Ha fatto molto parlare la raccomandazione, contenuta nel manuale per la comunicazione dell’Unione Europea, a evitare l’uso del termine “Natale”, insieme ad altri nomi con un chiaro riferimento alla fede cristiana, tra cui per esempio il nome di Maria, madre di Gesù, e – chissà perché – il nome di Giovanni. Precisiamo che non era un provvedimento prescrittivo e quindi non era vincolante per i cittadini, ma di una nota interna agli uffici dell’Unione con cui si suggerivano le formule più idonee da adottare nella redazione dei documenti pubblici.
Si tratta delle solite indicazioni dell’UE nelle quali si pecca, come ha scritto un giornalista, di “eccesso di zelo”, in questo caso nei confronti delle minoranze religiose e del loro diritto a non essere discriminati. Sono scivoloni che si prendono, purtroppo, quando si vive esclusivamente nei palazzi del potere e si perde il contatto con la gente comune, dove invece non raramente capita di vedere un islamico augurare buon Natale a un cristiano e fare altrettanto da parte dei cristiani nelle ricorrenze islamiche, senza che nessuno mostri segni di insofferenza, nemmeno in quei paesi come quelli di lingua inglese – la nota dell’UE si riferiva proprio a questi – dove Natale si dice Christmas, quindi con un chiaro riferimento a Cristo.
La nota degli uffici comunitari è stata poi revocata, probabilmente a seguito dell’intervento del Segretario di Stato vaticano, il cardinale Parolin. «Non è così che si combattono le discriminazioni» ha detto il porporato, rispondendo alle domande rivoltegli in un’intervista di Vatican News.
Il card. Parolin ha dichiarato: «Credo che sia giusta la preoccupazione di cancellare tutte le discriminazioni. È un cammino di cui abbiamo acquisito sempre più consapevolezza e che naturalmente deve tradursi anche sul terreno pratico. Però, a mio parere, questa non è certamente la strada per raggiungere questo scopo. Perché alla fine si rischia di distruggere, annientare la persona, in due direzioni principali. La prima, quella della differenziazione che caratterizza il nostro mondo, la tendenza purtroppo è quella di omologare tutto, non sapendo rispettare invece anche le giuste differenze, che naturalmente non devono diventare contrapposizione o fonte di discriminazione, ma devono integrarsi proprio per costruire una umanità piena e integrale. La seconda: la dimenticanza di ciò che è una realtà. E chi va contro la realtà si mette in serio pericolo. E poi c’è la cancellazione di quelle che sono le radici, soprattutto per quanto riguarda le feste cristiane, la dimensione cristiana anche della nostra Europa. Certo, noi sappiamo che l’Europa deve la sua esistenza e la sua identità a tanti apporti, ma certamente non si può dimenticare che uno degli apporti principali, se non il principale, è stato proprio il cristianesimo».
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