Il voto cattolico in cerca d’autore

La politica italiana si sana anche con il contributo dei cattolici, ma questi devono ricordare ciò che scriveva Mounier: “È solo con l’interiorità che si sfugge alla mediocrità; non con il lirismo o la stessa generosità”.

Il voto cattolico in cerca d’autore. Scrive D’Ambrosio

Anche le campagne elettorali hanno i loro cliché. Uno di questi è quello sul “voto cattolico”. Essa è un’affermazione logora, che si basa su un presupposto vecchio e sterile: i cattolici, ispirati dalla loro fede, concordano o si ritrovano a votare lo stesso partito-schieramento. Anche ai tempi della Democrazia Cristiana, partito che raccoglieva i voti di molti cattolici (ma non tutti), alcuni militavano in altre compagini. Del resto, soprattutto da quando il voto in Italia si è frantumato, è cosi difficile identificare una categoria con una scelta elettorale; come se esistesse il voto “degli operai”, o quello dei “giornalisti” o “ingegneri” e così via. Va aggiunto che il voto, in molti Paesi occidentali, ha perso anche i suoi connotati “ideologici” o “familiari” (l’intera famiglia condivideva lo stesso voto). Quindi i cattolici italiani vanno al voto – o spesso non vanno – come tutte/i le/i cittadini di questo Paese: convinti o demotivati, con scienza e coscienza oppure con interessi leciti o meno, con un progetto o idee sparse, riconoscendosi in un leader oppure alla cieca e così via.

Il problema serio e grave, invece, è un altro: la fede cristiana ispira le scelte elettorali dei cattolici? “Una medesima fede cristiana può condurre a impegni diversi”, come scriveva Paolo VI nel 1971; mentre Maritain affermava “Si può essere cristiani e salvare l’anima militando in qualsiasi regime politico, a condizione, tuttavia, che questo non offenda la legge naturale e la legge di Dio” (ne ho già parlato qui). Allora il problema si sposta da un presunto voto compatto o nuovo partito cattolico (di cui non abbiamo bisogno) al verificare se i cattolici sentono il voto come un dovere civile (Cost. art. 48) e cristiano (GS, 75). In generale – sono tutte mie personalissime opinioni – penso proprio di no. Catechesi, omelie, programmi pastorali spesso parlano, dal punto di vista morale, solo di famiglia, sesso, aborto, fine vita, staminali; molto raramente di giustizia, trasparenza e anticorruzione, legalità, pace, solidarietà, accoglienza dei migranti, politiche sociali, doveri fiscali, civili e politici e cosi via. Ciò si è verificato particolarmente negli ultimi trent’anni, ma questa prassi continua, nonostante la svolta missionaria di papa Francesco. Ed essa genera un tipo di cattolici per i quali l’adesione a Cristo coincide con la fedeltà ai soli principi di bioetica e morale sessuale, alla messa in latino e allo sfarzo e potere ecclesiali di medioevale memoria. Il Vangelo – non possiamo dimenticarlo – è per tutte le persone e per tutti gli ambienti: dalla famiglia alla politica, dalla persona alla pace, dall’economia al sociale, dal fine vita ai mass media ecc. Tutte le persone e tutti gli ambienti, nessuno escluso, sono destinatari della misericordia di Dio e della sua salvezza.

Il deficit formativo acuisce alcuni nodi problematici del rapporto cattolici e politica. In sintesi.

– Nelle comunità crescono atteggiamenti estremisti. C’è chi detesta la politica come il regno del male in sé e chi la esalta come il prossimo paradiso: la politica è un’attività umana come tutte le altre, con vizi e virtù come la famiglia, la società, la scuola, i media, le varie istituzioni. Bisogna lavorare sodo per renderla più bella, giusta e sana.

– L’attenzione più agli aspetti di “appartenenza” che “coerenza” dei candidati: non è una sigla che rende un candidato credente ma solo la sua maturità umana ed etica, con la sua competenza politica.

– La politica è un luogo di condivisione non un strumento da usare machiavellicamente per ottenere privilegi e finanziamenti per strutture cattoliche.

– La politica non deve essere clericale: essa appartiene ai laici credenti, che si assumono le loro responsabilità quando si impegnano; ai vescovi e ai preti va solo il compito di formare, mai di indicare chi e quando votare.

Ora non servono appelli elettorali, né richiami a principi generali con scarsa attenzione alla complessità odierna.

Potrebbero servire alcuni incontri, in piccoli gruppi, per chiarirci le idee, anche se resta l’urgenza di itinerari seri e stabili di formazione cristiana per il mondo politico (con scuole di politica, catechesi, raduni, ecc.). La politica italiana si sana anche con il contributo dei cattolici, ma questi devono ricordare ciò che scriveva Mounier: “È solo con l’interiorità che si sfugge alla mediocrità; non con il lirismo o la stessa generosità”.

Di Rocco D’Ambrosio del 5/8/2022 dal sito di formiche

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Domenico Infante

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