Il Green Deal e la Nature Restauration Law, per salvare il pianeta, segnano il passo in Italia

Le problematiche ambientali nel mondo aumentano continuamente ma i popoli, ed a volte anche i governi, sembrano distratti e indifferenti. I cattolici dovrebbero prendere l'iniziativa di risvegliare questa sensibilità alla luce di quanto, molto chiaramente, viene riportato nell'Enciclica Laudato Sì.

Rivolgo un invito urgente a rinnovare il dialogo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta… Purtroppo, molti sforzi per cercare soluzioni concrete alla crisi ambientale sono spesso frustrati non solo dal rifiuto dei potenti, ma anche dal disinteresse degli altri. Gli atteggiamenti che ostacolano le vie di soluzione, anche fra i credenti, vanno dalla negazione del problema all’indifferenza, alla rassegnazione comoda, o alla fiducia cieca nelle soluzioni tecniche…” (Laudato Sì n. 14).

La citazione di un passo della Lettera Enciclica di Papa Francesco Laudato Sì era necessaria per inquadrare nella giusta visuale l’argomento che si intende trattare in questa occasione. Infatti, terminato il momento delle elezioni europee, ora è necessario riflettere sulla situazione politica italiana e comunitaria in merito all’ambiente, in particolare al suolo, che – è opportuno ricordare –  è l’unico argomento non incluso in una direttiva europea; purtroppo, questo primato negativo, che coinvolge anche il clima, appartiene al mondo intero.

Il presente intervento vuole analizzare e riflettere sul contesto politico europeo e gli scenari a cui si va incontro. Le elezioni europee del 2019 avevano dato un forte impulso alle problematiche ambientali: la definizione del Green Deal era una chiara risposta al silenzio imposto dal Presidente Juncker negli anni precedenti. La Commissione Ursula Von Der Leyen inizialmente sembrava poter concretizzare le aspettative emerse dalle votazioni del 2019, in realtà il Covid e la guerra in Ucraina hanno riportato indietro le lancette della politica; il Green Deal è stato sistematicamente indebolito e via via smantellato. La situazione politica che emerge dalle ultime votazioni appena concluse è particolarmente nefasta rispetto alle aspettative ambientaliste. Infatti, con la consistente presenza di negazionisti ambientali e l’incremento dei voti per i partiti di destra ed estrema destra, notoriamente più freddi rispetto alle problematiche ambientali, i prossimi cinque anni saranno di nuovo particolarmente difficili e forse peggiori del periodo Juncker.

In questo quadro, così poco esaltante, una sola strada è perseguibile: presentare con una sola voce le prospettive ambientaliste su pochi obiettivi chiari e specifici. Un esempio è stato l’Appello per il sostegno all’approvazione della Nature Restauration Law, sottoscritto in Italia da oltre 31 associazioni e in parallelo con associazioni in altri Stati membri dell’UE.

Prendendo spunto dall’esperienza Nature Restauration Law, il mondo cattolico non può restarne fuori. Sarebbe bello pensare ad una presenza attiva di associazioni cattoliche, presenti in Italia e nell’Unione Europea, che si ritrovino su un testo unico su Suolo/Territorio/Paesaggio/Clima, avendo come riferimento l’Enciclica “Laudato Si”, capaci di convogliare le energie, le proposte e le azioni. per sostenere e attuare il  predetto Green Deal e la Nature Restauration Law.

La Nature Restoration Law (legge sul ripristino della natura), un regolamento di enorme importanza per la tutela dell’ambiente che rientra nel Green Deal (il piano europeo per il clima), è stata approvata lunedì 17 giugno scorso soprattutto grazie alla decisione della ministra dell’Ambiente austriaca, Leonore Gewessler, che si è opposta alle direttive del suo stesso governo. Gewessler ha dato il voto decisivo per approvare il regolamento nel Consiglio dell’Unione Europea, l’istituzione che riunisce i ministri dei paesi membri in base alla materia di discussione, dopo che per mesi la sua approvazione era sembrata molto incerta.

