Per trascrivere le Sacre Scritture, fin dai primissimi secoli, i cristiani hanno adottato il formato del libro. In quei tempi, ciò non era affatto scontato; fino a quel momento, particolarmente nella tradizione ebraica da dove il cristianesimo proveniva, era esclusivamente sui rotoli di papiro che si potevano leggere i testi sacri. Perché il cristianesimo adottò invece il formato del codice, del volume fatto di pagine rilegate? Probabilmente perché, nell’editoria del mondo antico, il codice rappresentava una novità. E una novità era la caratteristica stessa della Parola di Dio, buona novella.
Del codice, inoltre, già dal suo apparire era abbastanza chiaro quali fossero le straordinarie opportunità che questo apriva alla comunicazione, una cosa che la Chiesa ha sempre avuto nella massima considerazione. Appena Gutemberg inventerà la stampa a caratteri mobili, per esempio, la Chiesa si affretterà ad adottare questo nuovo sistema di stampa e la Bibbia sarà il primo libro a essere stampato sfruttando la nuova e rivoluzionaria invenzione.
Non è un caso, osserva Irene Vallejo, in Papirus, l’infinito in un giunco, testo edito da Bompiani, che il Corano definisce la comunità cristiana come la “gente del libro” (Ahl al-Kitāb). «Vittime di persecuzioni per secoli» scrive la Vallejo a proposito dei cristiani, «obbligati a cercare nascondigli e a interrompere di colpo le loro riunioni, si organizzavano in gruppetti clandestini. Il libro tascabile era più facile da nascondere in fretta tra le pieghe della tunica. Permetteva di rintracciare più velocemente un determinato passaggio del testo – un’epistola, una parabola del Vangelo, un’omelia – e andare a verificarlo, visto che l’errore poteva mettere a repentaglio la salvezza dell’anima».
Forse però, tra gli aspetti pratici del libro, la Chiesa ha apprezzato principalmente la possibilità di aggiungere annotazioni sul bordo delle pagine; sappiamo infatti che per la Chiesa la Sacra Scrittura necessita di note interpretative di fonte autorevole, come è la Chiesa stessa. Non sono ammesse cioè interpretazioni troppo libere, che non raramente possono disorientare nella lettura. Nella Seconda lettera di Pietro categoricamente si dichiara che «nessuna scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione» (2Pt 1, 20).
I codici, inoltre, prosegue Irene Vallejo, «erano libri comodi da trasportare di soppiatto, quando si faceva opera di apostolato. Tutti vantaggi enormi per una comunità di lettori clandestini». Enorme fu, infatti, il contributo alla diffusione del libro dato dai cristiani delle catacombe.
Secondo Dante Alighieri, Dio stesso è paragonabile a un libro, perché Dio come un libro rilegato tiene insieme tutte le cose: «Nel suo profondo vidi che s’interna / legato con amore in un volume, / ciò che per l’universo si squaderna; / sustanze e accidenti e lor costume, / quasi conflati insieme, per tal modo / che ciò ch’io dico è un semplice lume» (Paradiso 33, 85-90).
Come un libro, Dio lega con amore a sé tutte le cose, che altrimenti come fogli slegati si disperderebbero caoticamente “per l’universo” e nessuno, vuol farci capire Dante nel Paradiso, riuscirebbe più a cogliere il senso del loro contenuto. Lo scrittore Gesualdo Bufalino diceva che i libri sono “paradisi dipinti” forse perché possono essere rivelatori dell’intima relazione tra l’uomo e Dio. Sant’Agostino raccontava nelle Confessioni che, vedendo Sant’Ambrogio leggere, comprese cosa sia la spiritualità.
Nei primi secoli del medioevo, si leggeva sempre ad alta voce e soltanto per far conoscere il contenuto del libro a un certo numero di persone che ascoltavano. Perfino lo scrittore scriveva ad alta voce mentre scriveva. Osservando Ambrogio leggere in silenzio, scrive sempre nel suo libro Irene Vallejo, Agostino rimase sorpreso: «Era la prima volta che qualcuno faceva qualcosa del genere in sua presenza. Ovviamente gli sembrò un gesto fuori dal normale. “Quando leggeva”, racconta meravigliato, “i suoi occhi passavano da una pagina all’altra, e il suo cuore ne penetrava il significato, mentre la sua lingua riposava”. Agostino si rende conto del fatto che quel lettore non è accanto a lui, nonostante i loro corpi siano vicinissimi, ma che è fuggito in un altro mondo, più libero e fluido, un mondo scelto da lui, e sta viaggiando senza muoversi e senza rivelare a nessuno dove potrebbe essere rintracciato. Uno spettacolo che lo sbalordiva e lo affascinava».
Secondo quello che leggiamo nelle Confessioni, dunque, Sant’Agostino comprende che l’atto della lettura silenziosa, come la vedeva praticata in Sant’Ambrogio, rivela il mondo interiore di un lettore che, con un libro tra le mani, cerca di mettersi in relazione con Dio. C’è un bassorilievo molto bello sulla facciata della Cattedrale di Altamura che raffigura la Madonna mentre riceve l’annuncio dell’Angelo. Si vede Maria che ha gli occhi fissi su un libro mentre ascolta le parole dell’Angelo. Perché? Forse perché, come un libro, «custodiva tutte queste cose».
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