Il tempo dell’Avvento, per tante ragioni, è un tempo liturgico particolare. Una di queste ragioni è che, nel vivere il nostro percorso personale che ci porterà al Natale del Signore, possiamo essere sostenuti non soltanto dalla guida della Chiesa, ma anche dalla preziosa esperienza del popolo ebraico. Pure gli ebrei, nostri fratelli maggiori, attendono infatti la venuta del Messia come noi lo attendiamo nel tempo di Avvento. Ma, in fondo, non soltanto durante il tempo che precede il Natale, dal momento che la rivelazione cristiana si manifesta sempre come promessa di un continuo rinnovamento, di un continuo inizio e che quindi l’esperienza cristiana è sempre esperienza di un’attesa.
Isaac Bashevis Singer, premio Nobel per la letteratura nel 1978, è stato uno straordinario scrittore di racconti in lingua yiddish, lingua che era molto diffusa tra gli ebrei dell’Europa centrale prima della tragedia dell’Olocausto. Uno dei racconti più belli che ha scritto Singer, lo ha scritto per i bambini e si intitola Una sera di Hanukkah a casa dei miei genitori.
In questo racconto, lo scrittore descrive l’emozionante atmosfera che regna, in una famiglia ebrea, per la festa di Hanukkah che si celebra in memoria della consacrazione del Tempio di Gerusalemme. È una festa che si svolge nello stesso periodo dell’anno in cui i cristiani vivono il tempo dell’Avvento. Durante la festa di Hanukkah si ravviva nel popolo ebraico l’attesa del Messia. Per cui si potrebbe dire che cristiani ed ebrei, in questo particolare periodo dell’anno, condividono parte dello stesso spirito, della stessa speranza.
Isaac Singer scrive nel racconto dedicato alla festa di Hanukkah: «Come se mi avesse letto nel pensiero, sentii Joshua che chiedeva: “Perché Dio faceva tanti miracoli nei tempi antichi, e non ne fa invece ai tempi nostri?” Mio padre si afferrò la barba rossa. Dai suoi occhi si poteva capire che era indignato. “Che cosa dici, figlio mio? Dio compie miracoli per ogni generazione, anche se non sempre ce ne accorgiamo” […] “Gli stavi di nuovo facendo la predica, eh?” disse mia madre in tono di rimprovero. “Non stavo predicando, gli ho solo raccontato una storia” disse mio padre. “Volevo sapessero che quel che Dio poteva fare duemila anni fa, può farlo anche oggi”.»
Il padre di Singer, il rabbino Pinhas Menahem, era solito ripetere nei momenti di difficoltà: «Qualcosa verrà a salvarci, forse il Messia». Quelli erano momenti di assoluta gravità se si pensa al burrascoso periodo del Novecento europeo, soprattutto per il povero popolo ebraico, a causa della fame, della guerra, delle persecuzioni. I figli del rabbino Pinhas Menahem hanno patito tutte queste sofferenze provocate in particolare dal regime nazista e uno di loro perì, vittima in questo caso del regime sovietico, quando durante la guerra fu deportato in Siberia.
La fede della famiglia Singer fu messa a dura prova dalle avversità cui andò incontro. I tre figli sopravvissuti, Esther, Joshua e Isaac, erano tutti grandi scrittori. Quando Isaac fu insignito del Nobel si disse che in realtà il premio era destinato al fratello Joshua che però non aveva avuto il tempo di vedere quel momento, perché morì prematuramente; mentre la sorella Esther, pur essendo a parere di alcuni la più valida tra i tre, probabilmente per il fatto di essere una donna non trovò un editore disposto a pubblicare i suoi scritti e purtroppo visse poveramente, sostenuta grazie agli aiuti che riceveva dall’assistenza dell’Agenzia Ebraica.
Ricordando le parole del padre «Qualcosa verrà a salvarci, forse il Messia», i figli si domandavano quando tutto ciò sarebbe avvenuto, in un’attesa che si faceva col tempo sempre più dolorosa. Nel romanzo La famiglia Moskat, Isaac Singer racconta di un personaggio, Hertz Yanovar che, vedendo arrivare i persecutori nazisti, dice: «Il Messia arriverà presto», alludendo a una morte sicura.
È in fondo l’esperienza di una circostanza che ciascuno di noi può fare pur in un diverso contesto storico, che ciascuno inevitabilmente farà. Ma il presentimento che ci deriva dalla fede ci fa dire anche che il muro di separazione della morte potrà essere abbattuto da un bambino che nasce in una stalla. Che il Natale è vicino e che noi vedremo tutto già adesso, nel tempo e tra gli affetti della vita terrena. Che «Il Messia arriverà presto», prima ancora di quanto noi potremmo immaginare. Vedremo il Bambino, vivo tra i vivi. Lo vedremo, nella sua bellezza infantile e divina, nella nostra stessa casa. Tra le cose che amiamo.
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