Il filo nel labirinto

Il filo nel labirinto

“Cosa stiamo sacrificando in nome dell’evoluzione?”, si domanda Vincenzo Corrado nel suo pensiero settimanale, sottolineando che l’interrogativo “vuole accendere l’interruttore della consapevolezza”.
12 Febbraio 2025

Un mostro, un labirinto e un filo. La mitologia, attraverso i suoi simboli, continua a offrire diversi input per leggere e interpretare lo stato attuale della comunicazione e dell’informazione. Entrambe, seppure distinte, sono fortemente condizionate dagli sviluppi tecnologici. Indubbiamente ciò avveniva anche in passato, gli strumenti di mediazione hanno reso possibile ciò che era inimmaginabile. Basta pensare alla scrittura, alla stampa, al cinema, alla radio, alla televisione, a Internet. Ogni piccolo tassello ha permesso, in un gioco di equilibrio, di dare un ausilio e di ricevere un “di più” dalla natura stessa dell’azione comunicativa e informativa. Fa parte del progresso. Ed è qui proprio il punto: cosa stiamo sacrificando in nome dell’evoluzione? L’interrogativo non segnala un rigurgito di una condizione di vita legata al passato, ma vuole semplicemente accendere l’interruttore della consapevolezza. Viene in soccorso il racconto mitologico di Ovidio: l’attuale contesto comunicativo è un labirinto nel quale c’è il rischio di perdersi, imprigionati, alla mercé del mostro, “mezzo toro e mezzo uomo”, cui viene offerta in pasto la libertà personale e comunitaria. Unica possibilità: riavvolgere il filo per tornare indietro e guadagnare l’uscita. Proprio come fece Teseo grazie al suggerimento di Arianna. Quel filo, anche oggi, suggerisce di intraprendere una strada sicura che garantisca finalità alla storia. Nella complessità il bandolo della matassa sta nella semplicità e nell’essenzialità.

Vincenzo

Redazione

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