IL LAVORO CHE VOGLIAMO…PER FARE E PER DIVENTARE !

Il lavoro, dimensione fondamentale dell’esistenza umana, necessita di una costante attenzione e di una permanente testimonianza poiché intorno a questo tema fondamentale per la vita dell’uomo sorgono ogni giorno “nuove” speranze e “vecchi” timori. 

La settimana sociale dei cattolici italiani, che si è tenuta a Cagliari, è stata una occasione propizia per ricordare che dietro il lavoro, dietro – cioè – quella produzione di beni e servizi in cambio anche di compenso, ci sono innanzitutto i volti delle persone, le loro vite, le loro storie personali e non semplicemente – o comunque non solo –  statistiche, azioni politiche o teorie economiche. Mons. Miglio, Arcivescovo di Cagliari, aprendo i lavori presso la Fiera Internazionale della Sardegna, ha sottolineato l’importanza di “aprire lo sguardo non tanto ai numeri e alle statistiche, ma alle persone, alle vite concrete, alle loro speranze”. 

In effetti ogni giorno sentiamo parlare di dati relativi alla disoccupazione, all’ inoccupazione, alla sottocupazione; di statistiche riferite a gravi malattie contratte nei luoghi di lavoro; di situazioni di sfruttamento lavorativo anche minorile; e, probabilmente, ci siamo così abituati a questa terminologia numerica da non sentirci più interpellati dalla seria minaccia che questa provoca alla tenuta sociale del nostro Stato. 

Siamo tutti concordi nel riconoscere l’importanza di una nuova, seria ed incisiva attenzione “alle politiche del lavoro” ma, forse, non ci riconosciamo coinvolti in prima persona nella costruzione delle relative buone prassi sociali connesse a queste, attese, politiche.

Per questo è stato necessario ribadire a Cagliari, come Chiesa, che c’è un lavoro che vogliamo ed un lavoro che, paradossalmente, non vogliamo !

Non vogliamo, ovviamente, un lavoro illecito, servile, un lavoro alienante o conflittuale, quello che si giova dello sfruttamento altrui e che magari arricchisce le mafie, che non tiene conto dei diritti dell’uomo, che non si cura delle sue esigenze, che non include, che offende la dignità umana, che lede alla salute, che – sostanzialmente – impedisce l’autentico sviluppo umano e sociale.

Vogliamo, invece, un lavoro onesto, quello che mette le mani dell’uomo in condizione di produrre “il pane con cui nutrirsi”, quello con il quale si riesce a realizzare pienamente la propria natura e la propria dignità, quello che – facendo proprie le stupende parole di Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium – sa essere libero, creativo, partecipativo e solidale.

Ma oggi il lavoro, quando c’è, è davvero libero? Da spazio alla creatività dei lavoratori? E’ riconosciuto come un luogo di partecipazione o di inclusione? Sa essere, addirittura, solidale?

Alla luce di questi quattro aggettivi verrebbe da pensare che il concetto di lavoro abbia bisogno di essere “rifatto” o comunque “ricostruito”. 

E’ certo, però, che per rifare il lavoro vanno innanzitutto “rifatti” i lavoratori. Quale che sia la loro posizione lavorativa: imprenditori o operai, uomini di finanza o educatori, politici o pubblici dipendenti. Si rende necessario, allora, quel percorso di ricomposizione dell’umano o ricostruzione dell’umano, proprio della sfida educativa, nel quale è necessario sentirsi tutti coinvolti e che come Chiesa stiamo cercando di portare avanti in questo decennio. Il primato della persona umana rispetto al lavoro ed ai processi di produzione può essere ribadito solo recuperando gli aspetti relazionali che sono impliciti nel lavoro stesso.

E’ necessario – insomma – un nuovo stile di vita, in cui la vocazione professionale  venga intesa non come strumento di successo o di autoaffermazione, ma come realizzazione di sé nella piena integrazione con gli altri. Uno stile di vita qualificato ed illuminato dalla luce della fede in Gesù che, anche nel nostro lavoro, ci mette in condizione non solo di “fare” ma di “diventare”: diventare co-creatori con Dio, contribuendo a che i beni creati siano fatti progredire dal lavoro umano e riconoscendo, così, la natura più intima di tutta la creazione, il suo valore e la sua ordinazione alla lode di Dio.  

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Lindo Monaco

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