Il fervore dell’uomo credente. “Amore e fede” di Romano Guardini

In una nuova pubblicazione dell’editrice Morcelliana, due scritti del teologo italo-tedesco rimasti inediti in Italia per quasi cento anni.

È disponibile da qualche settimana nelle librerie la traduzione in lingua italiana di due scritti di Romano Guardini rimasti inediti in Italia per quasi cento anni, “Amore e fede”. Il libro, edito da Morcelliana, è curato dal teologo don Giulio Osto ed è tradotto da Marco Di Benedetto.

È questo davvero un bel regalo per il lettore italiano che vuole meglio conoscere le due virtù cristiane cui fa riferimento il titolo.

Come al solito Guardini non sale in cattedra ma, nella lettura, si affianca al lettore e con discrezione lo accompagna alla ricerca del significato più vero della realtà e della Parola di Dio che la illumina, rimuovendo anche con decisione tutte quelle incrostazioni che col trascorrere del tempo potrebbero averne offuscato la lucentezza.

Uno dei passi più citati del Vangelo è indubbiamente quello del “grande comandamento dell’amore” fissato da Cristo. Il Vangelo di Matteo riferisce della domanda che pose un dottore della Legge: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?» E Cristo gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”».

Quante volte ripetiamo queste parole riportate nel Vangelo, parole che si presentano in tutta la loro efficacia. A pensarci bene però, osserva a questo proposito Guardini, tutto questo non è facilmente comprensibile. Come si può, infatti, comandare di amare? O si ama o non si ama, nel caso da qualcuno si venisse toccati affettivamente. Del resto, alle parole di Guardini si potrebbe aggiungere anche il detto popolare che recita: “Al cuore non si comanda”. Perché, invece, Gesù comanda di amare?

A dire il vero, il titolo originale degli scritti in questione del teologo italo-tedesco era “Amore e fede nel Nuovo Testamento”, per ribadire la novità, il superamento dei comandamenti consegnati a Mosè. Perché se da Mosè è scaturita la Legge, i comandamenti di Cristo non sono riconducibili a un ordine morale. Non nel senso che non abbiano un valore morale, ma perché il comandamento dell’amore cristiano non ha un’origine umana. L’amore cristiano non scaturisce dalla volontà umana, da un imperativo morale, ma dalla volontà del Padre che investe l’uomo. L’amore cristiano non è iniziativa umana ma opera di Dio.

Nel Vangelo, fa notare Guardini a questo proposito, c’è un po’ di pessimismo riguardo alla natura umana. «Se voi, dunque, che siete cattivi» dice Cristo, «sapete dare cose buone ai vostri figli…» . Ne consegue che le opere buone non potrebbero scaturire dal cuore “cattivo” dell’uomo. Il bene può essere soltanto opera di Dio. Il “comandamento” non è tanto rivolto all’opera dell’uomo e non vuole richiamare un ordine etico, ma è volto ad assecondare l’opera di un Altro.

«L’amore con cui l’uomo risponde a tale disposizione amorosa» scrive inoltre Guardini, «non proviene da lui, ma è donato da Dio stesso». Dove l’uomo non è soltanto oggetto dell’amore divino, ma trova la propria consistenza, è generato da questo amore. È sempre la Prima lettera di Giovanni a ricordarlo: «Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore».

Conoscere Dio è conoscere Cristo, nella concretezza della sua persona: «Chi vede me vede il Padre». E Cristo non lo si conosce se non per questa sua natura. Come, del resto, è per tutti gli uomini. «Per comprendere una persona» afferma Romano Guardini, «non si può partire dalla sua “psicologia”, ma da ciò che quella persona è». Alla comprensione di una determinata persona non si perviene «mediante la psicologia, ma attraverso l’incontro».

La questione della fede è identica, se il punto di partenza è un incontro. Perché, nota Guardini, «Quello in cui si crede non è un’idea o una dottrina, ma una figura concreta e un evento altrettanto concreto: la Rivelazione». Di conseguenza, l’adesione alla fede, «l’evento che porta alla decisione religiosa è ciò che sta accadendo qui e ora». Quello che sta accadendo e che investe il presente, che si svolge sotto i nostri occhi; non è un evento concluso su cui bisogna indagare con metodo storico-critico. Si può vedere come san Paolo, che non era presente al momento storico della risurrezione, può parteciparvi ugualmente, può essere anche lui contemporaneo alla risurrezione che accade “qui e ora”.

La fede non è il prodotto di conoscenze acquisite, non è frutto di una deduzione, l’esito di un processo logico. È un evento, qualcosa che accade e che si impone come una novità imprevista. A questo proposito il curatore del volume Giulio Osto, ripropone quello che in un altro libro, “La vita della fede”, scrive Romano Guardini: «Si tratta di qualche cosa che assomiglia piuttosto al dormiente che si sveglia al mattino, meglio ancora al bambino che esce dal seno materno per iniziare la propria esistenza».

La fede è il fervore dell’uomo credente di fronte a una novità di vita che gli viene data, è un inizio che, per questo, «presuppone la rigenerazione. La fede non è una forza naturale dell’uomo che diventerebbe cristiana attraverso un nuovo atteggiamento o attraverso un nuovo oggetto. La fede è piuttosto l’effetto che deriva dal fatto di aver ricevuto un nuovo essere».


Romano Guardini, Amore e fede, Editrice Morcelliana, 2025

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Paolo Tritto

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