La Nature Restauration Law è uno dei pilastri chiave della strategia dell’Ue per la biodiversità e serve ad allineare l’Unione europea agli impegni internazionali assunti con l’accordo di Kunming-Montreal. Ed è innovativa perché per la prima volta non disciplina solo la protezione delle aree naturali ma punta a ripristinare quelle già degradate attraverso una tabella di marcia in tre tappe: il 30% di ogni ecosistema dovrà essere oggetto di misure di ripristino entro il 2030, il 60% entro il 2040 e il 90% entro il 2050. I governi dovranno mettere a punto dei piani nazionali di ripristino per riferire periodicamente alla Commissione europea su come intendono raggiungere gli obiettivi.

Negli ultimi anni le politiche ambientali sono diventate centrali nell’attività dell’Unione europea, che nella scorsa legislatura ha approvato leggi ambiziose per contrastare i cambiamenti climatici. In questo ambito ha giocato un ruolo di primo piano, come accennato, il Green Deal europeo, l’insieme di riforme con cui l’Ue si è impegnata ad azzerare le emissioni nette di gas a effetto serra: nel 2050 la differenza tra le emissioni generate e quelle riassorbite, per esempio dalle foreste, dovrà essere pari a zero.

Purtroppo dopo le proteste di alcuni Stati membri contro il Green Deal, l’attuazione di questo piano è rallentata e, in alcuni casi, le istituzioni europee hanno rivisto al ribasso gli obiettivi originari, per non scontentare le categorie che ritengono di essere più penalizzate dalle nuove politiche ambientali. Anche per questo motivo il Green Deal è stato uno dei temi più dibattuti in questa campagna elettorale per le elezioni europee, che tra il 6 e il 9 giugno hanno visto circa 359 milioni di cittadini europei recarsi alle urne per rinnovare i 720 membri del Parlamento europeo. Occorre invece battersi per difenderlo, rafforzarlo e attuarlo.

La Von Der Leyen, in un suo intervento nel 2019, aveva annunciato il Green Deal come un fatto epocale; pochi giorni più tardi, il Consiglio europeo diede via libera al piano, seguito nel gennaio 2020 dal parere favorevole del Parlamento europeo. Tra i primi provvedimenti rientranti nel Green Deal, nel 2021, è stata approvata la legge europea sul clima: da un lato, questa ha reso vincolante l’impegno a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050; dall’altro lato, ha fissato l’obiettivo di ridurre entro il 2030 le emissioni dell’Ue di almeno il 55% rispetto ai livelli del 1990. Inoltre la legge prevedeva un obiettivo intermedio di riduzione delle emissioni per il 2040, che nel febbraio 2024 è stato indicato dalla Commissione europea al 90%.

In tutto questo scenario, un dato abbastanza serio è costituito dal fatto che il governo Italiano, insieme all’Ungheria, i Paesi Bassi, la Polonia, la Finlandia e la Svezia, ha votato contro il regolamento, che prevede tra le altre cose l’obbligo di ripristinare le condizioni naturali in almeno il 20% della superficie terrestre e marina dei territori dell’Unione entro il 2030, in più il governo italiano chiede una profonda revisione del Green Deal.

 “Otto anni dopo la Pacem in terris, nel 1971, il beato Papa Paolo VI si riferì alla problematica ecologica, presentandola come una crisi che è «una conseguenza drammatica» dell’attività incontrollata dell’essere umano: «Attraverso uno sfruttamento sconsiderato della natura, egli rischia di distruggerla e di essere a sua volta vittima di siffatta degradazione». Parlò anche alla FAO della possibilità, «sotto l’effetto di contraccolpi della civiltà industriale, di (…) una vera catastrofe ecologica», sottolineando l’urgenza e la necessità di un mutamento radicale nella condotta dell’umanità» (Laudato Sì n.4).

Pertanto, in questo quadro preoccupante, sarebbe opportuno mettere in atto varie iniziative affinché il processo di attenzione alle problematiche ambientali possa riprendere al più presto al fine di realizzare i previsti obiettivi. Per questi motivi il mondo cattolico non può ignorare quanto sta accadendo e quanto potrà essere fatto nel nuovo Parlamento europeo.

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Marino Trizio

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