Comunemente si ritiene che il Ddl Zan sia un disegno di legge che ha come oggetto la tutela della vita sessuale e del suo libero esercizio. In realtà, così come il testo legislativo è stato approvato alla Camera dei deputati, non c’è soltanto questo. Perché il disegno di legge si spinge fino alla definizione di ciò che è la persona. Questo ha alimentato un vivace dibattito con insistenti proposte di emedamenti.
Nel primo articolo del Ddl Zan si afferma un’appartenenza di genere della singola persona non necessariamente determinata dal sesso biologico. La novità consiste nella facoltà che la legge conferirebbe di stabilire liberamente la propria identità di genere, prescindendo da ciò che si può definire il bagaglio biologico.
Rispetto a quello che è il patrimonio genetico, in altre parole, sarebbe prevalente un’identità sessuale liberamente scelta. Non si vuole qui entrare nel merito della legittimità di questa scelta. Viviamo in un contesto culturale teso a concedere la massima libertà possibile alla persona e questo ha indubbiamente un suo fondamento storico che nessuno può trascurare.
Noi riteniamo comunemente che il bene personale nasca dalla libertà. L’esercizio della libertà ci mette in grado di valutare ciò che è bene e ciò che è male e di scegliere quello che riteniamo sia un bene per noi. Ciò è in gran parte vero. Difficilmente qualcuno di noi, potendo scegliere, sceglierebbe il male invece del bene. Di conseguenza, ciascuno di noi è indotto a ritenere che il nostro bene scaturisca, “sic et simpliciter”, dalla nostra libertà.
Lo abbiamo detto: ciò è in gran parte vero. Ma questo non deve portarci a escludere che il nostro bene possa scaturire anche da qualcos’altro, da qualcosa non strettamente riconducibile cioè alla libertà personale.
Nessuno di noi ha scelto la propria madre. Se ognuno ha la possibilità di scegliere il proprio partner liberamente, la madre invece nessuno la sceglie e, in un certo senso, ci viene imposta dalla realtà dei fatti. Nonostante ciò, nonostante non sia stata scelta liberamente, chi potrebbe dubitare che la propria madre rappresenti un bene per la propria vita? Non certamente il bambino, che ritiene anzi la propria madre fonte di ogni bene immaginabile.
Perché non ritenere un bene, dunque, anche ciò che scaturisce, ciò che nasce dalle oggettive circostanze in cui siamo immersi? Il bene nasce non soltanto da ciò che con la nostra libertà è voluto, ma anche da ciò che è dato dalle circostanze. Io non mi sono dato da me mia madre. Perché non guardare dunque come a un’opportunità di bene anche ciò che mi viene dato, mi viene benignamente imposto dalla natura?
Questo è di estrema importanza. Perché, se è vero che l’uomo cerca di raggiungere la propria felicità attraverso la libertà, è anche vero che la felicità sarebbe difficilmente raggiungibile se l’uomo non fosse sostenuto in ciò dalla sua stessa natura carnale. L’affettività e i rapporti sessuali sono sostenuti dalla natura stessa dell’uomo, dall’intero patrimonio genetico dell’uomo, compreso quello che chiamiamo sesso biologico.
Naturalmente nessun uomo può impedire a un altro uomo di prescindere da ciò. Nessuno può impedire, per esempio, a un altro uomo di praticare l’omosessualità, dal momento che si impedirebbe con questo il pieno esercizio della libertà. Tanto meno si potrebbe criminalizzare ciò. Ma nemmeno si può prescindere da quel presentimento umano, generalmente diffuso, che guarda alla natura come al fattore che supporta efficacemente la ricerca del bene personale.
Tutto il corpo umano è progettato in modo che ogni sua parte procuri alla persona il bene desiderato. Dalla tiroide, alla retina, alla valvola cardiaca, tutto concorre al bene dell’uomo se queste parti non sono impedite a svolgere la loro funzione nelle modalità proprie. Lo stesso può dirsi dell’organo sessuale come determinato geneticamente. L’organo maschile svolge la funzione propria nell’unirsi all’organo femminile. E, attraverso questa modalità, orienta l’uomo verso quel bene desiderato di cui si parlava.
Bisogna ovviamente ripetere che ciò non autorizza nessuno a privare l’uomo della libertà di determinare la propria sessualità diversamente, come non si potrebbe impedire a un uomo di provare a comunicare con la lingua dei segni. Ci mancherebbe. Ma si deve pur riconoscere la facoltà, a chi intende manifestare altrettanto liberamente il proprio pensiero, di poter dire che più efficacemente l’uomo può raggiungere il proprio bene alle condizioni poste dalla sua stessa natura, dalla sua stessa carne.
La natura umana – lo sappiamo – è per tanti aspetti largamente imperfetta, ma è infallibile nella sua capacità di orientare l’uomo al bene. Lo spiega molto bene Tertulliano con una frase bellissima: «Caro cardo salutis». La carne è il cardine della salvezza.
Scrivi un commento