons. Giuseppe Baturi, segretario generale della CEI. Secondo mons. Baturi, l’elemento che caratterizza gioiosamente questa edizione sarebbe «la presenza di tanti giovani, molti dei quali portano esperienze di solidarietà e di impegno da proporre a tutti coloro che partecipano a questo appuntamento. È una presenza di grande consolazione e di grande speranza».

La Settimana sociale, che si tiene dal 3 al 7 luglio, ha come tema “Al cuore della democrazia. Partecipare tra storia e futuro” ed è stata inaugurata con una Cerimonia di apertura alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Nel suo saluto iniziale, il card. Matteo Zuppi, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha detto che la bellezza della Chiesa cattolica, con i suoi limiti e le miserie umane, consiste, come diceva il teologo De Lubac, in «un carattere eminentemente sociale, che non si potrebbe misconoscere senza falsarla». Quella delle Settimane sociali è una storia che ha più di un secolo di vita, una storia di cui andare fieri e perciò «siamo felici» ha detto ancora il cardinale Presidente, «di vivere questi giorni a Trieste, in una terra di confine». E a questo proposito, ha precisato, «non vogliamo che i confini siano muri o, peggio, trincee, ma cerniere e ponti!»

Zuppi ha proseguito richiamando inoltre le parole di un altro grande teologo, Romano Guardini, quando scriveva che la democrazia non è solo un ordinamento che nasce dalla responsabilità dei singoli, ma fa riferimento anche al fatto che «ciascuno di questi singoli può fidarsi degli altri, perché sa che tutti vogliono il bene comune; lo vogliono effettivamente e non soltanto dicono di volerlo. La democrazia è tanto più reale quanto più questo atteggiamento è operante».

Secondo il Presidente dei Vescovi italiani, l’Italia è un paese «che sta affrontando passaggi difficili e crisi epocali: basti pensare all’inverno demografico, alla crescita delle disuguaglianze, alle percentuali di abbandono scolastico, all’astensionismo e alla disaffezione sempre più numerosa alla partecipazione democratica, alla vita scartata che diventa insignificante per l’onnipotenza che si trasforma in nichilismo distruttivo di sé stesso». È un paese dove oggi i “poveri assoluti” sono cresciuti fino a diventare più di 5 milioni e mezzo: 1 su 10, cifra impressionante.

«Le pandemie» ha concluso il Presidente CEI, «ci hanno fatto comprendere il senso di comune appartenenza, di comunità di destino, di partecipazione a una vicenda collettiva. Non c’è democrazia senza un “noi”. Non c’è persona senza l’altro». Il cardinale ha esortato i cattolici a farsi «portatori di voglia di comunità in una stagione in cui l’individualismo sembra sgretolare ogni costruzione di futuro e la guerra appare come la soluzione più veloce ai problemi di convivenza. I cattolici in Italia desiderano essere protagonisti nel costruire una democrazia inclusiva, dove nessuno sia scartato o venga lasciato indietro. Anche, per questo, dobbiamo essere più gioiosamente e semplicemente cristiani, disarmati perché l’unica forza è quella dell’amore».

Nel suo lungo intervento, il Presidente Sergio Mattarella si è domandato, a proposito del tema della Settimana sociale, se si può credere che la democrazia abbia un’anima e cosa la ispira. È una domanda che bisogna porsi perché, ha detto il Presidente,  «Alexis de Tocqueville affermava che una democrazia senz’anima è destinata a implodere». Perché, al di là dell’imprescindibile rispetto delle “regole del gioco”, la democrazia si pone «anzitutto, come rifiuto di ogni obbligo di conformismo sociale o politico, come diritto all’opposizione». In ragione di ciò – sono sempre parole del Presidente – la democrazia impone «limiti alle decisioni della maggioranza, nel senso che non possano violare i diritti delle minoranze e impedire che queste possano, a loro volta, divenire maggioranza».

Sergio Mattarella, con queste sue parole, sembra volerci dire che l’anima più profonda della democrazia è la volontà di creare le basi che possano favorire un’alternanza, la disponibilità cioè a lasciare ad altri il proprio potere. È il paradosso ma anche la bellezza della democrazia.

«Il tema impegnativo che avete posto al centro della riflessione di questa Settimana sociale», ha proseguito il Presidente, «interpella quindi, con forza, tutti». Poi, richiamando il tema della Settimana, ha aggiunto che occorre adoperarsi concretamente affinché ogni cittadino si trovi nelle condizioni di potere, appieno, prender parte alla vita della Repubblica perché «al cuore della democrazia – come qui leggiamo – vi sono le persone, le relazioni e le comunità a cui esse danno vita, le espressioni civili, sociali, economiche che sono frutto della loro libertà, delle loro aspirazioni, della loro umanità: questo è il cardine della nostra Costituzione». E perché la democrazia «non è semplicemente un metodo, bensì costituisce lo “spazio pubblico” in cui si esprimono le voci protagoniste dei cittadini».

In questo articolato intervento Mattarella ha ricordato da un lato che «la libertà di tradizione liberale ci richiama a un’area intangibile di diritti fondamentali delle persone, e alla indisponibilità di questi rispetto al contingente succedersi delle maggioranze e, ancor più, a effimeri esercizi di aggregazione di interessi». Ma, nello stesso tempo, il cambiamento d’epoca in cui viviamo, con “l’irruzione della questione sociale”, ha posto la necessità della definizione di una democrazia sostanziale. Cioè, come diceva Dossetti, “al vero accesso” al potere decisionale; non soltanto a quello politico ma anche a quello economico e sociale. E quindi, ha detto il Presidente, siamo invitati a «una riflessione impegnativa con l’ambizione di mirare al “bene comune” che non è il “bene pubblico” nell’interesse della maggioranza, ma il bene di tutti e di ciascuno, al tempo stesso; di tutti e di ciascuno, secondo quanto già la Settimana Sociale del ’45 volle indicare».

Il Presidente della Repubblica ha più volte richiamato nel suo intervento a Trieste, quella Settimana sociale del ‘45 tenuta a Firenze che influì non poco nella stesura della Carta costituzionale. Quando per esempio un eminente giurista cattolico del tempo, Egidio Tosato, «contestò l’assunto di Rousseau, in base al quale la volontà generale non poteva trovare limiti di alcun genere nelle leggi, perché la volontà popolare poteva cambiare qualunque norma o regola». Esponendo così la società ai rischi, denunciati nella stessa Settimana del ‘45 da Guido Gonella, «posti da una eccessiva rigidezza conservatrice e da una troppo facile flessibilità demagogica che avrebbe potuto caratterizzarle, con il risultato di poter passare con indifferenza dall’assolutismo alla demagogia, per ricadere indietro verso la dittatura».

È questo del Presidente un evidente monito alle forze politiche che si avvicendano al potere. È un invito a non sottovalutare affatto le conseguenze di questa deriva, per lo stretto, drammatico legame che vi è tra la democrazia e la pace. Perché, ha detto Mattarella ricordando le parole di Pio XII, «la guerra soffoca, può soffocare, la democrazia. L’ordine democratico, ricordava il Papa, include la unità del genere umano e della famiglia dei popoli. “Da questo principio – diceva – deriva l’avvenire della pace”. Con l’invocazione “guerra alla guerra” e l’appello a “bandire una volta per sempre la guerra di aggressione come soluzione legittima delle controversie internazionali e come strumento di aspirazioni nazionali”. Un grido di pace oggi rinnovato da Papa Francesco».

A questo proposito, Mattarella ha voluto ricordare che fu il professor Pergolesi, sempre nella Settimana sociale di Firenze, ad affermare «il diritto del cittadino alla pace, interna ed esterna, con la proposta di inserimento di questo principio nelle Costituzioni, dando così vita a una concezione nuova dei rapporti tra gli Stati». Fu una proposta che poi effettivamente la Costituzione fece propria negli articoli 10 e 11 dove si ripudia la guerra come strumento di offesa.

La democrazia, secondo Mattarella, «è strumento di affermazione degli ideali di libertà. La democrazia è antidoto alla guerra. Quando ci chiediamo se la democrazia possiede un’anima, quando ci chiediamo a cosa serva, troviamo agevolmente risposte chiare».

Per questo, ha detto il Presidente concludendo il suo discorso, «l’esercizio della democrazia, come si è visto, non si riduce a un semplice aspetto procedurale e non si consuma neppure soltanto con la irrinunziabile espressione del proprio voto nelle urne nelle occasioni elettorali. Presuppone lo sforzo di elaborare una visione del bene comune in cui sapientemente si intreccino – perché tra loro inscindibili – libertà individuali e aperture sociali, bene della libertà e bene dell’umanità condivisa. Né si tratta di una questione limitata ad ambiti statali».

Come si diceva, l’apertura di questa Settimana sociale di Trieste è stata caratterizzata da clima gioioso favorito dalla presenza di tanti giovani. Tra questi, ha offerto una testimonianza un giovane proveniente dalla nostra diocesi di Matera-Irsina, Simone Ferraiuolo, intervenuto alla Cerimonia di apertura insieme a Carla Barbanti di Catania. Nelle loro parole, apprezzate da tutto il qualificato pubblico, l’emozione e la gratitudine per essere stati sostenuti nella ricerca della risposta alle esigenze del proprio cuore e dei fratelli. Le parole pronunciate da Simone sono riportate in altro articolo di questo giornale.

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Paolo Tritto

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